1.7 • INNOMINABILI

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Fu come se il mondo si fosse capovolto. Yumi aveva urlato:

«Ora!»

Lo stomaco mi era schizzato in gola, avevo gridato, avevo dimenato penosamente gli arti cercando qualcosa a cui aggrapparmi per non morire.

La caduta fu rapida, l'impatto con l'acqua doloroso. Il mulinello ci risucchiò impietoso e ci trascinò dentro la montagna. Mi sentii come se mi avessero lanciata lungo uno scivolo dell'acquapark. Trattenni il respiro e chiusi gli occhi, sicura che non li avrei riaperti mai più.

Invece, boccheggiando, dopo qualche secondo, emergemmo da qualche parte.

«Dove siamo?» annaspai, tossendo acqua con la testa che girava vorticosamente.

«A Villa Adriana» rispose Yumi, sputacchiando.

Nuotai faticosamente fino alla riva, mi issai sulle braccia, mi stesi sul prato e chiusi gli occhi per riprendere fiato.

«È stato divertente?» mi domandò la voce di Devon.

«È stato orribile» risposi, aprendo gli occhi.

Le figure di Devon, Iulian e Nate mi si stagliarono davanti, perfettamente asciutti. Mi resi conto di essere asciutta a mia volta. Devon mi porse una mano e mi aiutò ad alzarmi e io mi guardai intorno.

Conoscevo quel posto, era il Pecile.  Non il Pecile a cui ero abituata, ovviamente. No, non era quel pezzo rettangolare di prato con la piscina al centro e un solo muro sgangherato su un lato. Era piuttosto un rigoglioso giardino, con questa enorme vasca dall'acqua cristallina nel mezzo, chiuso tra quattro alte mura che ne celavano la vista dal resto della villa. Un giro completo di doppio porticato brulicante di gente a passeggio correva tutto intorno al giardino, con il pavimento di marmo nero e bianco, le colonne di travertino lucido e gli svolazzanti tendaggi tra di esse.

La mia portentosa memoria fotografia mi aveva comunque consentito di riconoscerlo. Avevo visto varie ricostruzioni sui libri di storia e di storia dell'arte e, in quel momento, quelle stesse immagini andavano vorticando nella mia mente, sovrapponendosi a poco a poco a quelle che scandagliavano i miei occhi.

«Guarda lì, Ania» mi disse Iulian, indicando un punto nella direzione opposta a quella in cui ci stavamo dirigendo. «Hai mai sentito parlare delle Cento Camerelle? Lì ci sono i nostri alloggi».

«Cioè, voi dormite qui?» chiesi.

«Sì. Sono gli alloggi dei soldati di basso grado. Anche se non sono veramente cento, sono molte di più».

«Io no» intervenne Devon. «Io preferisco stare da mia zia quando sono in congedo».

Raggiungemmo l'uscita e mi ci volle qualche istante per capire dove fossimo, nonostante conoscessi Villa Adriana piuttosto bene. Ricordavo infatti il rudere di una costruzione senza soffitto, detto Sala dei Filosofi, di raccordo tra il Pecile e il Teatro Marittimo. Naturalmente, però, la sala mi apparve del tutto intatta. Le sette nicchie dell'abside che ricordavo vuote contenevano le statue di sette filosofi greci. Riconobbi Platone e Aristotele, forse anche Socrate.

Attraverso la grande sala raggiungemmo un Teatro Marittimo che pareva essere stato appena costruito. Si trattava di una residenza, una villetta adornata di colonne, marmi e mosaici colorati, costruita su una piccola isola posta al centro di un lago o, più precisamente, di un canale artificiale concentrico, dall'acqua cristallina.

«Incredibile» mi lasciai sfuggire, percorrendo il porticato circolare che costeggiava il canale.

Salimmo su per una rampa di scale fino a ritrovarci in un ampio e curato giardino con due fontane: quello che, nella mia memoria, era il prato con gli ulivi in mezzo alle rovine conosciuto come Cortile delle Biblioteche.

SPQTOn viuen les histories. Descobreix ara