1.19 • INIZIAZIONI

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Uno dopo l'altro, gli Equites a cavallo sfilavano davanti ai miei occhi e mi ringraziavano, e io auguravo loro buona fortuna.

Ma la mia mente era altrove.

«Aspetti qualcuno?» sentii domandarmi.

«Rei!» esclamai, senza riuscire a contenere la felicità.

«Sei stata molto brava».

Ci guardammo in silenzio per qualche secondo.

«Rei» dissi, «mio padre vuole che mi unisca alla Setta. Alla Setta. Ti rendi conto?»

Lui rimase zitto a guardarmi.

«Mi sembra la soluzione migliore» disse, infine. «Almeno con loro saresti al sicuro».

Rimasi senza parole per qualche istante.

«Cioè, tu sei d'accordo?» chiesi, incredula.

«La cosa più importante è che tu e la tua famiglia non corriate dei rischi».

Mossa da una pulsione incontrollabile mi alzai sulle punte dei piedi a cercare le sue labbra. Incredibile. Lo avevo fatto davvero? Sì, lo avevo fatto davvero. Avevo baciato un ragazzo di mia iniziativa nel bel mezzo di una conversazione seria.

Lui non si tirò indietro. Fu un bacio doloroso e liberatorio proprio come un urlo.

«Ania» disse, però, dopo qualche attimo.

Ecco, la mia vita sarebbe potuta finire in quel preciso istante. Mi stava rifiutando.

«Scusami!» mi affrettai a dire. «Scusa, io non so cosa mi sia preso!»

«No, non scusarti» disse lui, per nulla a disagio.

Non sapevo cosa dire. Dovetti trattenermi dalla tentazione di darmela a gambe.

«Scusami tu, piuttosto» disse.

«Certo...» mi precipitai a rispondere. «Sì, certo, non c'è problema, figurati».

«Il problema è che ti avevo promesso che non ti avrei più lasciata» disse.

«Allora non l'hai dimenticata» bofonchiai. «La promessa che mi hai fatto cinque anni fa».

Rei sospirò. Fece qualche passo e mi voltò le spalle.

«No, certo. Non l'ho dimenticata» disse, senza voltarsi. «Ma non potrò comunque mantenerla».

«In che senso?» domandai, con un filo di voce.

«All'epoca non lo sapevo ancora, ma io diventerò un Eques».

«E quindi?»

«Quindi non ho intenzione di legarmi a te. Né a nessun'altra ragazza».

«Perché mai?» chiesi, sgomenta. «Non mi pare che gli Equites debbano fare voti del genere. Anche mio padre e tuo padre lo sono».

«Infatti. Guarda mia madre, o tua madre. Sempre sole, sempre in ansia. Credi che mio padre e tuo padre siano stati dei bravi mariti? Dei bravi genitori?»

Per carità, non avrei mai potuto parlare per Kento. Ma mio padre... beh, no non era stato certo un bravo genitore. Neanche un cattivo genitore. Non era stato proprio un genitore, a dire la verità. Era stato, più che altro, quel vecchio zio d'America che veniva in visita ogni tanto portando allegria e regali per poi tornarsene da dove era arrivato lasciandosi alle spalle pochi ricordi e molta infelicità.

«E se io...» dissi, cercando di chiamare a raccolta tutto il mio coraggio. «Se io volessi stare con te lo stesso?»

Si voltò verso di me e si avvicinò lentamente.

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