1.4 • DEVON

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«Corna di Bacco, Ania, svegliati! Faremo tardi alla riunione!»

Non capii bene dove mi trovassi fino a che l'immagine di Yumi in toga bianca non si fece, pian piano, abbastanza nitida da farmi ricordare tutto di botto.

«Un'altra riunione?»

«Mi sembrava di essere stata chiara, ieri. La faccenda è urgente e il processo non sarà breve. Prima si comincia e prima si finisce».

«Non sarà breve?» chiesi, alzandomi a fatica. «In che senso? Io devo tornare a scuola».

«A scuola?» rise Yumi. «Non ha alcuna importanza, adesso. Se la Setta è tornata non sarà un diploma a salvarci la vita, puoi starne certa».

 Se la Setta è tornata non sarà un diploma a salvarci la vita, puoi starne certa»

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La sala sotterranea mi sembrava ancora più claustrofobica del giorno prima. Forse perché, oltre al soffitto a volta, c'era ad opprimermi anche il peso delle ultime rivelazioni. Però, quel sovraccarico di informazioni mi aveva resa pronta. O, almeno, così mi era sembrato.

«Buongiorno a tutti» disse la signora Petrocchi quando tutti e venti i giurati ebbero preso posto. «A breve inizierà il processo popolare a Jesper Kierkegaard. Oggi sono qui per chiedervi: se dovessimo votare adesso, chi voterebbe per una condanna?»

Hans Vanhanen, ovviamente, fu il primo ad alzare la mano, seguito a ruota da tutti gli altri giurati. Rimanemmo immobili solo io, Yumi, un uomo alto e moro a cui non avevo badato il giorno prima, e la signora Petrocchi stessa. Hans mi rivolse uno sguardo di disprezzo.

«Qualcuno si sente di motivare la propria scelta?» domandò la signora Petrocchi.

«Sì, io» rispose Hans, alzandosi in piedi. «È stata mia cugina Maia a sventare la congiura e a far arrestare Kierkegaard. Qual è il vostro problema? Non vi fidate della figlia di Immanuel Vanhanen? Cosa volete di più? Una confessione scritta?»

Guardò con arroganza verso di me.

Yumi mi aveva più o meno raccontato tutta la faccenda della congiura. Non era stata neanche una storia particolarmente interessante (almeno rispetto a tutto ciò che avevo visto e scoperto nelle ore precedenti). Un intrigo politico, uomini che litigavano e che tentavano di uccidersi per conquistare il potere. Cose così. Niente di troppo diverso da ciò che sarebbe potuto accadere anche nel mondo che conoscevo, quello vero. Quello che già cominciava a sembrarmi un ricordo evanescente.

Yumi, però, non aveva fatto parola di come il complotto fosse stato sventato; né aveva nominato questa cugina di Hans. In ogni caso, non riuscivo a capire che problema avesse Hans con me, poiché continuava a lanciarmi occhiatacce.

«Tu hai qualcosa da dire, demone?» chiese, all'improvviso, fissandomi negli occhi.

La signora Petrocchi scattò in piedi.

«A nessuno, in questa sala, è permesso un linguaggio del genere» asserì, decisa.

Hans chinò la testa di fronte a lei poi si rivolse di nuovo a me:

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