Capitolo 113- Impatto

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Irvin mi ha comunicato sottovoce un paio di volte che le ombre hanno continuato a muoversi

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Irvin mi ha comunicato sottovoce un paio di volte che le ombre hanno continuato a muoversi. Poi è caduto in un silenzio quasi totale, seppur continui a guardarsi attorno con lieve tensione.

Il suo respirare è un po' raspante, come soffocato, di tanto in tanto, ma per il resto non sta mostrando più l'immenso terrore e l'allarme che ho sentito da parte sua in precedenza.

Abbiamo provato ad accelerare un po' il passo, ma non in maniera tale da rischiare di ammazzarci durante il cammino. Questo comunque non rimuove il desiderio di cominciare a correre e di tenerci il più lontano possibile dalle suddette ombre in movimento.

Quindi, quando ci troviamo poco lontani da una sagoma —ferma— di un edificio in mezzo a tutta la nebbia, simile ad un grosso riquadro rettangolare scuro che occupa la visuale, sempre circondato dal mare bianco, io non so se tirare un piccolo sospiro di sollievo o se sentirmi ancora più in ansia. 

Ci avviciniamo ad essa, cauti e sempre attenti a dove mettiamo i piedi, stringendoci i palmi a vicenda —io stringo più che lui. Non perché probabilmente lui non voglia farlo, ma perché la sua presa è abbastanza scarsa. E sinceramente, per quanto è scarno e poco muscoloso, questo non mi sorprende— e trattenendo il fiato.

Il terreno diventa particolarmente scivoloso e scosceso, motivo per cui incespichiamo e finiamo per cadere entrambi.

L'impatto mi colpisce lo stomaco —togliendomi il fiato al punto tale che soffoco persino più di prima— ma fortuna vuole che non va ad aggredirmi la faccia.

D'istinto, infatti, una mia mano va a sorreggermi, mentre quella che stringeva Irvin blocca gli occhiali prima che cadano e si rompano.

A lui lo sento invece schiantarsi ed emettere un piccolo mugolio di dolore.

Dobbiamo lottare per riuscirci, ma dopo qualche secondo di sguazzamento —neanche fossimo dei pesci in superficie— ci rialziamo finalmente in piedi.

Il ragazzo davanti a me, quando lo vedo, ha sia tutto il volto, sia tutti i vestiti sporchi di fango. Cerca di pulirli un po' con le mani, ma invece di riuscire a rimuovere il terriccio bagnato sembra sporcarsi anche di più. Rischia di portarsi del fango negli occhi.

-Vieni, ci puliamo dopo, quando siamo dentro.- gli dico, il tono che mi esce quasi perentorio.

Lui si irrigidisce appena, ma fa un altro cenno di capo in accettazione. Le sue mani gli cadono sui suoi fianchi e riprende a seguirmi a ruota senza dire una parola.

In parte slittando, in parte zoppicando nel fango, raggiungiamo l'edificio. La nebbia, almeno attorno ad esso, sparisce abbastanza da permetterci di vedere quella che sembra essere una casa di legno.

L'entrata, di un marrone più chiaro rispetto a quello che si trova su tutte le pareti, è chiusa a chiave. Provo a cercare la chiave nei dintorni, partendo dalle numerose foglie e dal terriccio. Niente.

Irvin tenta di buttarla giù, all'inizio, calciandola, prima da una parte e poi dall'altra. Ma non funziona.

Finiamo con l'arrenderci momentaneamente e proviamo a girare attorno al perimetro, sempre ben attaccati l'uno all'altra.

Ci mettiamo quella che sembra un infinità di tempo, ma alla fine ci ritroviamo davanti al portico di quella che conferma essere una casa. E che apparentemente ha un mazzo di chiavi... non sotto allo zerbino, dove ho cercato all'stante, ma tra due assi del muro e la vuota, piena di foglie, cassetta delle lettere.

Facciamo girare una delle chiavi nella nuova porta che ci troviamo davanti al naso. La nostra entrata, in parte insicuri, in parte speranzosi, é piuttosto veloce.

Un attimo prima siamo fuori, un attimo dopo dentro.

La stanza che ci capita subito sotto il naso è larga, anche essa interamente di legno. E per il momento è vuota.

Ha quattro porte, una per ogni parete e vi è la testa di un cerbiatto appesa quella che si trova a sinistra.

Io faccio un piccolo cenno di testa a Irvin, indicando la porta proprio sulla parete a sinistra, lui fa di sì con la testa e quindi io la apro.

Ci saltiamo quasi dentro. Ma risulta essere una camera da letto, quasi interamente rosa.

Vi è un armadio, ma dentro vi sono dentro delle bambole di porcellana con occhi di vetro che sono... Piuttosto inquietanti.

Ne usciamo senza perderci troppo tempo dentro, prima richiudendo l'armadio. La porta scricchiola appena quando ce la richiudiamo alle spalle.

La porta più a destra è quella a cui puntiamo e ci troviamo un bagno.

Sospirando in sollievo all'idea di ripulirci dal fango, apriamo il rubinetto. Ma quell'accenno di contentezza sparisce al sentire i suoni acuti che questo emette nel mentre che l'acqua scende.

In tutta fretta prendiamo a toglierci la sporcizia di dosso, così da poter richiudere quell'affare il prima possibile invece di averlo a distruggerci le orecchie con il fracasso con cui se ne esce.

La problematica è che comunque Irvin è piuttosto letargico, per quanto in fretta si stia sforzando di lavorare. Ed è quello che dei due è più sporco. Come se non bastasse, durante la sua caduta di faccia, si è anche fatto sanguinare il naso e il liquido vitale si mischia con il terriccio sparso al di sopra della sua bocca.

Gli lascio il suo spazio, anche se parte di me é frustrata dal suono del rubinetto.

"Non è colpa sua," mi ripeto tra me e me un paio di volte, cercando di ignorare i lamenti dello strumento e l'ansia che continua a divorarmi lo stomaco. "È colpa della mancanza di zuccheri. Troviamo qualcosa di commestibile e forse sarà tutto più semplice."

Improbabile. Altamente improbabile, ma okay, per una volta voglio provare a pensare un po' più positivo.

Questo momentaneo rifugio ci tiene lontani dalla nebbia e da quel qualunque cosa che vi è forse fuori. Non è detto che lo faccia a lungo e non è detto che non ci sia qualcosa o qualcuno anche dentro, ma se ci inoltriamo dentro, forse riusciamo a trovare anche qualcosa con cui possiamo difenderci.

"Sempre che non finiamo con l'essere attaccati prima o qualcosa del genere." sussurra di nuovo una vocina nella mia testa.

... Alla faccia del cercare di vedere positivo.

*fa suoni strani, ma felici*Sì, STO SCRIVENDO E STO CONTINUANDO A FARLO, MANNAGGIA ALLA MISERIA MISERIOSA

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*fa suoni strani, ma felici*
Sì, STO SCRIVENDO E STO CONTINUANDO A FARLO, MANNAGGIA ALLA MISERIA MISERIOSA. FORSE. FORSE RIESCO A CONTINUARE COSÌ. FORSE.

Incrociate le dita per me :D

-Killian

Ventiquattr'ore 2- SinsWhere stories live. Discover now