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«Bruno, cosa cavolo fai con la mia ragazza?!»

Indietreggio d'istinto, ponendo più di un metro di distanza tra me e BB. Mi volto verso la porta, spaventata da quel urlo rauco e cupo. Vi trovo Jordan, con una mano sullo stipite della porta e l'altra sulla fronte. Mi sembra di vederlo aprire e chiudere gli occhi per due volte, forse per capire se quello che vede sia la realtà o meno. Lo è, dunque? 

Mi tocco le guance accaldate con una mano tremante. Il cuore continua a battere velocemente nel mio petto e BB non guarda Jordan, ma me. Fissa la distanza tra noi, il mio viso, i miei occhi. Leggo lo sconforto, la confusione, il desiderio nel suo sguardo. Ma non dice niente né risponde al fratello.

Lo supplico con gli occhi che faccia qualcosa, ma sembra come ipnotizzato, mentre io continuo a chiedermi che cosa diavolo sia appena successo.

Niente. Non è successo niente. È così. Ovvio che è così. Eppure, mi sento strana. Come se in realtà sapessi quello che poteva accadere.

Sì, che lo sai. È vero: lo so perfettamente. E adesso che lo ammetto, non so neppure se avrei fatto qualcosa perché non succedesse niente, perché non ci andassimo a mettere in mezzo ai guai.

Sposto lo sguardo su Jordan, che non si è mosso dalla porta. Si sta reggendo allo stipite come se ne andasse della sua vita. Lo conosco quello sguardo. Quella stessa sensazione che la persona che hai davanti faccia fatica a metterti a fuoco, come se non riuscisse a vederti bene. Non riesce a mantenersi in piedi e so che è per colpa di qualcosa in particolare.

«Hai bevuto?»

La mia voce esce di almeno due toni più alti di quanto avrei voluto.

Hai bevuto? Due parole, una domanda. Sempre la stessa domanda. Mia madre, mia nonna, io stessa la facevamo a papà.

Hai bevuto? Cavolo se non lo aveva fatto! E noi lo sapevamo. In realtà, era inutile domandarglielo.

Hai bevuto? Papà scuoteva la testa e si aggrappava al muro. Senza un appiglio preciso, continuava a barcollare con le spalle lungo la parete e le gambe molli. Non riusciva a mantenersi in piedi e alla fine si accasciava al pavimento.

«Hai bevuto?» ripeto ancora, la voce piatta nasconde la disperazione che non ho mai riversato in mio padre, perché ero troppo piccola per provarla. Ma adesso è diverso. Adesso capisco che no, non basta fare questa domanda. Ho bisogno di urlarla, di farmi sentire ad ogni costo e guai se la risposta sarà una bugia.

Finalmente, lo sguardo di BB si sposta sul fratello. I loro occhi si incrociano, mentre la mia domanda viene ignorata appositamente.

«Ti faccio un caffè» mormora BB, distaccato. Si incammina verso la porta, ma Jordan lo blocca, dandogli una spinta. Il prof indietreggia di due passi, colto alla sprovvista e, anche se non lo vedo in viso, noto le sue spalle irrigidirsi e la testa saettare verso il fratellastro.

«Ti ho fatto una cazzo di domanda, Bruno!» sbraita Jordan, rivolgendogli uno sguardo infuocato. Abbandona il suo appiglio, quello che gli permetteva di non crollare a terra, e si avvia verso BB, forse con l'intenzione di picchiarlo. Ma quest'ultimo non proferisce parola e non so se essere terrorizzata o grata per questo.

«Non ho intenzione di fartela un'altra volta. Rispondimi!»

Jordan lo raggiunge, ma non lo tocca. I suoi occhi violenti, iracondi, pronti a tutto, esprimono già la violenza di un qualsiasi altro gesto estremo.

«Io non sono la tua ragazza, Jordan» dico improvvisamente. Non riconosco neanche la mia voce mentre i suoi occhi si posano freddi su di me. Qui è scoppiato un incendio e io sono la sigaretta che lo ha provocato, gettata da chissà quale finestrino di una macchina in corsa.

La prima volta ti travolgeWhere stories live. Discover now