Mi ero svegliata indolenzita, e con un forte bruciore alla gola.

Sapevo che ciò che avevo fatto ieri sera non avrebbe portato a nulla di buono, sia per la mia salute ora, che in generale nella mia vita.

Non sapevo cosa scegliere. Tutt'ora non so cosa scegliere. Il mio cervello mi dice che tutto questo deve diventare solo un brutto sogno, che tutto ciò che ho visto è stato frutto della mia immaginazione e di troppi Bloody Mary.

Ma la mia curiosità vuole prevalere, per nulla spaventata, un po' come un bambino che deve muovere i primi passi nel mondo, dopo che ha conosciuto per nove mesi, solo il caldo e confortante pancione della mamma.

La testa mi gira, e non so se attribuirlo ad un imminente influenza, o raffreddore, o peggio, broncopolmonite.

Mi alzo con ancora indosso il vestito dell'altra sera.

'È necessaria una doccia' elaboro, non appena con disgusto sento l'odore che proviene dai miei capelli.

Dopo aver litigato con la cerniera dell'abito finalmente me ne libero, lasciandolo da parte per portarlo in lavanderia, evitando di rovinarlo con le mie malsane idee di lavaggi preimpostati della mia lavatrice.

I capelli sono un groviglio di nodi. Devo essermi cimentata in capriole artistiche nel sonno. Li spazzolo un po', perché per quanto lo sogni, sono consapevole che il balsamo non fa miracoli.

Entro in doccia, e l'unica cosa che faccio per i primi dieci minuti, è rimanere sotto il getto di acqua bollente. Ferma immobile. Non considerando minimamente gli aspetti globali quali surriscaldamento globale, scioglimento dei ghiacciai, acqua potabile, e via dicendo, cosa per la quale, tra l'altro, mi redarguirò in seguito.

Dopo aver passato buona parte del tempo li sotto, cercando di non pensare, ma lasciandomi trasportare dalla fantasia associandola ai profumi del mio bagnoschiuma, esco.

Ho bisogno di parlare con mia madre.

Le do appuntamento in un cafè carino del centro, so per certo che lei avrà i consigli giusti per me.

Il centro è molto trafficato, ci sono persone che corrono a destra e sinistra con le loro ventiquattrore, rammentando che avrei dovuto essere a lavoro anche io. Ma prontamente avevo chiamato qualche ora prima, dicendo che non sarei riuscita a recarmi al museo, in quanto non stavo benissimo. La risposta fu tutt'altro che negativa, anzi sembravano quasi felici. E forse potrei immaginare il perché, ma per tenere fede a ciò che ha detto Jude sto lottando contro me stessa per non farmi nessuna idea.

Mi incammino verso il locale, dentro al quale trovo mia madre già seduta al tavolino con una tazza di cioccolata calda tra le mani, la sua preferita.

Spingo la grande porta a vetri ed entro, iniziando a togliermi la sciarpa ed il cappello.

Una volta seduta, saluto mia madre, mentre chiedo alla ragazza che aveva appena finito di servire il tavolo vicino al nostro di portarmi un tè caldo con molto limone e del miele.

<<Allora, mia dolcissima figlia, che succede?>>

<<Devo parlarti, ho bisogno di te, o quanto meno della tua saggezza, perché non vorrei fare la scelta sbagliata e pentirmene>> butto fuori tutto d'un fiato.

<<Mi devo preoccupare?>> aggrotta la fronte, fissandomi, con quelle sue due pozze color giada, capaci di far uscire ogni verità anche al peggior bugiardo. Mia madre è così.

<<Assolutamente no!>> squittisco <<O forse si.. cioè non lo so>> sospriro.

Mamma si sistema meglio nella sedia di fronte a me, incrocia le braccia sul tavolo e sospira attendendo le mie rivelazioni.

<<Mi si è palesata una proposta lavorativa che sembra allettante, ma al contempo pericolosa, un misto tra CIA e la storia dell'Arte, o meglio detective degli oggetti antichi scomparsi, o ancora squadra di recupero per oggetti antichi rubati>> blatero.

<<Delilah Winfrey! Mi spieghi cosa stai dicendo?>> mia madre è incredula.

<<È un po' difficile da spiegare, però ecco, cambierò residenza e tutto ciò che riguarderà il mio lavoro non lo potrà sapere nessuno, nemmeno tu e papà>> confesso.

<<Bambina mia, io non so in che guaio ti stai cacciando, ma hai un lavoro bellissimo al museo, stai ricevendo moltissimi riconoscimenti, e hai una carriera brillante dinanzi a te>> dice stringendomi le mani <<Vuoi buttare via tutto questo, solo per qualcosa che, alle mie orecchie sembra solo pericoloso?>> si sofferma un momento, persa nella mia espressione disperata e desiderosa di avventura <<Però ti conosco, sei mia figlia, e so perché ti tenta, perché sei curiosa!>> conclude sorridendo.

<<Lo so mamma, non sapere mi uccide, eppure non lo so, è come se ci fossero due parti così in contrasto tra di loro a tirarmi per le braccia. Una mi dice di seguirla a sinistra, l'altra a destra, e io sono nel mezzo, di fronte a un bivio, e non so cosa scegliere perché non vedo cosa c'è dopo>> sputo fuori.

<<Tesoro, fidati del tuo istinto, perché ti ha portata fino a dove sei oggi, e non puoi essere delusa dei traguardi che hai raggiunto>>

<<Lo so, come so anche che per tutta la mia vita ho pianificato ogni mio passo, e così doveva essere, senza mai uscire dagli schemi. Questa volta vorrei fare qualcosa di folle, anche se mi spaventa, mi spaventa non sapere cosa ne sarà poi>> ammetto.

<<Quello che desidero, è solo che tu stia bene, e che qualunque sia la tua scelta, non te ne penta mai.>> Mi dà un bacio sulla fronte <<Ma ti prego, non rischiare la vita! Non fare un lavoro che coinvolga armi, so che ti piacciono, ma non lo fare! Dammi la sicurezza che sarò prima io ad andarmene>> conclude

<<Mamma!>> esclamo <<Non lo so se ci saranno armi, non so niente, ma ti prometto che comunque vada ce ne andremo insieme>> sorrido.

<<Amore mio, per quanto sia commovente l'idea, non penso sia possibile>>

<<Oh invece sì, smettila di atteggiarti a vecchia, mi hai avuta a quindici anni, ne hai 39! Tutto è possibile!>> rido.

Lei rotea gli occhi, sistemandosi il dolcevita sulla pancia, e i capelli sulle spalle <<Perché non ho l'aria sofisticata di una signora per bene?>> mi chiede arricciando leggermente le labbra, mettendosi in posa come se ci fosse qualcuno a ritrarla.

Aveva ragione, all'anagrafe aveva un'età, ma al di fuori emanava una sicurezza ed un fascino che erano di altri tempi, e di donne molto più mature di lei, donne che sanno il fatto loro.

Mi volto verso la ragazza che mi ha portato via la tazza vuota di te. Una ragazza giovane. Probabilmente lavora per guadagnare qualcosa contemporaneamente alla sua vita da studentessa. Ma ha lo sguardo spento. Non c'è gioia nello sguardo come quella che una ragazzina di - quanti anni? diciotto? - dovrebbe avere. È più lo sguardo di chi ha tutto programmato, e non può o non riesce a fare altrimenti. E io voglio davvero ritrovarmi così? A progredire lungo una linea che mi sono disegnata prima ancora di sapere le opportunità della vita?

A questo punto mi era tutto chiaro. Volevo sapere. Volevo cambiare il percorso che mi ero pre tracciata. Volevo rischiare, e per una volta sentirmi più libera.

Non restava altro che sbloccare il telefono, comporre il numero, e...

'Il numero!'

Come avrei fatto senza numero?

Salutai così mamma, la abbracciai e le dissi che le avrei fatto sapere la mia scelta. Mentre la osservo allontanarsi stretta nel suo cappotto bianco, e la chanel infilata nell'avambraccio, cerco di capire come ritrovare la villa, anche se la strada non la ricordo per niente bene.

In lontananza, sull'altro lato della strada, noto però una Rolls Royce... Phantom.

Era lui, ne ero certa!

Attraverso di corsa e busso al finestrino che lentamente si abbassa per rivelare solo il suo sguardo nascosto da un paio di occhiali da sole.

<<Adesso mi spii anche?>> chiedo. 

GOLDENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora