2.8 • TAKESHI WATANABE

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«... ma fu solo a partire dal 391, quindi ben undici anni dopo l'editto di Tessalonica (il quale, come abbiamo detto, dichiarava il cristianesimo religione ufficiale dell'impero), che l'imperatore Teodosio I promulgò una serie di decreti che proibivano qualunque culto pagano. Di conseguenza, il Fuoco Sacro nel tempio di Vesta fu spento, e venne decretata la fine dell'ordine delle Vestali. Ufficialmente. Ufficiosamente, sappiamo che non è andata esattamente così».

La lezione della Di Pietro era particolarmente interessante. Eppure io non riuscivo a concentrarmi.

«La prossima volta vedremo in che modo il Fuoco Sacro fu riacceso di nascosto ed esamineremo le circostanze esatte che portarono alla fondazione di Tibur. Studiate fino al pagina 86. Ci vediamo domani».

Mi alzai e mi stiracchiai, senza mai distogliere lo sguardo dai Vanhanen. Non avevo capito niente di loro. Maia non era la vittima e Heikki non era l'oppressore. O, almeno, non era sempre stato così. Heikki aveva provato davvero dei sentimenti per Yumi, in passato. Forse ne provava ancora, pensai. E Yumi? Provava ancora dei sentimenti per lui? Di sicuro non lo odiava come avrebbe voluto far credere, né aveva desiderio di vendicarsi di lui. Percepivo al sua sete quando era al cospetto di Maia, talvolta persino di Devon. Ma non di Heikki.

«Melania?»

La professoressa Di Pietro mi aveva raggiunta sul mio gradino, mentre tutti gli altri studenti si stavano alzando per farsi due passi tra una lezione e l'altra.

«C'è qualche problema?» mi chiese. «Mi sembri distratta».

«Sono preoccupata per Devon. E per la sorte di Dafni» dissi.

Che era anche la verità, volendo. Non tutta la verità magari, ma almeno un buon cinquanta per cento.

«Lo siamo tutti» disse lei, battendomi una mano sulla spalla.

«Il processo sarà oggi, quindi?» domandò Yumi.

«Sì. Marzia ci saprà raccontare qualcosa stasera, o domani».

Giusto. La signora Petrocchi era un magistrato e quindi avrebbe potuto assistere al processo nonostante questo fosse segretissimo.

«E di Flacara, invece, ha notizie?» chiese Yumi.

«Dea!» esclamò, battendosi una mano sulla fronte.

Si accucciò e prese a raspare nella sua grossa sacca.

«Mi è proprio passato di mente, con tutto quello che è successo... eppure devono essere qui...» borbottò, mentre io e Yumi la guardavamo attonite. «Ah! Eccoli».

Si rimise in piedi massaggiandosi la schiena e, con l'altra mano ci sventolò davanti alla faccia due buste chiuse.

«Cosa sono?» chiesi, perplessa.

«Sono inviti. Per voi due. Da parte di Flacara».

«Va bene» dissi, afferrando la busta con il mio nome. «Ma inviti per che cosa?»

La Di Pietro si portò una mano nei capelli.

«Davvero non vi ho detto neanche questo? Flacara si sposa, questo dicembre, in Romania».

Non ero sicura di aver capito bene.

«Aspetti» dissi, continuando a fissare la busta, come se mi aspettassi che ci fosse scritto da qualche parte che si trattasse di uno scherzo, «si sposa? Ma ha solo diciotto anni!»

«Diciannove» precisò.

«Diciotto, diciannove... cosa cambia?» chiesi.

«Combinare matrimoni per ragazze sotto i vent'anni è la normalità, per la cultura rom».

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