1.15 • CREATURE

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Saltai per prima. Chiusi gli occhi e trattenni il respiro. Yumi e Devon saltarono subito dopo e, in men che non si dica, ci trovammo a galleggiare uno vicino all'altro, tossendo e battendo i denti. Il fiato mi si era mozzato nella gola, che sembrava paralizzata. La pelle pizzicava e tirava per il freddo e per la violenza dell'impatto con l'acqua.

«Dobbiamo prendere lo scettro» boccheggiò Devon, poi prese un respiro profondo e si immerse.

Lo scettro giaceva ancora illuminato sul fondale e Devon lo recuperò piuttosto agilmente.

Tutto intorno a noi c'era solo roccia. E una galleria.

«Sembra una fogna» disse Devon.

Lo sembrava davvero. Sia per la struttura che per l'odore. Effettivamente, forse lo era.

«Dei, adoro le fogne» esclamò Yumi che, benché bagnata, congelata e ricoperta di melma sulla cui composizione preferimmo non indagare, sembrava comunque pronta per la passerella. «Imbocchiamo questa galleria, allora».

«Come facciamo a sapere se stiamo andando nella direzione giusta?» domandai, a un certo punto, reggendo lo scettro in mano a mo' di torcia

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«Come facciamo a sapere se stiamo andando nella direzione giusta?» domandai, a un certo punto, reggendo lo scettro in mano a mo' di torcia.

«Stiamo andando nella direzione giusta» disse Devon.

«Come fai a saperlo?» domandai, sorpresa.

«C'era anche questo nel sacco della tua professoressa».

Devon stringeva nella mano una bussola di ottone che, anziché indicare i punti cardinali, indicava quattro templi di Vesta. E l'ago di platino puntava dritto verso quello di Tivoli.

Mentre loro due fissavano la bussola con quella stessa aria trasognata che riservavano a qualsiasi anticaglia la Di Pietro avesse infilato nella sacca anche per sbaglio, io mi ritrovai ad alzare lo sguardo sperando di intravedere un qualche spiraglio di luce.

«Devon, guarda là!» urlai.

Sopra le nostre teste si apriva una voragine che, forse, ci avrebbe consentito di raggiungere il passaggio principale.

«Cerchiamo di salire da qui!» disse Yumi. «Ania, sai usare la psicocinesi, per caso? Si dice che alcuni geni sanno farlo».

«Certo» risposi.

«Davvero?» chiese Devon.

«No, ovviamente».

«Come no?» scattò Yumi. «Cosa hai imparato allora da Gilbert? Ad abbinare il nero col marrone?»

«A controllare le mie zanne, per esempio» risposi, offesa.

«Che era la cosa più urgente da fare» mi appoggiò Devon.

«Certo» ammise Yumi, infine. «Quindi che facciamo?»

«Niente» disse Devon. «Continuiamo per di qua e speriamo di trovare presto un altro punto di congiunzione».

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