2.25 • CONTO ALLA ROVESCIA

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Per tutta la durata della cena non riuscii, neanche per un istante, a staccarmi da Devon. Mi ero seduta accanto a lui a tavola e gli ero rimasta appiccicata come una cozza.

«Voglio entrare anche io nella squadra di harpastum» disse, dopo aver sentito tutti i nostri racconti.

«Non ci sono più posti liberi, però» disse Yumi.

«Ti cederei volentieri il mio» sospirai, con la testa poggiata sulla sua spalla.

«Ma lui non è un genio» precisò Yumi. «Dovrebbe entrare al posto di un sine imperio, in caso».

«Forse è meglio così» concluse Devon. «Visto che siete capitati in squadre diverse dovrei scegliere: Yumi e Iulian o Ania e Nate. Una sfida impossibile».

«Nella nostra squadra, comunque, non c'è nessuno da sostituire» tagliò corto Yumi.

Non mi era sempre chiaro il motivo per cui, così spesso, in presenza di Devon, si inacidisse.

«Se è per questo neanche nella loro» le rispose Viktor, stringendosi nelle spalle.

«Beh, insomma» ribatté lei, versandosi della birra.

Cercai di intercettare il suo sguardo ma lei se ne guardò bene.

«Yumi» la chiamai, alzando la testa ma rimanendo aggrappata al braccio di Devon. «Smettila, dai».

«Perché?» domandò. «Nella vostra squadra c'è un elemento debole, tra i sine imperio. Dobbiamo fare finta che non sia così?»

Lanciai un'occhiata preoccupata a Rami, seduto proprio difronte a me. Ma lui non aveva sollevato lo sguardo dal piatto.

Mi alzai, afferrai Yumi per un braccio e la tirai in piedi.

«Torniamo subito» dissi. «Andiamo a prendere la torta».

«Ti ha dato di volta il cervello?» le chiesi, una volta che fummo sole in cucina

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«Ti ha dato di volta il cervello?» le chiesi, una volta che fummo sole in cucina. «Perché fai così?»

«Perché è un Vanhanen» rispose, soffiando come un gatto arrabbiato. «Non avresti dovuto portarne uno in casa mia».

«È un Vanhanen, e quindi? Ne vogliamo fare una questione anagrafica?» le chiesi, sconcertata da tanta irrazionalità. «Io sono una Mei, allora. Proprio come Alastor».

«Non è la stessa cosa» ribatté lei, incrociando le braccia. «I Vanhanen sono tutti crudeli e spregevoli. C'è giusto Immanuel che si salva, forse».

«No, neanche lui» mi lasciai sfuggire.

Devon comparve sulla soglia in quel momento.

«Mi sono mancati i vostri battibecchi» disse, poggiandosi allo stipite. «Qual è il motivo del contendere, stavolta?»

Ma Yumi non gli stava prestando nessuna attenzione. Il suo sguardo indagatore era rivolto esclusivamente verso di me.

«Che cosa intendi?» mi domandò, con gli occhi ridotti a due fessure.

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