Torno alla villa. Sono così contenta di come l'ho affrontata, e vorrei che anche Jude lo fosse, ma ha subito un trapianto, e so bene che per qualche giorno ancora non sarà con me. Non sarà al mio fianco.

Corro dai medici sperando di avere notizie sul suo intervento.

<<Dottore>> ansimo dopo la corsa verso l'ala adibita ad ospedale <<Come sta?>>

<<L'intervento è andato molto bene. Non ci sono state complicanze particolari, dobbiamo solo vedere come reagisce ed essere sicuri che non rigetti il trapianto. Rimarrà attaccato ancora per un po' al respiratore, domani sera testeremo i polmoni nuovi>> mi sorride mettendo una mano sulla mia spalla.

<<Posso vederlo?>> chiedo felice e sorpresa che ce l'abbia fatta, che sia riuscito a superare anche questa.

<<Certo, anche se come le dicevo, non è ancora sveglio>> spiega.

<<Mi basta vederlo>> aggiungo in fretta.

Senza parlare, annuisce con il capo, e mi indica con la mano la direzione, anche se so già dove devo andare.

Ci lascia il nostro spazio probabilmente avendo già controllato i suoi parametri post operatori.

Entro lentamente, anche se vorrei fiondarmi su di lui e dirgli di svegliarsi, di tornare da me, di abbracciarmi, di toccarmi, di dirmi che staremo insieme per sempre. Che d'ora in poi saremo solo io e lui.

È vero... lui mi ha fatto male, ha preso decisioni sbagliate, mi ha fatto soffrire, ma mi ha anche fatto sentire viva. Quando ho realizzato che stavo per perderlo, che c'era la probabilità che non l'avrei più visto, ho capito. Non posso vivere senza di lui. Non posso proprio. Anche se questo implica andare contro i miei principi. Ma ormai è una lotta, e se giocano i principi con i sentimenti, difficilmente vincono i principi.

Gli stringo la mano priva di accessi venosi o ferite. Mi siedo vicino a lui e gli racconto la giornata, gli racconto che Robin Hood sarebbe fiero di me, lui sarebbe fiero.

Il respiratore fa alzare e abbassare il suo petto in maniera regolare, i suoi occhi sono chiusi, e le ciglia nere e lunghe si proiettano con ombre sulle sue guance.

Il suo corpo è ancora più freddo di quello che ricordavo. Lui era caldo, sempre, anche quando faceva freddo.

<<Torna da me Jude, ti prego! Per quanto ami l'ebbrezza che ho sentito oggi nel gestire questi affari, la potenza che ho sentito scorrermi nelle vene, non posso farlo senza di te>> sussurro.

Gli poggio un casto bacio sulla fronte, mi alzo, ed esco, rimanere lì, in quella stanza con lui mi fa soffrire. Non posso vederlo così.

Bussano alla porta di camera mia.

<<Chi è?>> chiedo, mentre mi infilo frettolosamente i pantaloni del pigiama.

<<Sono io>> la voce ovattata di Queenie risponde dalla parte opposta della porta.

Espiro. Prendo poi una boccata d'aria più grande, ed espiro di nuovo.

<<Vieni>> dico poi atona.

Ci siamo aiutati, lei io e Reuben, in tutta questa faccenda, ma lo abbiamo fatto per Jude, tutti quanti. Ed io con lei sono ancora arrabbiata, ma se ho perdonato Jude devo saper fare un passo avanti anche con lei.

Apre la porta lentamente e la richiude alle sue spalle.

<<Sei stata grandiosa oggi>> commenta.

<<Grazie>> ribatto.

<<Come sta Jude?>> ciondola le braccia avanti e indietro davanti a se, battendo le mani insieme tutte le volte che si avvicinano.

GOLDENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora