2

246 15 62
                                    

Il giorno successivo non tarda ad arrivare. La sveglia suona all'improvviso facendomi sussultare.

Mi sveglio stropicciandomi gli occhi, mentre sposto le gambe da sotto le coperte, cercando con i piedi le ciabatte.

Sentivo il bisogno impellente e necessario di uno, anzi due, caffè espresso. Il primo affinché la testa smetta di girare, il secondo che funga come carburante.

Mi infilo quindi la vestaglia, appesa all'attaccapanni dietro alla porta, e con passi pesanti mi trascino in cucina. Grazie a Dio la macchina del caffè era una Delonghi italiana, e non una di quelle americane, le quali producono acqua sporca.

La aziono, e posiziono la tazzina al di sotto dei beccucci. Nel frattempo afferro due biscotti dal vaso di vetro, adiacente alla macchinetta. Avena e uvetta. Nulla di speciale, però mi consentivano di mantenere la mia figura asciutta e tonica.

Una volta uscita l'ultima goccia di quel distillato nero e forte, come piaceva a me, porto la tazzina in bagno, per prepararmi alla giornata.

Guardando fuori dalla finestra il sole stava sorgendo, e rispecchiandosi sulla superficie d'acqua della piscina creava dei giochi di luci e colori bellissimi. Ne ero innamorata.

Stamattina faceva particolarmente freddo, così la prima cosa che faccio è accendere lo scaldabagno, affinché io possa farmi una doccia senza tremare come se fossi andata a fare un bagno nelle acque ghiacciate scandinave.

Il getto d'acqua bollente crea una nuvola di vapore in tutto il bagno, appannando lo specchio.
Mi infilo sotto la doccia e sento finalmente i muscoli risvegliarsi.

Esco avvolgendomi nell'asciugamano caldo e cerco di spannare lo specchio accendendo per un paio di secondi l'asciugacapelli. In pochi secondi si crea un alone in corrispondenza del mio viso.

Stamattina le occhiaie sembrano avermi lasciato tregua, facendomi sperare di non dover utilizzare il correttore, che sempre mi accompagna come un oggetto indispensabile, quasi quanto gli assorbenti.

Dopo essermi asciugata il corpo, ripongo l'asciugamano nell'apposito contenitore, il quale lo asciuga e lo tiene caldo per il prossimo utilizzo.
Tampono i miei lunghissimi capelli, ed inizio ad asciugarli. Fortunatamente non devo impazzire facendo pieghe varie, avendo i capelli liscissimi.

Dopo tempi che sembrano eterni, finalmente sono asciutti. Controllo l'orario sul cellulare posato sul top del bagno. Devo sbrigarmi!

Mi guardo allo specchio e decido di partire dalle mie labbra, che noto essere molto screpolate. Sono molto voluminose, e rosee, e quando arriva il freddo purtroppo ne risentono sempre. Così metto il burro cacao che mi ha consigliato la farmacista.

Trucco poi il resto del viso e corro in camera a vestirmi. Opto per un pantalone a zampa nero ed un maglione a collo alto bianco.

Cerco di rifare il letto velocemente prima di dirigermi in salotto e recuperare gli stivali e il cappotto.

Esco di casa con la borsa in mano. Chiudo la porta a chiave e attraverso il giardino per dirigermi a lavoro.

Per quasi tutto il tragitto sento percorrermi lungo la schiena dei brividi di freddo. Non capisco come mai il riscaldamento non funzioni.

Arrivata a lavoro, entro dall'ingresso principale. Di fronte a i monitor trovo di nuovo Bob. Faccio un cenno con la mano, mentre mi incammino nella sua direzione sperando sappia dove ci incontreremo, dal momento che il direttore non aveva specificato il luogo, e il museo è molto grande.

<<Buongiorno Bob>> dico appoggiando l'avambraccio alla postazione <<non è che per caso sapresti dirmi dove si terrà l'incontro che ha organizzato il direttore?>>

<<Buongiorno signorina...>> risponde, attendendo che gli ricordi il mio nome.

<<Delilah>> sorrido.

Sorride anche lui <<Delilah, giusto. Sei la prima ad arrivare questa mattina. Non appena ci saranno tutti penso si farà vivo il direttore, come sempre.>> esclama portandosi alla bocca il bicchiere di cartone contenente del caffè fumante, mentre volge nuovamente lo sguardo su i monitor dinnanzi a lui.

<<Oh, d'accordo, posso aspettare qui?>> chiedo mentre appoggio la borsa a terra.

<<Si, certo, se vuoi del caffè basta chiedere>> annuisce, mentre con l'indice della mano che tiene ancora il bicchiere mi indica la macchinetta proprio alle sue spalle.

<<Ti ringrazio, per ora ho già assunto la mia dose oraria di caffeina>> rido.

Volgo lo sguardo verso l'entrata principale e noto i dipendenti finalmente accingersi ad entrare.
Contemporaneamente, noto con la coda dell'occhio, scendere dalle scale di fronte all'ingresso, il direttore.

Raggiungo gli altri dipendenti, mentre con un cenno della mano saluto Bob. Ci raduniamo a gruppo ai piedi della scala, mentre il direttore si ferma qualche gradino più in alto.

<<Buongiorno a tutti>> esordisce <<questa mattina voglio discutere con voi le procedure relative alla gestione dell'arrivo del carico di gioielli medioevali, come già vi avevo preannunciato nella mail>> conclude con le mani in tasca.

Inizia così un lungo discorso su come, dove e quando, tutte cose che non interessano direttamente il mio lavoro se non l'ultima frase <<e per quanto riguarda il laboratorio, nutro forti speranze riguardo allo sviluppo del prodotto che ci aiuterà a mostrare i nostri gioielli in tutto il loro naturale splendore>>. Un sottile ammonito, o incitazione a muovermi. 

Il cellulare del direttore inizia a squillare, così prima di rispondere ci rivolge un cenno di saluto, prima di tornare nel suo ufficio rispondendo a bassa voce. Gli altri dipendenti iniziano a dileguarsi, e così faccio anche io. 

Ieri sera ero stata in grado di lavorare per un po' alla formula, e penso di essere arrivata vicino alla soluzione. 

Appendo i miei indumenti all'ingresso del laboratorio, accendo le luci, ed indosso il camice, sperando che, nel momento in cui mi fossi seduta su quello sgabello, avrei finalmente trovato la soluzione.

Nel mentre mi avvicino alle celle frigorifere che contengono il mio composto, sento entrare in laboratorio due ragazzi che chiacchierano tra di loro. Mi volto nella loro direzione <<Ciao, chi siete?>>.

<<Buongiorno, siamo i restauratori, io sono Mitchell, e lui è Andres>> dice indicando l'amico, il quale fa un timido cenno con il capo. 

<<Piacere, io sono Delilah, come posso esservi utile?>> chiedo mentre mi avvicino a loro.

<<Siamo venuti qui solo per presentarci, e per dirti che una volta sviluppato il tuo liquido, puoi comunicarlo direttamente a noi, così inizieremo il prima possibile le opere di restauro>> mi comunica Mitchell <<Ti lascio il mio bigliettino, con numero di telefono e nome, una volta sviluppato non ti resta che mandarmi un messaggio>>

<<Perfetto>> esclamo mentre afferro il biglietto.

<<Buon lavoro!>> augurano, congedandosi prima ancora che io potessi rispondere. 

Inserisco il biglietto nel taschino del camice e inizio a lavorare al mio prodotto. 

Devo partire di nuovo da zero, e so già che mi servirà tutta la mattinata. Non posso perdere tempo. Lego i capelli in una coda bassa e mi chino alla mia postazione. 

Durante tutta la mattinata provo mix di soluzioni diverse, finché, dopo sette lunghe ed interminabili ore, sembra io abbia trovato la formula definitiva. Prendo i miei campioncini di metalli diversi, e lascio cadere una goccia su di ognuno. 

Attendo un paio di minuti ed osservo le loro reazioni al microscopio. Non posso crederci! Li analizzo uno ad uno. Ce l'ho fatta! La mia soluzione riusciva a rompere i legami degli anni di accumuli di sporco e detriti e non intaccava in alcun modo il metallo!

Senza perdere tempo recupero il bigliettino dal taschino, salvo in rubrica il numero di telefono di Mitchell, e scrivo il messaggio. 

Ci siamo! La soluzione è pronta! I restauri possono iniziare.

Premo con il pollice il tasto invia, mentre con gioia esulto di fronte al mio successo. 

GOLDENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora