1.29 • IL POTERE LOGORA IL GENIO

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Seguii Gilbert e Kirk fuori dall'arena e poi, insieme a un gruppetto di altri cinque o sei geni in uniforme, tra cui Jurgen, fuori dall'Accademia.

«Tu va' a casa» mi disse Gilbert.

Ma non ci pensavo neanche. Continuai a seguirli, allungando un po' la distanza, sperando che non mi notassero.

Eppure nessuno, oltre me, sembrava particolarmente spaventato o preoccupato. Erano intervenuti tutti prontamente come se avessero avuto un contrattempo sul lavoro che era necessario gestire in fretta ma che, tutto sommato, non rappresentava una vera e propria emergenza.

«So che sei ancora lì» mi disse Gilbert, e tutti si voltarono a guardarmi mentre tentavo malamente di nascondermi dietro i soldati. «Ma devi andare a casa».

«Falla rimanere, se vuole» gli disse Kirk.

Gilbert mi rivolse uno sguardo severo ma non aggiunse altro.

Quando si aprì il primo portone, seguii gli altri all'interno dell'androne di ingresso. A quel punto, quindi, un solo altro portone ci divideva da chiunque ci fosse lì fuori. Il portone da cui eravamo appena passati si richiuse alle nostre spalle e, nonostante avessi deciso spontaneamente di seguire Gilbert e Kirk in quella cosa, cominciai a sentirmi in trappola.

«Quanti sono?» chiese Kirk, non capii bene a chi.

Mi accorsi solo in un secondo momento del genio che occupava un gabbiotto scavato nella roccia proprio sopra il portone più esterno e che, evidentemente, affacciava sul corridoio esterno.

«Un centinaio. In fila indiana» rispose, parlando attraverso una finestra senza vetro.

«La famiglia di geni?» chiese Jurgen, e quello scosse la testa.

Gilbert si portò una mano alla cinta, sotto il consunto maglione nero pieno di pallini della lana che gli stava troppo largo, e carezzò l'impugnatura di una frusta. Ne aveva una anche lui, quindi? Perché non me lo aveva mai detto?

«Al mio segnale apri il portone» disse al genio del gabbiotto.

«Cosa?» chiesi, e mi accorsi che anche gli altri avevano estratto le fruste. «Ma se davvero sono in cento... noi non siamo neanche in dieci!»

«Non ti preoccupare» mi rispose Jurgen. «Gilbert da solo sarà più che sufficiente».

«Ma cosa c'è lì fuori?» chiesi, terrorizzata.

«Reazionari» sussurrò Jurgen.

«Reazionari?» domandai, sentendo montare il panico.

Kirk, che era rimasto in prima fila accanto a Gilbert, si affrettò a raggiungermi. Gilbert aveva toccato la frusta, ma non l'aveva impugnata. Non aveva la minima intenzione di usarla. Non aveva la minima intenzione di manipolare le loro menti.

Avrebbe usato le zanne.

«Ania» mi sussurrò Kirk. «Vanno uccisi. Non guardare».

«Cosa?» domandai, sconvolta.

«Hanno scoperto il nostro rifugio. Non c'è altra scelta».

Gilbert non lo avrebbe mai fatto. Erano Reazionari ma erano pure sempre persone. Non avrebbe mai...

«Ora» disse.

«No, aspetti!» urlai, raggiungendolo in prima linea, inseguita da Kirk.

«Non c'è alternativa» disse, secco. «Ora spostati».

Non volevo farlo.

«Ti importa così tanto della vita di quelle persone?» mi chiese Kirk, perplesso.

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