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La cena passa troppo in fretta, aiuto papà a sparecchiare, mentre mi chiede come va al lavoro. Mamma non gli ha raccontato nulla. Questo mi rilassa, ma allo stesso tempo detesto mentirgli. Tra me e lui non ci sono mai stati segreti. È sempre stato colui nel quale mi confidavo, con un certo limite perché alla fine per i problemi da donna, solo mamma poteva aiutarmi. Eppure non gli ho mai mentito, non volevo iniziare proprio ora.

Una volta sparecchiato, papà decide di lavare i piatti per aspettarci, mentre io e mamma avremmo finito di parlare e poi avremmo scelto un film da guardare insieme.

Un uomo speciale! È questo che ho sempre pensato di papà. Lui ha sempre capito quando io e mamma avevamo bisogno di tempo da sole e non ha mai chiesto nulla.

Mamma afferra il cappotto che aveva abbandonato su una poltrona, portandomi il mio di tutta fretta. Ci avvolgiamo in essi e usciamo nel patio sul retro, quello che da piena vista sulla piscina, e più in là su quella che è, o era, la mia dependance.

Mamma si siede su uno dei tre gradini della porta finestra scorrevole della cucina, dalla quale siamo usciti, poggia il bicchiere di liquore ambrato vicino a lei, e batte il palmo della mano sullo scalino vicino a lei per farmi cenno di sedere.

Tira fuori dalla tasca il pacchetto di Lucky Strike, ne estrae due. Mi porge la mia, che prontamente afferro tra le dita, e poggio delicatamente tra le labbra. La accende, e faccio il primo tiro. Mamma fa lo stesso con la sua. Non ho mai preso il vizio, come si sente dire, ma semplicemente, ogni tanto, sotto forte stress, trovavo conforto, nel fumarne una in compagnia di qualcuno.

<<Quindi mi dicevi che hai baciato il tuo capo probabilmente criminale, che usa armi con mia figlia presente?>> esordisce.

<<All'incirca, in maniera estremamente concisa e a tratti sbagliata, ci siamo>> soffio fuori una nube di fumo dal naso. Inspiro un'altra boccata <<Anche se, chi ha usato le armi in sua presenza sono io, e non è tecnicamente un criminale, o meglio, è quella piccola porzione di male nel bene>> sorrido.

<<Delilah, Delilah, Delilah>> scuote la testa <<Mi sembravi troppo perfetta>> sorride <<E invece sei sana>> esclama dandomi una leggera pacca sulla spalla opposta al suo lato, abbracciandomi.

<<Amore mio, inizia a vivere! Nessuno ti dice che sarà per sempre!>> continua <<Ho solo bisogno che tu mi prometta non ti troverò in prigione, che non ucciderai nessuno, che continuerai ad essere te stessa, per il resto fa ciò che devi, il male ed il torto è ovunque, anche in ciò che crediamo lecito>> conclude, bevendo un sorso di liquore.

<<Hai detto una cosa così saggia mamma. Anche se, non mi capacito di come tu, non sia minimamente preoccupata del fatto che tua figlia ti dica che probabilmente è parte di un'associazione criminale>> sorrido agitata, facendo scappare troppo presto il fumo appena inalato.

<<Te l'ho detto, c'è criminalità anche in ciò che pensiamo sia giustizia. A me interessa che tu non tocchi armi, non uccida, e che segua i dieci comandamenti, per il resto per me sei a posto Delilah. Ti ho insegnato a volare, è ora che la campana di vetro non ti tenga più imprigionata, che tu faccia la tua strada seguendo ciò che pensi sia giusto. Sei stata tu a dirmi che non posso sapere molto>>

<<Per la vostra sicurezza credo>> mi intrometto, sbuffando altro fumo fuori dalla bocca e narici.

<<A maggior ragione non posso dirti cosa puoi o non puoi fare, confido in ciò che io e tuo padre ti abbiamo insegnato, e che farai tutto in buona fede>> conclude facendo un tiro alla sua sigaretta, e bevendo in seguito un sorso di liquore <<Mi illuderò davvero che tu faccia parte della CIA o cose simili>> ride, mentre finisce il liquore.

Io finisco la sigaretta, butto la cicca sul pavimento di mattoni grezzi, e la spengo con la punta degli UGG, buttandola poi nel cestino apposito lì vicino. Mamma fa lo stesso.

Mi volto verso di lei, che si è appena alzata. Ci guardiamo, io sospiro, e l'abbraccio <<Grazie>> mormoro, sentendomi molto più leggera.

<<Ci sarò sempre per te, bambina mia. Ci saremo sempre>> sorride indicando papà che dalla vetrata si intravede, mentre prepara i pop corn per la serata cinema.

Entriamo e scegliamo un film comico, mangiamo pop corn, e ridiamo come non mai. Un momento unico, uno dei tanti che mi hanno regalato da quando sono bambina.

Piano piano sento l'adrenalina di questi giorni lasciare spazio alla stanchezza, e le mie palpebre, come sipari, chiudono i miei occhi, facendomi cadere in un sonno profondo. L'unica cosa che sento, le coperte calde che mamma mi appoggia sopra, e io che mi addormento come un sasso.

Mi alzo di soprassalto, mi guardo intorno, riconosco il salone di casa mia e mi rilasso subito. Controllo il telefono, sono le sei di mattina. I miei pensieri sono un caos, cosa dovrei fare? Tornare alla villa, o godermi questa sensazione di relax ancora per un po'? Dopotutto è vero, so già molto, ma Jude ancora non sa cosa ho deciso di fare. Perciò prendo il controllo, mi appisolo nuovamente sul divano, e decido che sarei tornata quando lo avrei deciso io.

Riapro gli occhi alle nove di mattina, con i rumori provenienti dalla cucina, e un profumo di pancakes da far girare la testa. Seguo la scia quasi inerte. Mamma mi da il buongiorno.

Io ricambio mugugnando qualcosa. Poi con la spatola con cui sta girando quelle dolci frittelle, mi indica la parete dietro di me, alla quale è appoggiata una ragazza, capelli afro, pelle olivastra, corpo longilineo e atletico.

Queenie. 

GOLDENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora