5 (parte 2)

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Fred accosta lungo una strada parallela a quella di casa della nonna. Sono stata stupida ad accettare che mi accompagnasse, anche perché il tragitto in auto è durato meno di cinque minuti e avrei benissimo potuta andare a piedi.

Attraverso il finestrino vedo una villa ben illuminata e della musica ad alto volume proveniente proprio dal giardino di quest'ultima giunge fin dentro l'abitacolo.

Respiro profondamente, mentre Fred mi guarda dallo specchietto retrovisore.

È un uomo basso e scarno, con della barba bianca che gli nasconde il mento e arriva fino alle basette di quella che è un'aureola di capelli dello stesso colore. Indossa quella che sembrerebbe essere un'uniforme: un vestito elegante nero. Mi aspettavo anche un bel papillon o più semplicemente una cravatta, ma attorno al suo collo non vi è niente. I suoi occhi chiari sono posati ancora su di me quando io distolgo lo sguardo e fisso nuovamente la casa di Jordan. Non ho davvero la più pallida idea di che tipo di incontro si terrà. Magari sarà una partita di basket e magari non ci sarà molta gente, se non qualche amico intimo e i giocatori delle due squadre avversarie.

Sì, magari questa parola non fosse stata inventata, così adesso avresti delle certezze.

Chiudo gli occhi, seccata dalla voce della mia coscienza che mi parla di nuovo. Questa città mi fa un brutto effetto...

«Grazie per avermi accompagnata, Fred. Al ritorno però tornerò a piedi: casa nostra non dista poi molto da qui» lo avverto, anche se sono convinta che questo lui lo abbia già capito da sé.

Mi chiedo che tipo di persona sia. La nonna saprà qualcosa sul suo conto oppure è taciturno anche con lei proprio come mi ha dato l'impressione di esserlo in questi ultimi minuti?

Quel che è certo è che dev'essere un uomo fidato, altrimenti non lavorerebbe per la nonna da quando io ero piccola. In realtà è stata proprio lei a ricordarmelo, perché io non rammentavo neppure che lavorasse per noi quando abitavamo ancora tutti in questa città.

Chissà se anche lui si ricorda di quel giorno...

«Ne è sicura, signorina?» mi domanda, le mani ancora ben salde al volante.

«Sì, grazie. Buona serata, Fred.» 

Apro la portiera e scendo dall'auto senza aspettare la sua risposta. Egli mette in moto e va via dopo qualche istante, ma giurerei di non averlo sentito aprir bocca.

La strada adesso è deserta e su questo marciapiede in penombra ci sono solo io. Dondolo sui miei talloni titubante sul da farsi, ma alla fine mi decido e vado a citofonare. Un portone in ferro viene aperto quasi subito senza neppure che mi abbiano chiesto chi fossi e io mi infilo nel cortile d'ingresso, chiudendolo alle mie spalle con un rumore meccanico.

Percorro il cortile e giungo fino alla porta di casa, che è socchiusa. La musica si è fatta più forte e, più che ad un incontro, mi sembra di stare per andare ad una festa.

Entro dentro casa e mi ritrovo in un enorme ingresso. Davanti a me due colonne portanti dividono il salotto, grande probabilmente quanto due camere da letto di casa della nonna, da una rampa di scale sulla sinistra. Questa è buia, ma nella penombra intravedo due sagome avvinghiate l'una all'altra, che si baciano come se la bocca dell'altro sia un gelato che si sta sciogliendo.

Cercando di non farmi sentire, proseguo dritta verso una porta-finestra a vetri semiaperta. Dall'altra parte vi è un giardino a dir poco lurido. Bicchieri di plastica pieni e non sono buttati sull'erba insieme a bottiglie di vodka, birra, vino e champagne. Alcuni asciugamani sono stesi per terra e qualche coppia sta facendo la stessa identica cosa di quei due dentro casa. La musica è troppo alta per i miei gusti e decisamente troppo moderna rispetto alle canzoni che sono solita ascoltare. Per dirla tutta, non penso di aver mai sentito una musica più orrenda di questa.

La prima volta ti travolgeDonde viven las historias. Descúbrelo ahora