3.15 • SENZA STARE A FORMALIZZARSI PIÙ DI TANTO

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Pierre Ducrai non era per niente male.

Con la carnagione scura, i capelli ricci e i grossi occhi neri, almeno dal punto di vista fisico era di sicuro messo meglio di me, nonostante fosse basso e poco muscoloso. Dal punto di vista del potere... no, dal punto di vista del potere no.

«Non sottovalutarlo» mi disse Maia, seduta in panchina accanto a me, durante una partita contro Diana.

«Ma dai, è un Osceno» risposi, osservandolo schivare un incantamentum volante con la flessibilità di una ballerina.

«Appunto» disse, voltandosi a guardarmi. «Qui sono tutti mezzi nudi. Non hai pensato che qualcuno, con tutta questa pelle esposta, possa farsi venire in mente idee strane?»

«Idee strane durante l'harpastum?»» domandai, sbottando a ridere.

«Vuoi dire di non averne mai avute?»

«No di certo» risposi, cercando di capire se fosse seria o no. «Sono sempre stata troppo impegnata a cercare di non farmi ammazzare da Taide».

Maia volse di nuovo lo sguardo verso il campo e si strinse nelle spalle, serissima. Non stava scherzando, quindi. Non che fosse esattamente una burlona, effettivamente.

«E tu?»» provai. «Ne hai mai avute?»

«Ma va» rispose, seguendo uno dei palloni con lo sguardo. «L'unico ragazzo decente qui in mezzo è Heikki».

«Yumi poi mi ha raccontato» dissi, abbassando la voce e cercando di soffocare l'inquietudine che quella storia mi suscitava. «Di quello che mi avevi detto alla Setta. Di lei ed Heikki».

«Ah, bene» rispose. «Immagino che ti avrà dato la sua versione».

«Che è stata sorprendentemente coincidente con la tua, comunque» risposi.

«Non dico bugie, io» disse, stringendosi nelle spalle. «E non ho mai negato di essere gelosa di Heikki».

«No, è vero» dissi, come se tutta quella storia non mi fosse sembrata, fin dall'inizio, malsana e disturbante. «E sei gelosa anche di Rami allo stesso modo?»

«Per niente» rispose, prima ancora che avessi finito di parlare. «Se lo vuoi puoi anche prendertelo».

«Grazie per la generosa offerta» risposi, «ma, anche volendo, credo sia omosessuale».

«Ma no, è bisessuale come tutti i geni» rispose, come se fosse scontato. «Ma perché, non lo sapevi?»

«È la prima volta che lo sento dire, in effetti» ammisi.

«Chiaramente ci sono delle eccezioni» spiegò, sopra le urla di Roze che stava dirigendo le ultime battute di una partita che ormai sembrava vinta «ma, in linea generale, i geni danno poca importanza al genere, soprattutto quando si accoppiano tra di loro. Sono in grado di instaurare una connessione mentale tale da rendere tutto il resto secondario».

Non ero sicura che mi stesse dicendo la verità. Io, per esempio, non mi ero mai sentita attratta da un'altra donna. C'era anche da dire, però, che io avevo passato tutta la vita ad amare la stessa persona e che, con ogni probabilità, l'avrei amata allo stesso modo anche se fosse stata una donna.

«Ma Rami non è un genio, comunque» conclusi, perché avevo bisogno di tempo per elaborare quell'informazione.

«No, ovvio, è un mezzo genio come me ed Heikki» rispose. «Però lui, a differenza nostra, ha un accenno di zanne».

«Davvero?» domandai, sconvolta. «Rami ha le zanne

«Un accenno» ripetè.

Con un boato scrosciante, uno dei palloni ovali entrò in contatto con lo scudo che Pierre aveva innalzato in difesa di Roze ed esplose in mille pezzi. Devon sfruttò l'attimo, si smarcò dall'avversario e riuscì a raggiungere Nate con un passaggio preciso. E Nate, con la sua forza fisica smisurata, scagliò il pallone contro il Venator della squadra Diana e lo sbalzò giù dal serraglio, concludendo la partita.

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