2.12 • DOMINA

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Non l'avevo mai fatto da sola e l'idea mi metteva piuttosto a disagio. Non che fossi realmente da sola. Ma Devon, quella sera, assomigliava allo spettro di se stesso. Non potevo più aspettare.

Erano giorni che cercavo, inutilmente, di intercettare Gilbert. Non avrei saputo a chi altro rivolgermi. Devon aveva bisogno urgente di essere aiutato, non c'era più tempo da perdere.

Rimasi a lungo a fissare la superficie d'acqua immobile della piscina del Pecile. Poi, poco dopo il tramonto, in preda a un moto di coraggio, afferrai la mano gelida di Devon e saltai.

Riemergemmo, molto malamente, nella Grotta delle Sirene di Villa Gregoriana.

Per saltare nella cascata e farsi risucchiare all'interno della montagna ci voleva molto coraggio. Poi, però, si emergeva nell'acqua calma e tiepida della piscina del Pecile, ci si issava agevolmente sulla riva già asciutti e ci si trovava nel cuore di Villa Adriana.

Il percorso inverso era decisamente peggiore.

Eravamo riemersi all'interno della grotta, avevo dovuto arrancare tra le pietre lisce tentando di uscirne illesa, trascinandomi dietro Devon. Se fossimo caduti saremmo stati trascinati di nuovo nella montagna e saremmo tornati al punto di partenza.

«A chi può essere venuto in mente di aprire un passaggio proprio qui, poi» dissi, a voce alta, una volta guadagnata la riva.

«È stato lui, domina» sentii rispondermi.

Non mi aspettavo, di sicuro, una risposta da Devon. E, infatti, non era stato lui a parlare. Mi voltai di scatto alla ricerca del mio interlocutore. Però, oltre me e lui, non c'era nessuno nella grotta.

«Hai sentito qualcosa?» chiesi.

Ma Devon si limitò a stringersi nelle spalle, battendo i denti per il freddo. Era stata la mia immaginazione?

Scavalcammo il muretto e ci incamminammo verso il CST, la domus di Manlio Vopisco, la casa di Gilbert. Lui, però, non era ancora rientrato. Feci sedere Devon su una delle panchine in pietra del giardino deserto e, in piedi accanto a lui, attesi. Forse non era stata una buona idea. Non sapevo dove fosse andato Gilbert, c'era la possibilità che non tornasse neanche per la notte e la nostra attesa sarebbe stata vana. Avevo detto a mia madre che avrei fatto tardi ma, dopo una certa ora, avrebbe cominciato a preoccuparsi. Forse. Non era esattamente una madre apprensiva. Non nel senso comune del termine, per lo meno.

«Melania» sentii tuonare.

Sobbalzai per lo spavento e mi trovai Gilbert in piedi proprio davanti a me, più alto e trasandato che mai.

«Che cosa stai facendo?» mi chiese, guardando prima me e poi Devon.

«La stavo aspettando» dissi. «Ho bisogno del suo aiuto».

Gilbert ci fece accomodare in casa sua e porse subito una coperta a Devon che, quasi immediatamente, cadde addormentato sul divano

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Gilbert ci fece accomodare in casa sua e porse subito una coperta a Devon che, quasi immediatamente, cadde addormentato sul divano. A voce bassissima, seduta sul tappeto accanto a lui, gli raccontai tutto quello che sapevo, tutte le mie congetture e tutti i miei sospetti sulle intenzioni di quella ex Sibilla che tanto aveva nuociuto al regno e al mio amico.

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