8

183 10 20
                                    

L'interno della villa era altrettanto solenne. Pareti di marmo bianco, elementi d'arredo composti da statue di marmo, alto rilievi, e mobilio moderno, i quali sorprendentemente si intonavano allo stile greco che padroneggia l'ambiente.

Il tutto era perfettamente bilanciato. Non potevo non essere sorpresa.

L'ingresso ricordava quello delle chiese con pianta a croce latina, una lunga navata centrale, con le sue navate laterali, in fondo, dove idealmente sarebbe dovuto trovarsi l'altare, si trovavano delle scale di vetro, dietro alle quali, nel deambulatorio, si ergono statue di valorosi guerrieri greci.

Dai transetti si sviluppano lunghi corridoi, come anche in corrispondenza delle absidiole dietro alle scale.

'Okay forse non mi sbagliavo a pensare che questo fosse il labirinto di Cnosso'

<<Se vuoi seguirmi>> dice Jude, mentre con un braccio mi indica la strada, su per le scale.

Io ancora non posso crederci.

<<Se posso permettermi, con questo vestito, se non fosse per la scelta del soprabito, sembri fatta per stare qui dentro, come una principessa nel suo castello>> aggiunge, voltandosi a guardarmi.

Arrossisco <<Grazie>> dico, evitando commenti spiacevoli riguardo alla sua battuta sul mio giubbotto.

Continuo a seguirlo.

Alla biforcazione della scala, andiamo a destra, e proseguiamo in un corridoio corto, il quale ci porta in un ampio salone, con grandi vetrate al posto delle pareti, ed un angolo bar di marmo, perfettamente intonato allo stile di tutta la villa.

<<Accomodati>> mi dice indicando le poltrone posizionate dinanzi ad un camino acceso.

Mi sbottono il giubbotto, poggiandolo sul bracciolo della poltrona. Con le mani cerco di lisciarmi l'abito, e poi mi siedo.

<<Allora? Fammi indovinare, eredità di famiglia?>> domando, accomodandomi incrociando le gambe.

<<Più o meno>> sorride, mentre versa per tutti e due del Jameson Black Barrel a tutti e due.

<<Non doveva essere un caffè?>>

<<Touchè, ma visto l'orario, mi sembrava più appropriato un liquore>> confessa, mentre si dirige verso di me, porgendomi il bicchiere, che accolgo nelle mie mani. La sensazione del bicchiere ghiacciato mi fa sussultare.

<<Ed ora? Vuoi darmi almeno una buona motivazione per la quale non dovrei scappare?>> lo guardo. In piedi dinanzi al caminetto, con una mano in tasca e l'altra che sorregge il bicchiere, mentre fa roteare i cubetti di ghiaccio che tintinnano scontrandosi con il vetro.

La sua espressione persa nel fissare il liquido splendente come ambra grazie alle fiamme del camino. I suoi riccioli scuri a solleticargli la fronte, e gli occhi color miele che quasi sembravano vivi con le fiamme che vi si specchiavano dentro.

Dopo un'attesa che sembrava interminabile, comincia.

<<Vorrei che non avessi assistito, vorrei che la curiosità non ti avesse portata lì. Eppure c'eri. E ora sai.>> la sua voce è difficile da decodificare, ma sembra quasi preoccupato.

Butto giù un sorso di liquore, la gola va in fiamme, e lo si percepisce dalla mia smorfia di fastidio sulle labbra. Non dico niente. Voglio sentirlo parlare, e ho come l'impressione che se ponessi domande, lui cercherebbe di deviare il discorso e distrarmi, in qualunque modo possibile.

<<Perciò non posso mentirti. Ma voglio che tu sappia, che una volta conosciuta la verità non si torna indietro. Non si torna alla vita vera. Farai parte della mia squadra, e alloggerai qui. I tuoi familiari, amici, non potranno sapere nulla. Per lo meno non finché saprò di potermi fidare al cento per cento e avrò stilato per te la bugia perfetta da rifilargli>> sputa tutto d'un fiato.

Strizzo gli occhi due volte per cercare di capire se io stia sognando, o forse per assimilare ciò che mi è stato appena detto, affinché possa maledirmi correttamente per il mio eccessivo interesse in cose che non devono riguardarmi, in cose, per le quali, se il mio cervello mi fa capire che è meglio darsela a gambe dovrei seguirlo, e non la mia stupida curiosità.

Lui mi si avvicina, chinandosi di fronte a me, cercando di scrutare il mio sguardo per cogliere anche il minimo segnale, dal momento che alla mia solita parlantina si era sostituito un mutismo di quelli più insoliti.

<<Mi hai capito?>> chiede poggiando entrambe i palmi ai lati dei miei fianchi.

<<Si>> balbetto <<Mi stai dicendo che in poche parole se scelgo di sapere tutto ciò che riguarda quello che ho visto stasera non posso più tornare indietro, e non avrò mai più una vita normale>> pigolo come se fossi presa da un attacco di panico improvviso.

<<Beh, qui avresti una vita normalissima, non sarai in prigione, diventerai solo parte integrante della mia squadra>> ripete.

<<Se vivere in un posto del genere lo definisci normale>> esclamo.

<<Allora? Ci stai?>> domanda nuovamente.

<<Io...>> balbetto <<Posso pensarci?>>

<<Ho bisogno di sapere che non dirai nulla a nessuno di ciò che hai visto stasera, neanche le tue ipotesi. Ho bisogno che tu cerchi di dimenticare ciò che hai visto, perlomeno quando non sarai qui, con me>> mi dice, poi continua <<Ti lascio il mio numero di telefono, e per qualsiasi cosa mi chiamerai, ma soprattutto quando e se sarai pronta. Altrimenti, potrai cancellarlo, dimenticare che io esista, e che tutto ciò che hai visto è stato solo un brutto sogno>> annuncia, restituendomi le chiavi della mia macchina, penzolanti dal suo indice.

'E queste quando le ha prese?'

<<D'accordo. Ho bisogno di pensare e di capire se posso fare a meno di raccontare la verità, e quindi se posso essere capace di mentire ai miei genitori, ai miei amici, sul mio lavoro, capire se voglio far parte di una banda di criminali>> dico <<Finché sono ancora in tempo>> sospiro.

<<Io non la definirei una banda di criminali, quanto più un'associazione di persone, unite da uno scopo comune, sotto il vessillo del "se non puoi combatterli, unisciti a loro">> esclama.

<<Cosa c'entra Robin Hood?>> chiedo all'improvviso.

<<Il giorno in cui deciderai se veramente vuoi sapere, saprai anche perché, la fuori, si erge Robin Hood>> mi sorride.

Mi alzo, dopo che anche Jude ha fatto due passi indietro.

Lo saluto con un cenno della mano, mentre lui continua a stare in piedi, di fronte al caminetto, semplicemente a osservarmi.

<<Ti farò sapere>> dico prima di dileguarmi, sperando di non perdermi.

Infilo il cappotto. L'unica cosa che sento è il ticchettio delle mie scarpe sul marmo. La mia testa è vuota, non sa cosa pensare. Ho così tante idee che mi sfarfallano dentro la mia scatola cranica da non sapere quale possa essere la più plausibile. E di certo non avrebbe senso passarne al vaglio, una per una, per capire da sola ciò che comunque sarebbe risultato lontano anni luce dalla verità.

Jude era così sexy, dannatamente bello, di una bellezza quasi angelica, eppure contornato da qualcosa di oscuro, di tenebrosamente raro. Così giovane eppure con l'aria di chi ne ha vissute fin troppe, e al contempo non ha ancora finito.

Continuo a pensare a lui.

E con la testa piena della sua immagine, mi ritrovo ad aprire la portiera della mia auto, e a salire per cercare di andare il più lontano possibile da qui.

'Ma è davvero quello che voglio?'

Chi mi terrà lontana dalla curiosità che sento? E questa curiosità è solo per ciò che ho visto, o è anche rivolta a lui? A Jude Sullivan.

Fino a che punto sarò disposta a spingermi?

Dopotutto, la curiosità uccise il gatto. 

GOLDENWhere stories live. Discover now