1.12 • RADICI

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Il mio letto si stava muovendo.

Aprii gli occhi e mi misi a sedere, poi diedi una spinta a Daniel che cadde all'indietro, rimbalzando sul materasso.

«Ma che fai, sei impazzito?»

«Ma è tardi!» rispose, con linguaggio dei segni. «Mamma ti sta aspettando».

Detto fatto, mia madre entrò in camera mia con espressione severa e mio fratello si dileguò.

«Melania» disse, con l'aria di rimprovero che aveva tutte le sempre più rare volte in cui mi rivolgeva la parola. «Che fai ancora in pigiama? È arrivata Gaia».

Mi alzai, mi diedi una rapida sciacquata e raggiunsi Gaia di là.

«Sono contenta che tu stia bene, adesso» mi disse, preoccupata. «Ci hanno detto che la tua polmonite è stata molto grave. Io sarei voluta venire a trovarti, ma tua madre mi ha detto che sei stata intubata!»

Strabuzzai gli occhi. Non era un po' estrema, come scusa? Gaia era mia amica da tanto tempo. Forse, se le avessi raccontato la verità, mi avrebbe creduto. Morivo dalla voglia di parlare con qualcuno di tutto quello che era successo. Di Rei, e di tutto il resto. Certo, parlarne prima con mia madre, probabilmente, sarebbe stata la scelta più saggia. Però, da quando ero rientrata, avevo l'impressione che mi evitasse come la peste.

«Comunque» riprese Gaia, «per capodanno Roberta Rispoli ha organizzato una mega festa al suo castello e ha invitato un sacco di gente».

Roberta Rispoli era un pensiero talmente eradicato dalla mia mente che, quando la nominò, fui quasi tentata di chiederle: "Chi?"

Purtroppo, però, mi ci volle giusto un quarto di secondo per ricordarmi di lei, della sua faccia di bronzo e di quanto la detestassi.

«Io non ci vengo, non ne ho voglia» dissi.

In realtà non avevo voglia di fare niente, non solo di andare alla festa; mi sembrava tutto vacuo e inutile, totalmente privo di interesse. E poi avrei dovuto studiare per rimettermi in pari, vista la lunga assenza.

«Ma che dici, sarà una festa pazzesca. Ci saranno anche suo fratello e i suoi amici...»

Tenne in sospeso quest'ultima frase, come aspettandosi una qualche mia reazione che non arrivò.

«Pronto? Gli amici del fratello? Piras?» domandò, perplessa.

«Ah, sì. Piras. Senti, in ogni caso non mi va».

Nei giorni seguenti uscii da casa solo un paio di volte per accompagnare mio fratello a scuola calcio o mia madre al supermercato

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Nei giorni seguenti uscii da casa solo un paio di volte per accompagnare mio fratello a scuola calcio o mia madre al supermercato. Passai il resto del tempo inutilmente china sui libri, a sprecare tempo che, comunque, non avrei saputo come impiegare in altro modo. La concentrazione mi aveva del tutto abbandonata. Mi avrebbero bocciata e avrei dovuto ripetere l'anno.

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