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Sulla strada di ritorno, Queenie chiama i servizi sociali. Non possiamo oggettivamente occuparci di 300 bambini.

Comunicano che ci incontreranno alla villa tra mezz'ora.

Nella Phantom ci siamo io, Queenie, Reuben al volante, e la piccola in braccio a me.

<<Come ti chiami?>> le chiedo dopo che ha perso tutto il tempo a guardarmi negli occhi e accarezzarmi il viso.

<<Olivia>> dice sorridendomi, mostrandomi una finestrella tra i denti superiori.

Le sorrido a mia volta accarezzandole i capelli <<E quanti anni hai?>>

Con la manina mi mostra il numero. Cinque.

Cinque anni. Cinque fottutissimi anni. Ma come può un genitore essere spinto a tanto? Solo per dei soldi?

Come possono abbandonarli nelle grinfie di qualcuno che li avrebbe fatti vivere solo per lavorare. Crescere senza mai vedere la luce del sole, giocare con gli amichetti, conoscere le favole prima di addormentarsi, la carezza della mamma ogni volta che le porti un disegno o un fiore colto dal giardino.

'Come puoi abbandonare un pezzo di te, solo per dei fottutissimi soldi?'

La abbraccio stretta a me, forte.

<<Da quanto sei lì?>> le chiedo con la voce commossa.

<<Non lo so. Era tanto freddo>>

Ragiono. Più o meno sarà qualche mese che è dentro quell'inferno. Mesi in cui la madre non è venuta a cercarla, mesi in cui è stata abbandonata a se stessa.

Come faranno i servizi sociali a trovare i nomi dei genitori dei bambini più piccoli? Come faranno a trovare le famiglie?

Arrivati alla villa scendiamo dalle auto. I ragazzi non credono a i loro occhi.

<<Qui attorno c'è un parco immenso in cui correre e giocare, sentitevi liberi>> sorrido. I ragazzi però non si muovono.

Penso a qualcosa. Forse hanno fame.

<<Volete mangiare qualcosa?>> chiedo.

Gli occhi di qualcuno si illuminano così immagino che la risposta sia semplice.

<<Tutti con me forza>> esclamo.

Come soldatini mi seguono all'interno della villa. Andiamo in cucina. Cerco di resistere all'impulso di andare da Jude. Vorrei che fosse qui con me, ma per ora ho cose importanti a cui pensare.

Mi lego il grembiule in vita.

<<Queenie sai come si cucinano dei pancakes?>> chiedo.

<<Sì, li ho fatti un paio di volte>> mi guarda corrucciata.

<<Bene allora, rimboccati le maniche, dobbiamo sfamare questi ragazzi>> trillo io, iniziando a prendere gli ingredienti.

La cucina è abbastanza spaziosa per contenerli tutti, e non posso non notare la loro espressione sorpresa, con i nasi all'insù mentre si perdono ad osservare ciò che li circonda.

Io e Queenie sembriamo una catena di montaggio, sforniamo pancakes ad ogni secondo. E tutti i bambini se li divorano, gustando rumorosamente.

Dopo poco le porte della cucina dondolano, aprendosi. È Reuben.

<<Della, sono arrivati>> dice atono.

Annuisco, pulendo le mie mani sul grembiule che ho indossato. <<Queenie riesci a stare con loro?>> chiedo.

GOLDENWhere stories live. Discover now