2.10 • TUTTO FUORCHÉ SNELLA

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Alla fine delle due ore della Clement, mi sembrava che la testa mi stesse per scoppiare.

Yumi era andata in bagno, Devon non era ancora tornato a scuola e Iulian e Nate, ricevuta la notizia, si erano praticamente ammutoliti e io mai avrei pensato di potermi sentire così sola in mezzo ai miei amici.

Mentre, seduta sul mio cuscino, fissavo la porta aspettando che Yumi rientrasse, una manina gelida mi si poggiò sulla spalla.

«Stai bene?»

Era Maia Vanhanen. La stessa Maia Vanhanen con cui non avevo praticamente mai parlato dall'inizio dell'anno scolastico. Come se non ci fossimo mai conosciute. Come se il nostro incontro non fosse mai avvenuto.

«Sì» le risposi, «ma ho alcune preoccupazioni».

«Oh, mi spiace molto» sussurrò. «Non sono mai venuta a parlarti perché con te c'è sempre Yumi. Ma se dovessi aver bisogno, insomma...»

La sua gentilezza mi turbò. Il susseguirsi di eventi e notizie nefaste degli ultimi giorni non mi aveva consentito di elaborare con calma il ricordo di Yumi. Maia era molto diversa da come voleva far credere. Eppure, a pelle, non riuscivo a disprezzarla come avrei voluto. Forse perché, nonostante tutto, quel periodo passato insieme nel sotterraneo ci aveva legate.

«Grazie» risposi.

«Emh... Ania?»

Qualcuno mi aveva chiamata, togliendomi dall'imbarazzo. Roze.

«Possiamo parlare un secondo?» chiese.

«Certo...» risposi, e Maia sorrise e si allontanò.

«Senti io... mi dispiace tanto, non avrei mai voluto dire quelle cose in classe. Ionascu mi mette paura ma se tu potessi perdonarmi...» disse, tutto d'un fiato.

«Ma sta' tranquilla» le risposi, attonita. «Non è certo stata colpa tua».

«Sì, però... mi sono accorta che adesso qualcuno in classe ha paura di te. Te ne eri accorta anche tu?»

«Non ci ho fatto caso, onestamente» risposi. «E comunque cambieranno idea, quando mi conosceranno meglio».

L'importante era evitare tutte le situazioni potenziali di pericolo. Nerissa, ad esempio. Perché avrebbero cambiato idea solo se non avessi accidentalmente mutilato nessuno in loro presenza. Lei alzò finalmente i suoi occhi azzurri su di me e sorrise.

«Ah!» esclamò. «Ho visto il tuo magister, poco fa, qui a scuola».

«Davvero?» domandai, stupita.

Che fosse andato a parlare con Ionascu di ciò che era accaduto in classe? Non che mi fosse sembrato granché sconvolto dalla sua condotta, sinceramente. Mi feci comunque indicare da Roze il corridoio in cui lo aveva incrociato e mi avviai sperando di riuscire a intercettarlo.

La scuola era davvero enorme. Non avevo ancora avuto il tempo di esplorarla tutta e orientarmi tra tutti quei corridoi e quelle rampe di scale mi sembrava un'impresa quasi impossibile. Ma io avevo il medaglione. E il medaglione, senza che neanche mi concentrassi più di tanto, mi tirava verso di lui.

Mi fermai davanti alla porta di un ufficio che si trovava in un corridoio particolarmente buio: avevo sceso parecchie rampe di scale, dovevo trovarmi in un sotterraneo. Mi avvicinai circospetta alla porta tendendo l'orecchio, quando questa si spalancò, lasciandomi appena il tempo di scansarmi per evitare che mi colpisse in faccia.

«Che fai qui?» mi domandò Gilbert serio, appena comparso sulla soglia.

«Niente» esclamai, colta alla sprovvista. «Mi avevano detto che era qui, ero venuta a cercarla».

SPQTWhere stories live. Discover now