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Jude

<<Cosa ci fai qui?>> sono molto stanco.

Lei non si è mai spinta fino a qui, nel mio territorio. Non ha il diritto di entrare nel mio ufficio, non con tutte le carte e documenti che ho esposti in bella vista. Lei non deve sapere.

<<È così che si accoglie una vecchia amica?>> sogghigna, sfilandosi la pelliccia di dosso, appoggiandola sulla scrivania, in cima a tutte le scartoffie che stavo contemplando.

<<Non è il momento>> sbuffo, so benissimo perché è qui <<Non sono potuto venire ieri sera, avevo da fare>>

<<E con da fare, intendi la ragazza tutto cervello?>> dice con tono seducente, avvicinandosi alla mia scrivania.

<<No. Ho avuto da fare e basta!>> esclamo spazientito.

<<Okay, non ti agitare>> sorride, sedendosi sul bordo della scrivania, poggiando una mano sulla mia spalla destra <<Mi sei mancato>>

<<Non sono stupido, ti sei spinta fino a qui. Vuoi qualcos'altro>> dico girando la sedia nella sua direzione, massaggiandomi le tempie.

<<Potrebbe essere>>

<<Cosa. Vuoi?>> esigo.

<<Voglio che tu la finisca di fare il paladino della giustizia. Pensi che i miei non si siano accorti che mancavano alcuni pezzi della collezione, dopo la furbata di qualche notte fa?>>

<<Puoi stare tranquilla, non siamo stati noi, i miei uomini pendono dalle mie labbra, ed io non ho dato ordini. Forse dovresti controllare tra i tuoi, se c'è qualcuno che ha fatto il furbo>> puntualizzo.

Queste stronzate non le sopporto. Ho già mille cose a cui pensare, lei non ci voleva.

Mi si avvicina lentamente, e si siede sulle mie gambe, baciandomi l'orecchio, poi sussurra <<D'accordo, se le cose stanno così. Voglio che tu sappia però, che la tua preziosa Winfrey, posso portartela via quando e come voglio, e nessuno potrà fermarmi>> mi lecca il lobo, poi si tira leggermente indietro guardandomi in faccia <<Il direttore Kowalskii ha già provveduto a licenziarla, ormai non ci serve più a niente>>

In quel momento spalancano la porta.

È Delilah.

*

Ormai si sta facendo buio, così decido di tornare alla Villa per una doccia, e mangiare qualcosa.

Quando arrivo in cima alle scale, noto però la porta dello studio di Jude socchiusa, e delle voci indefinite provenire dall'interno.

La mia curiosità come sempre ha la meglio, e così mi ritrovo ad origliare.

Con la coda dell'occhio provo a vedere chi c'è. È quella donna. Subito stringo i pugni, trattenendomi per non andare a strapparle i capelli.

Non ho modo di sentire tantissimo, solo l'ultima frase <<Il direttore Kowalskii ha già provveduto a licenziarla, ormai non ci serve più a niente>>.

Non appena sento quella frase non ci sto più, era una decisione che spettava a me, e me soltanto.

Apro la porta come una furia, e con i pugni stretti lungo i fianchi urlo <<Prima cosa, scendi immediatamente dalle sue gambe. Ora!>> tuono, non capendo per quale motivo le abbia intimato di scendergli di dosso, ma sono furiosa <<Seconda cosa, la questione del lavoro era una mia decisione, mia e soltanto mia!>>.

Jude è con gli occhi spalancati di fronte a me.

<<Oh povera bambina, davvero pensavi che ti avesse assunto per scopi solo e semplicemente nobili ed onesti? Pensi davvero che la richiesta non sia arrivata da me?>> ghigna mentre si alza da Jude, lentamente e sensuale.

Raccoglie la sua pelliccia, e prima di andarsene dice <<Tu sei sempre stata una pedina, Delilah, un'ingenua pedina. Come anche il dottore Kowalskii, del quale mi sono già sbarazzata.>> e con grandi falcate sensuali, accompagnata dal ticchettio delle sue stiletto, se ne va, con un ghigno impresso in volto.

Sento le lacrime affiorare, ma le ricaccio indietro, cercando di mostrarmi quanto meno forte agli occhi di Jude, che impassibile mi guarda, alzandosi dalla sedia.

<<È vero?>> sussurro <<Tu lo sapevi?>>
Jude mi è vicino, perché nonostante io abbia lo sguardo basso, per non sputargli in faccia, posso vedere le punte delle sue scarpe.

Sospira <<Si>> ammette con voce profonda.

<<E non hai mai avuto modo, nel racconto delle tue favole>> calco sull'ultima parola come fosse un'insulto <<di dirmi il motivo per cui sono stata assunta?>>

Prova a dire qualcosa ma lo blocco subito.

<<Hai preferito lasciare che venissi umiliata così. Licenziata per motivi che non possono essere svelati. Sai cosa può fare alla mia carriera, essere licenziata da un lavoro dove mi hanno fortemente voluta, dopo neanche un mese?>> ringhio <<Tu non sai cosa vuol dire essere una donna al giorno d'oggi. Tu non sai cosa vuol dire, cercare di ottenere i massimi riconoscimenti accademici per poi fare fatica comunque a trovare un lavoro degno del sudore che abbiamo versato nella nostra formazione. Non sai cosa vuol dire essere assunte, e comunque ricevere uno stipendio nettamente inferiore a quello di un uomo solo perché lui è uomo>> mi concentro sull'ultima parola sprezzante <<Non sai cosa vuol dire cercare di tenere lontano tutte quelle voci che dicono che se vieni cercata per le tue qualità accademiche, nei discorsi da bar, 'qualità accademiche', viene sostituito con 'doti sotto le coperte'. Non sai cosa vuol dire sopportare frasi come "chissà a chi l'avrà data per essere li". E questo aumenta a maggior ragione con il licenziamento del dottor Kowalskii.>> sempre che con sbarazzarsi, intendesse licenziamento e non altro <<Secondo te cosa penseranno? Guarda caso viene licenziata la ragazza assunta dal direttore che è stato licenziato a sua volta. Non ci vuole un genio>> ringhio.

Jude non fiata, è dinanzi a me, con lo sguardo triste. È per caso dispiacere quello che vedo?

<<Questo singolo gesto può letteralmente avere compromesso la mia integrità professionale!>> il nodo alla gola si fa sempre più forte, vorrei trattenere le lacrime. Ma una sfugge al mio controllo e Jude la raccoglie con l'indice, come fosse un gesto istintivo.

Io non riesco a sopportare il suo tocco, non ora.

<<Almeno la formula non ce l'hanno, ce l'ho solo io, ancora. Non l'ho mai lasciata in laboratorio un secondo.>>

<<Questo è positivo, così il loro lavoro sarà rallentato, almeno per un po'>> sospira sorridendo di sghembo leggermente, ma è un sorriso davvero dispiaciuto, glielo leggo negli occhi.

Non voglio cambiare argomento, e non voglio nemmeno perdonarlo. Per colpa dei loro giochetti meschini ci ho perso io. E la decisione spettava a me, e me soltanto.

Non avrei mai continuato a lavorare per chi sfruttava dei bambini, indirettamente, per arricchirsi, ed ormai era chiaro che avrei scelto Robin Hood. Ma comunque il lavoro al museo mi piaceva, e c'è differenza tra l'essere licenziati e il licenziarsi.

Sono molto arrabbiata, anzi fumo <<Ah, e per la cronaca, non che mi importi qualcosa, ma giusto per puntualizzare, puoi farti tutte quelle che vuoi. L'altra sera per me non ha avuto importanza>> mento. E con quella bugia mando giù le lacrime che avrei voluto versare.

Umiliata su due fronti, professionale, e anche sentimentale. Grandioso!

E sì, perché non era vero! Non era vero che non aveva avuto importanza. Quello che avevo provato con Jude quella sera mi era tutt'altro che indifferente. Ma sono ferita, e con quella frase in realtà spero di aver ferito in parte anche lui.

Lasciato l'ufficio alle mie spalle, vorrei correre dai miei genitori, ma vengo distratta dal cellulare che squilla.

È il direttore Kowalskii. 

GOLDENWhere stories live. Discover now