Capitolo 70- Qualche Problema Grosso

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L'edificio della polizia era silenzioso nel mentre che io, Natalie, Nicholas e Philip salivamo la lunga serie di  scalini giallastro - o era la luce? - che si mostravano appena si superava il grosso portone di ferro, facendoti arrivare in fondo se...

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L'edificio della polizia era silenzioso nel mentre che io, Natalie, Nicholas e Philip salivamo la lunga serie di  scalini giallastro - o era la luce? - che si mostravano appena si superava il grosso portone di ferro, facendoti arrivare in fondo senza troppi problemi - e con meno fiatone di quanto mi sarei ufficialmente aspettato. Era qualcosa di cui essere fiero, soprattutto contando i miei precedenti e il generale stato del mio corpo dopo l'uscita da Ventiquattrore... Quindi sì, apprezzavo parecchio questo particolare  traguardo -.

Sembrava proprio che, oltre al rumore dei nostri passi, nulla avrebbe rotto il pacato - ed allo stesso tempo soffocante - tacere, come se la vita si fosse ritirata lì dentro e che, nel caso in cui ci avessimo anche solo provato, non saremmo riusciti a parlare.

Dopo quell'iniziale zittire completo che sembrava estendersi senza tregua e senza limiti alcuni, il casino giunse una volta aver superato l'ultimo gradino, il pianerottolo a seguire ed aver attraversato due porte di fila, mostrando un grosso dipartimento, buona parte di esso separato dai corridoi con delle barriere di metallo e vetro.

Vi era un costante via vai di gente, un trillare insistente di più telefoni - alcuni più acuti, altri un po' meno - ed un chiacchiericcio sommesso di persone che se ne stavano nei corridoi o direttamente quelle davanti alle lavagne bianche delle indagini.

Ci ritrovammo ad avanzare nel casino, io e Nat a seguire cautamente Nicho e Phil, intravedendo dopo un bel po' di destra e manca e di zigzagare tra la gente, le figure di Summer ed Alex.

La prima era seduta con in mano un bicchiere da caffè di quelli da Starbucks che riconosco poi essere, dopo esserci avvicinati abbastanza, un Caramel Java Chips Grande... Ed aveva i capelli raccolti in una crocchia disordinata - da cui sfuggivano molte più ciocche di quelle che erano trattenute, al vederlo, ma non è che fosse particolarmente importante, al momento - , il volto esausto con una cera non molto salutare e gli occhi un poco rossi, forse per il pianto, forse per l'essere stata sveglia un po' troppo.

Indossava una t-shirt a righe rosa e viola e dei leggins grigi strappati sulle ginocchia, il tutto accompagnato da stivali neri.

Il ragazzo invece aveva le mani unite tra di loro, quasi avvinghiate tra di loro, una espressione altrettanto sfatta e una cuffia nell'orecchio sinistro, la seconda della coppia che dondolava vagamente ad altezza del suo petto, coperto da una camicia rossa e blu a quadri slacciata ed una canottiera bianca, con i jeans al di sotto che venivano evidenziati dal lieve tic che le sue gambe mostravano momentaneamente, sbattendo contro il pavimento a ripetizione, senza un preciso ritmo, la catena attaccata alla cintura che tintinnava un poco.

Entrambi, al vederci, si rizzarono in piedi, Summer anche rischiando di versare il contenuto del suo bicchiere a terra per via del movimento affrettato e anche troppo netto dell'alzarsi, riuscendo ad evitare il disastro per un pelo, in pratica.

-Oh, hey. Già qui- asserì lei con tono nervoso, ticchettando le dita sul bordo del Caramel, cercando però di esibire un sorriso -Avete fatto presto-

"In realtà l'aereo era anche in ritardo di venti minuti, ma okay" pensai tra me e me "Ma forse intendeva 'avete fatto presto a decidere di tornare in città' e non la tempistica ad orario vero e proprio o simili "

-Non potevamo restare a New York sapendo una cosa del genere. Sembrava ingiusto - feci infatti, stringendomi nelle spalle, lasciando che Nat si sedesse dal lato destro della corvina e mettendomi io affianco a lei, con Philip e Nicholas subito dopo di me, lasciando noi sei seduti, le schiene contro il muro.

-Poco fa la Dottoressa Hosten se ne è andata- disse Alex con tono vagamente assonnato, cosa che mostrava palesemente anche con le occhiaie scure che gli circondavano lo sguardo -Tipo cinque minuti prima del vostro arrivo. Se foste arrivati leggermente un pochino in anticipo, la avreste incontrata -

-È andata a lavoro, immagino- commentò Nat a mezza voce - Deve essere piuttosto stressata tra il suo ruolo all'ospedale e sua figlia-

-Mah. Anche se lo fosse, risulta apparentemente fredda come un ghiacciolo all'apparenza, quindi non lo dimostra molto - asserì lui con un che di leggermente acido- E non mi stupirei se non lo fosse affatto-

-Esagerato- ribatté Summer, dandogli due schiaffetti delicati su una delle guance, ma abbastanza per strappargli un espressione irritata, cosa che per lei doveva essere una grande grossa e soddisfacente vittoria di cui gongolare ad oltranza -Potrà apparire fredda, ma dubito sia insensibile. Non verrebbe affatto al dipartimento se fosse questo il caso, ma nonostante gli impegni è una di quelle che viene di più in assoluto. Mi sembra che sia tutto il contrario del disinteresse come atteggiamento.-

-Okay, okay. - Alex alzò entrambe le mani in aria, un po' come per dire 'bandiera bianca della resa' - Era per dire, d'accordo? Non farla così lunga May. E basta schiaffi, grazie, sai che li odio- l'ultima frase strappò un leggero sorriso alla giovane.

May era il soprannome amoroso che Alex aveva dato a Summer, un po' per la conclusione del nome della corvina ed un po' perché lei era nata agli ultimi giorni di Maggio, precisamente il ventuno, un mese prima dell'inizio dell'estate.

Il discorso portò ad un breve istante di silenzio, istante in cui Summer riprese a sorseggiare il Frappuccino con lieve tentennanza, come se il suo buon umore le si fosse ritirato tutto in corpo come una molla, questo prima di sparire nel nulla.

La cosa portò Alex a scorrere il braccio sulla spalla della corvina, accarezzandola leggermente nel mentre che tirava un grosso, ennesimo sospiro.

Subito, al sentire dei passi in vicinanza, i quali si alzavano di volume e si potevano sentire nonostante il rumore caotico generale, non potei fare a meno di girare il capo verso il corridoio, ritrovandomi poi a guardare la persona che avevo sentito arrivare con lieve - ben più che lieve - stucco.

Perché? Beh, semplice. Era il mio psicologo.

-Cosa ci fa lui qui?- chiesi a bassa voce a Philip, inclinando un poco il capo, sentendo una strana sensazione espandersi lungo il mio stomaco ed in generale dappertutto in me.

-Quello è uno dei genitori di Anjelica McRose. O almeno, è il suo patrigno, direi.- rispose il biondo, assumendo un espressione confusa - Qualche problema, Lys?-

-Sì.- risposi all'istante -Qualche problema grosso-

- risposi all'istante -Qualche problema grosso-

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Ventiquattr'ore 2- SinsWhere stories live. Discover now