Capitolo 83- L'ironia

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È la quarta notte che passo senza dormire

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È la quarta notte che passo senza dormire.

Su sei giorni, i primi tre li avevo passati con l'ansia, l'acqua alla gola, i pensieri che mi ronzavano insistentemente nella testa senza lasciarmi un attimo di pace.

I due giorni seguenti ai tre in bianco avevo dormito, uno per davvero - forse per la stanchezza accumulata che mi aveva fatto finalmente cedere, nonostante il pressante nervosismo che aveva afferrato la mia mente anche quella notte, stringendola in una morsa d'acciaio - , il secondo ricevendo ricordi, quindi non ero sicuro di quanto benefico fosse stato come periodo notturno.

Ora sono tornato a non riuscire a chiudere occhio, non avendo neanche voglia di mettermi sdraiato per provarci seriamente, preferendo starmene seduto sul pavimento freddo come il ghiaccio, le gambe che premono forte contro al petto fino al punto tale che non mi stupirei se ci rimanessero gli aloni rossi a tracciarlo, la mia stessa mano che vaga sulla superficie metallica che mi attraversa il braccio con un che di meccanico, tracciando spirali sempre nella stessa direzione.

E sospiro. Spesso. Ho perso il conto di tutti i getti d'aria che mi sono sfuggiti dalle labbra, deglutendo a fatica in seguito, come se ogni cenno di saliva mi si incastrasse nella gola per perforarmela, neanche essa si trasformasse in un ago da un momento all'altro.

Mi tremano un po' le mani e le braccia, anche se cerco di ignorarlo.

Un po' come cerco di non pensare a come il mio piede batte a ripetizione sul pavimento di tanto in tanto, per poi bloccarsi e ricominciare, quasi in un limbo... E come mi battano i denti per il freddo.

Non mi stupirei se le mie labbra diventassero blu - a causa del gelo che sto provando, sia dovuto al suolo, sia alla sensazione interna di vuoto che mi sta mangiando il fegato - da un momento all'altro.

Il tempo sembra fermo, c'è un senso di ripetitività che mi da la nausea, ma nulla mi esce fuori.

Non le lacrime di frustrazione, di dolore, di affanno, non il vomito che sembra, in queste ore - sempre che siano ore e non semplici secondi che mi sembrano più lunghi, quasi eterni - costantemente pronto a scivolare fuori dalle mia bocca, salendo e scendendo nella mia gola, un altalenante e disgustosa presenza che non mi lascia da solo.

Pensavo di stare bene quando ho chiuso la porta in faccia alla castana.

Ci avevo perfino riso sopra per una decina di minuti, più o meno come all'esatta fine del discorso che mi aveva fatto, ma prima ancora che io me ne fossi reso davvero conto, ero finito nell'esatto punto dove sono ora, con diverse imprecazioni che mi navigavano per il cervello, le dita tra i capelli.

Non so se io sia più infastidito con lei per avermi illuso e ferito o con me stesso per averci creduto davvero, per aver dubitato così poco delle sue intenzioni e delle sue frasi, per l'essere stato un cretino ad esserci caduto ed averla difesa, pensando che dal lato controllo fosse nella mia stessa situazione.

In ogni caso, qualsiasi sia delle due a prevalere, il tutto nel suo insieme mi fa male. Mi fa molto male.

So che non dovrebbe, so che non ne vale più la pena, che non dovrei darle anche la soddisfazione di avermi mezzo affogato con una nuova ondata di emozioni negative.

So che tra le sofferenze della memoria ed il veleno delle sue parole, Anjelica è il dolore a cui dovrei dare meno importanza, ma questo non cambia ciò che provo in ogni caso, non rimuove neppure per un millimetro l'umiliazione che mi avviluppa dalla testa ai piedi, la voglia che ho di urlare, di calciare i mobili - praticamente solo il letto - in questa fottuta stanza, di ripartire da zero e cancellare tutto, pagina bianca.

Di riavviare la partita daccapo senza che io finisca per farmi incantare e rigirare così facilmente di nuovo.

Ecco. L'ironia. Siamo dentro un videogioco, ma ovviamente non capiterà mai una cosa del genere, non è minimamente fattibile. Almeno credo.

Un pensiero nella mia testa mi dice che, anche se ricominciassi per davvero, farei la stessa identica quantità di cazzate. Dice che cadrei, nuovamente perso ed ipnotizzato da quei falsi, grandi occhi da cerbiatto, ma la metto di lato e la soffoco a forza fino a spegnerla, costringendo soprattutto me stesso a lasciar stare e non iniziare a valutare quante cose avrei potuto cambiare, perché sennò so che finirei con l'aver voglia di prendere a sbattere la testa contro il muro per la vergogna.

Mi spingo dunque a fissare ancora una volta la piastrina, accarezzandone i bordi con lentezza estenuante, premendolo poi con più forza, siccome finisco con lo stritolarmi le mie stesse carni, sentendole bruciare.

Un fiotto di luce mi acceca la vista, proprio come il primo giorno ed annaspo come un pesce fuor d'acqua, cercando di trattenere la sorpresa e fissando il piccolo schermo nero, non trovandolo vuoto, né con la lucina rossa delle squadre, né con le opzioni.

Sullo schermo, infatti, è comparsa la scritta "Chi sei?".

Inizialmente sono perplesso, a fissare quelle parole con piena confusione, poi sentendo dentro come se mi stesse scimmiottando, perché anche se so il mio nome e mi ricordo di me stesso, non ho la più pallida idea di cosa dovrei rispondere.

Non ho idea del motivo, ma sento che se rispondessi 'Dylan' e basta, mi risponderebbe o con una di quelle vibrazioni fastidiose o con uno 'sbagliato' in stampatello.

Rimango dunque ad osservare quelle lettere che brillano sulla piastrina senza aprire bocca, senza più sfiorarla neanche con un dito, lasciandomi sfuggire un ennesimo sospiro e scuotendo la testa fino a farmi venire perfino un capogiro e percependo nuovamente il freddo che mi si infiltra negli abiti, il mio corpo scosso da fremiti sempre più insistenti nonostante sia finito con il raggomitolarmi ancora di più su me stesso per cercare il calore corporeo che dovrei avere, ma che non ho.

E per quanto io abbia un freddo quasi da ipotermia, per quanto inizi a sentire il desiderio di ficcarmi sotto le coperte il più in fretta possibile, le mie gambe sono così irrigidite che non mi sento capace di muoverle. Neppure un muscolo di esse. Come se fossi paralizzato, pronto a smettere perfino di respirare.

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Ventiquattr'ore 2- SinsWhere stories live. Discover now