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Riapro gli occhi, con la vista ancora appannata, e ciò che vedo, o meglio ciò che cerco di mettere a fuoco, è sottosopra, come se mi fossi appena svegliata e abbia aperto gli occhi con la testa ancora sul cuscino.
Realizzo che mi trovo su un pavimento in cemento grigio. Le pareti sono di mattoni grezzi, come un edificio che era in costruzione, e a metà lavori abbandonato. Non sento niente, se non il tubare e lo sbattere d'ali di alcuni piccioni nelle vicinanze. C'è un forte odore di acqua stagnante, ed è molto freddo.
Provo a muovere le gambe, che prontamente rispondono a ciò che dico. 'Bene' penso, almeno queste si possono muovere.
<<Queenie>> sussurro, spaventata dal fatto che possano sentirci, non avendo ancora chiaro dove ci troviamo.
Qu non risponde. Provo una seconda volta ma chiamandola più forte <<Queenie>>.
Niente. Sto iniziando a preoccuparmi.
Provo così a sedermi, ma quando vado per aiutarmi con le mani, realizzo di essere legata.
<<Porca...>> ringhio tra i denti senza continuare l'imprecazione, ammonendomi a mente.
'Sarai anche in una situazione di merda' si questo lo posso dire 'ma devi sempre e comunque rimanere una ragazza per bene' mi ricordo.
Mi alzo sfruttando quel poco di addominali che ho allenato con Qu nelle settimane prima del ballo, e ci riesco.
Ci sono buchi nelle pareti, corrispondenti a quelle che avrebbero dovuto essere delle finestre o delle porte. Guardo fuori e realizzo di essere su un grattacielo in costruzione, in uno degli ultimi piani.
Non appena noto l'altezza, indietreggio subito.
'Okay, cerchiamo di capire dove sia Queenie' penso.
Non ci vuole molto però a trovarla, perché nel momento in cui mi accingo a compiere il primo passo, sento delle urla strazianti. Mi pietrifico sul posto.
<<Ti prego, ti prego, ti prego, non dirmi che quella era...>> bisbiglio tra me e me, sperando in realtà che tutti i santi possano accogliere la mia preghiera <<Queenie>> quasi piango, quando due energumeni la trascinano per le braccia dove sono anche io.
Mi inginocchio subito davanti a lei, vorrei sorreggerle la testa ma ho le braccia legate, così faccio appena in tempo ad attutirle la caduta con la mia coscia.
<<Ho dovuto affrontare di peggio>> esala su di me, tossendo a fine frase, del sangue.
La osservo mentre le guance vengono inondate delle mie lacrime. Il suo corpo esile è pieno di tumefazioni, di punti più rossi di altri, ma soprattutto di tagli, alcuni più profondi ed altri meno.
<<Queenie>> la chiamo.
Mugola qualcosa aggrottando la fronte. <<Queenie ti prego non mi abbandonare>> piango.
<<Shh>> riesce solo a dirmi, mentre si abbandona a se, chiudendo gli occhi.
Continuo a piangere, furiosa con Alicia, furiosa delle mie scelte dell'ultimo periodo, furiosa con chi mi ha legato le mani impedendomi di tamponarle le ferite.
La vedo respirare ancora, il suo torace si alza e si abbassa regolarmente, e questo almeno è qualcosa di positivo.
Poco dopo, i due energumeni si avvicinano a me, alzandomi da terra da sotto le ascelle.
<<Lasciatemi stare>> urlo. Urlo e scalcio più che posso, ma non mi ascoltano, e nemmeno mi rispondono.
<<Lasciatemi stare>> urlo di nuovo.
Tentativi inutili, perché loro sono il triplo di me, ed io sono una ragazza, grande quanto puffetta, legata per le braccia.
Percorriamo un corridoio, tra teli di plastica e muri incompleti, di mattoni grezzi, gli stessi del posto in cui mi sono svegliata.
Giungiamo in una stanza, l'unica chiusa, senza finestre, con una sola luce appesa al soffitto.
Mi fanno cadere nel fondo di questa, senza cura che io possa farmi male o meno.
Sbatto contro la parete di fondo, facendomi male al braccio.
<<Brutti pezzi di m...>> vorrei conitnuare questa volta ma Alicia irrompe nella stanza <<Suvvia, Delilah. Non c'è bisogno di offendere i miei due migliori uomini. Ti posso assicurare che quando li conosci possono essere per fino simpatici>> ridacchia.
<<Alicia>> ringhio, carica di un'astio mai sentito prima nei confronti di qualcuno.
<<Sai, è un peccato mettersi contro chi non si conosce. In questo caso avete peccato di modestia. Eravate convinti di potermi battere, e invece io sono sempre una mossa avanti a voi>> si avvicina a me, il suono odioso dei suoi tacchi contro il cemento mi fa incazzare ancora di più.
Si muove come se fossi una sua preda, e lei avesse già vinto. È vero, sono una sua preda, viste le mie condizioni, ma può anche ammazzarmi, non l'avrà mai vinta con me.
<<Cosa vuoi da me? Perché non ti dirò mai dove sia la fibula Alicia, che per la cronaca, si indossa sugli abiti, non è un fermaglio per capelli>> vorrei aggiungere 'ignorante' ma penso già di aver colpito nel segno con questa frase.
Le sue labbra le si incurvano in un ghigno di disprezzo. Fa per voltarsi ma poi sferra sulla mia guancia uno schiaffo, di quelli potenti, a tal punto da farmi voltare il viso dall'altra parte.
<<Continua pure così>> ansimo per il dolore e la sorpresa <<Non mi sono mai piaciute le donne che usano la violenza perché non sanno giocare di astuzia>> la provoco.
So che non sto migliorando la mia situazione, ma a questo punto preferisco che mi uccida qui e subito, non le dirò mai dove si trova la fibula.
<<Pensi che sia stupida Delilah?>> chiede puntandomi il suo tacco a spillo sulla coscia <<Pensi che quel giorno in ufficio da Jude non abbia visto le cartine? Io osservo tutto>>
La guardo con aria indifferente <<Cartine? Devi avere le allucinazioni, forse avevi la vista offuscata perché arrabbiata, furente,  a causa del fatto che Jude viene a letto con me>> ridacchio.
Conficca il tacco nella mia coscia con forza, ed io urlo per il dolore.
<<Smettila di giocare così Delilah, in caso non te ne fossi accorta, sono io che ho il coltello dalla parte del manico>> ringhia.
Ansimo per il dolore <<Forse tu invece non hai capito che puoi anche uccidermi, non ti darò nulla>> e in un impeto di rabbia le sputo addosso.
<<Non so cosa ci trovi in te Jude>> sospira.
<<Ah, allora è una questione personale la nostra>> ridacchio, capendo di aver colpito nel segno.
<<Delilah, smettila, dimmi dove si trova la fibula>>
<<Anche se te lo dicessi, mentirei, perché non so dove sia, e in più non sapresti di che fartene>>
<<Oh, povera Delilah, tu ancora non hai capito con chi hai a che fare vero? Devo raccontarti cosa è successo alla tua amica Queenie o l'hai vista? Ci aveva nascosto un sensore GPS d'allarme, che comunicava con Jude. L'abbiamo distrutto, ma tra un po' arriverà la vostra cavalleria, ed io ho bisogno di risposte. Se non me le vorrai dare tu le otterrò in altro modo, e mi sbarazzerò di te. Nasceranno altre persone che produrranno prodotti migliori dei tuoi>> conclude il suo monologo piantando tutti e dodici i centimetri di tacco nella mia coscia.
Urlo ancora più forte, quando finalmente lo estrae, facendo sgorgare rivoli di sangue purpureo.
Vorrei portarmi la mano sulla ferita, pulsante di dolore, ma non posso.
<<Ragazzi lei non vuole parlarmi, vedete se con voi comunica di più>> dice.
Si mette in un angolo, con le braccia conserte al petto, e finalmente sotto la luce vedo com'è vestita.
Dalla testa a i piedi di nero, come se fosse pronta per andare ad una festa in costume e lei fosse una versione in rosso di Eva Kant.
Indossa un altro cappotto, questa volta corto e nero. Come sempre porta gli occhiali da sole, a coprirle il volto in parte.
Gli energumeni mi alzano da terra, mi tagliano le fascette che tenevano i miei polsi legati, e mi appendono al soffitto tramite delle catene che noto solo ora.
Già qui capisco che non avrò scampo, perchè so che sarò sospesa in aria e le mie braccia inizieranno a tirare fino a che probabilmente non mi si lusseranno le spalle.
<<Bello, hai altre torture medievali nell'asso della manica?>> la sfido di nuovo. È più forte di me.
I due energumeni mi lasciano appesa, e subito sento il peso del corpo tirarmi verso il basso.
Il dolore è estenuante, ma posso sopportarlo.
Uno dei due, con il collo tatuato, mi si avvicina mi guarda negli occhi come se stesse cercando di capire se sono cosciente.
Si allontana e porge al collega un coltello.
Mi preparo mentalmente perché so già che soffrirò, avendo visto i tagli addosso a Queenie.
<<Allora ragazzi partiamo con il suo bel visino>> sghignazza Alicia.
Io allontano prontamente il viso ma vengo afferrata da una mano grande il doppio del mio viso e mi avvolge tutto il collo.
Pianta la lama del coltello sulla guancia e striscia fino alla mandibola.
Cerco di limitare le urla di dolore per evitare che la lama tagli più in profondità.
Le lacrime cadono sulla ferita, facendola bruciare ancora di più.
Non parlo. Non ho intenzione di farlo.
<<Non hai intenzione di parlare?>> tuona <<Peggio per te>> sospira <<Ragazzi finitela come l'altra>> e se ne va, ricordandomi il ticchettio delle sue scarpe come ultima cosa, prima di vedere di nuovo il buio a circondarmi.

GOLDENWhere stories live. Discover now