Capitolo 50

1.5K 52 2
                                    

Non é Erik.

Mi faccio forza e alzo i tacchi per andarmene.

<<Mia aspetta>>

<<Cosa c'è che non si comprende dalle tue più che molteplici chiamate rifiutate?>> chiedo amareggiata con il mio solito sarcasmo <<Non voglio parlarti, vederti, ascoltarti... Nulla che sia con te!>>

<<No mia ascoltami>> avanza verso la luce dalla penombra. Il suo aspetto é trasandato. Gli é cresciuta la barba, le occhiaie sono marcate e i suoi occhi sono leggermente rossi. Se non lo conoscessi giurerei che ha pianto ma so che non é così, perché é Nate.

Il suo aspetto, vederlo così, tira fuori però in me il mio lato compassionevole, e così decido di ascoltarlo.

<<Hai pochi secondi, vedi di usarli bene>> sentenzio incrociando le braccia sul petto.

<<Mia... Da quando te ne sei andata la mia vita non ha più senso. Ho passato le prime due sere a piangere, le restanti ad ubriacarmi sperando di mandare via il dolore che sento nel petto da cinque giorni ormai>>

Sbuffo con aria di superiorità <<Bene, almeno sai cosa sto provando io da cinque giorni!>> sento l'acidità sulle mie parole.

<<Ho bisogno di te, perché tu mi rendi più forte, mi fai affrontare la vita in maniera diversa, la illumini di una luce che non ha neanche il sole. Con te avevo deciso di chiamare mio padre, e di dirgli cosa volevo fare veramente, ma avevo bisogno di ingraziarmelo, mostrandogli che farei di tutto affinché le nostre aziende vadano bene... E non ho pensato che stavo sacrificando la cosa più bella che mi sia mai successa nei ventisette anni della mia vita>>

Sono a bocca aperta. Questo cosa dovrebbe significare? Davvero pensa di venire qui, sputare qualche parola dolce probabilmente letta da internet, leggermente riadattata, e pensare che io cada ai suoi piedi di nuovo?

<<Mi hai usata!>> ringhio con le lacrime agli occhi. Vorrei poter non piangere di fronte a lui, mostrargli che sono forte, ma l'alcol che ho in circolo nel sangue mi sta facendo fare cose impulsive, come anche solo il fatto di decidere di ascoltarlo.

<<Mi dispiace Mia, non sai quanto. Ma io ho bisogno di te. All'inizio dovevo recitare, dovevo fingere di essermi innamorato perché altrimenti tu saresti scappata, e avevo bisogno di te per mandare a fanculo quello Smith. Ma poi mi sono veramente innamorato di te. Non ti ricordi la sera in cui abbiamo fatto l'amore?>>

Certo che la ricordo, come potrei dimenticare la notte più bella della mia vita.
Si avvicina mentre giro il volto di lato per nascondergli le lacrime. Sussulto al suo tocco sul mio viso. I suoi pollici che asciugano le mie lacrime, il suo respiro affannoso. Per un momento sembra che il dolore sia svanito, ma sarà questione di secondi prima che torni a farsi spazio nel mio petto.
Le sue mani grandi mi accarezzano, come se volessero accertarsi che non sia un miraggio.

Mi spinge contro un albero facendo si che mi ritrovi appoggiata con la schiena su di esso. Mi intrappola i polsi con le sue mani sopra la testa. Ansimo già perché questo é l'effetto che ha lui su di me. Mi bacia, con foga come non ha mai fatto prima. Qui non c'è più solo desiderio, passione, ce anche il dolore e la frustrazione di questi giorni. La sua lingua penetra in me avida. Mi cerca. Poco dopo si stacca ansimante, tirando il mio labbro inferiore tra i suoi denti, spostando i suoi baci sul collo mentre con una gamba si insinua tra le mie cosce per aprirle.

Ho il cervello in panne. Non capisco più niente.

<<Mia mi sei mancata>> ansima sul mio collo.

Ma cosa sto facendo? Non posso. Non posso dargliela vinta ogni volta. Non posso essere così debole. Mi ha ferita, mi ha usata, e si é preso gioco di me e dei miei sentimenti.

<<Nate fermati>> vorrei ordinare in modo perentorio ma esce più come un gemito.

<<Lo so che mi desideri>> sospira facendo scorrere le sue mani lungo i miei fianchi.

<<Nate fermati>> stavolta urlo spingendolo per le spalle. Cerco di ricompormi mentre anche lui ci prova, cercando di regolarizzare il respiro.

<<Cosa stiamo facendo?>> chiedo sul punto di un pianto.

<<Mia io ti amo, ti voglio, ti desidero. Non posso sopportare l'idea di averti lontana neanche per due secondi>> dice con la disperazione in volto.

<<Devi sposare Donna!>> sputo disgustata.

<<No! Donna non é nel contratto. Non lo é più da quando mio padre mi ha visto in questo stato e gli ho confessato di essermi innamorato. Ha fatto eliminare la postilla dal contratto dicendo che in fondo era un'operazione che avrebbe salvato più che altro la famiglia di lei, e che la nostra non aveva bisogno>>

Wow, queste si che sono notizie.
<<Ciò non toglie il fatto che mi hai usata come una marionetta, prendendoti gioco di me, e dei miei sentimenti!>>

<<Mia ti prego, l'ho fatto perché ero ancora sottomesso a mio padre>>

<<Non é una scusante. Hai ventisette anni, impara a farti valere Nate! Non potrai per sempre soccombere a lui. Se veramente vuoi cambiare tira fuori le palle e parla con lui>>

<<Ho bisogno di te per farlo>> mormora.

<<Potrai farlo benissimo da solo>> dico con il dolore nel petto che inizia a riemergere.

<<No, Mia... Tu mi dai la forza>>

<<Io...>> sospiro con le lacrime agli occhi <<Io devo andare>> e corro verso il padiglione per salutare tutti prima della mia partenza.

Cerco di ricompormi, ed entro nel salone. Intercetto Ben e Mia e vado a salutarli. Li abbraccio più forte che mai.

<<Ragazzi vi auguro la felicità assoluta. Ve la meritate>> esclamo trattenendo le lacrime.

<<Grazie, Mia>> dice Dee.
<<Buon viaggio>> mi augura Ben <<e chiama quando arrivi!>>

<<Ma certo>> rispondo io sorridendo.

Li saluto con un ultimo abbraccio per trovare i miei genitori <<È troppo presto>> singhiozza mia mamma.

<<Mamma...>> sospiro <<Ho ventiquattro anni>> esclamo cercando di sorridere per tirarle su il morale <<E poi é ciò di cui ho bisogno>> ammetto.

<<Lo so>> mi abbraccia forte mia mamma, lasciandomi poi ai saluti di papà.

<<Tesoro mio, ti ho sempre supportata e sempre lo farò. Per favore, abbi cura di te stessa, amati, sempre, incondizionatamente, e dimostra al mondo quanto vali>> non ho mai visto papà con gli occhi lucidi. Eppure eccolo qui, di fronte a me.

Lo abbraccio forte <<Sempre papà>> esclamo.

Mi volto verso tutti un'ultima volta e chiamo un taxi per tornare a casa, recuperare le valigie e andarmene per sempre da Sanibel Island. Un posto pieno di ricordi, ma ora, un posto troppo pieno di dolore e di rischi di incontri spiacevoli.

ROCK ME BABYWhere stories live. Discover now