NEW | Capitolo 55

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Il cameriere ci indica il tavolo, in un angolino privato, con una candela al centro del tavolo.

È un posto molto intimo in cui prenotare, per solo due amici, ma staremo a vedere.

Quando ci sediamo Erik ordina subito una bottiglia di Chardonnay, e non so come dirgli che non posso bere, perché nonostante io non abbia ancora realizzato la mia situazione a pieno, voglio essere una buona e brava mamma.

<<Emh... Stasera io non bevo, ti ringrazio ma non sto proprio benissimo con lo stomaco e vorrei evitare alcolici>> gli sorrido, inventando prontamente una scusa un po' banale.

<<D'accordo, allora un calice di Chardonnay e una bottiglia d'acqua...>>

<<Naturale grazie>> concludo verso il cameriere che attende l'ordine con un braccio piegato di fronte al suo petto, al quale é appeso un panno.

Quando il cameriere se ne va, mi chiede <<Sei sicura di voler mangiare qui allora? Se hai male allo stomaco possiamo pensare a qualche altro posto>>

Sembra sinceramente preoccupato
<<No, va benissimo qui, cerco solo di stare attenta al bere>> inspiro.

<<Ah, ho capito. Di chi é?>>

Lo guardo strabuzzando gli occhi <<Cosa?!>> mandando di traverso l'acqua che nel frattempo il cameriere aveva portato al tavolo.

<<Sei tutta nervosa, non vuoi bere, e inventi una scusa un po' banale. Devi per forza essere incinta, e la tua reazione quasi conferma la mia ipotesi. Allora, di chi é?>> conclude sorseggiando lo Chardonnay.

<<E menomale che dicevi fare controllare i sensori...>> sospiro sorridendo.

<<É di Nate, hai presente quello che mi ha raggiunta in Equador, l'uomo di cui mi sono innamorata perdutamente e che mi ha spezzato il cuore? É suo.>>

<<E lui cosa ne pensa?>>

<<Scherzi? Non lo sa!>> ammetto a bassa voce come se fosse un reato non avergli detto che starà per diventare padre.

<<Mia! Solo perché ignori un problema non vuol dire che poi sparirà!>> mi rimprovera.

<<Lo so, ma l'ho lasciato. Come pensi che risulterebbe se ad un certo punto spuntassi fuori e dicessi "Hey stai per diventare padre!">> Bevo un sorso d'acqua poi mi accarezzo la pancia <<sarò una brava mamma anche da sola>>

<<Ne sono convinto>> risponde sincero sorridendomi.

<<Dai cambiamo discorso, la mia piccola si sente al centro dell'attenzione>> rido.

<<Sai già il sesso?>>

<<No, è troppo presto. Solo che se la immagino, la immagino femmina>> ammetto sorridente.

<<Sarà una bimba fantastica>> commenta a sua volta sorridendo.

<<Quindi... Non hai intenzione di tornare con Nate?>>

<<Non credo, e poi ora sono qui, e se il negozio dovesse andare bene rimarrei a Londra. Nate è un capitolo chiuso>>

<<Bene>> sospira, sorseggiando poi dal calice di Chardonnay.

Bene?! Cosa mi devo aspettare da questa serata?

Continuiamo a chiacchierare, mangiare cibi deliziosi, e ridere di pancia come non mi succedeva da un po', fino a che non arriva il momento del conto.

<<Erik...>> azzardo.

<<No, non ci provare! Ti ho invitata io, offro io!>> dice passando la carta di credito nelle mani del cameriere.

<<Grazie>>

<<Figurati, era da tanto che non passavo una serata così bella>> ammette.

Io sorrido. Mi viene in mente la serata che abbiamo passato in Ecuador e come è finita...  Quasi mi viene da sorridere.

Usciti dal ristorante ho come la sensazione di non voler fare finire la serata. Per la prima volta dopo troppo vedo una faccia conosciuta, e non voglio che finisca qui.

<<Ti accompagno a casa?>> mi chiede.

<<No... Cioè... Non c'è qualche altro posto sensazionale dove puoi portarmi?>>

Mi guarda negli occhi. Poi una scintilla di emozione vi passa attraverso e mi dice <<Si, vieni>> e mi prende per mano.

<<Non dista molto>> aggiunge.

Arriviamo, letteralmente tre minuti dopo, in un giardinetto lungo il fiume, molto bello, con un cancello d'accesso in ferro battuto, tutto adornato da rose bianche rampicanti.

Erik tira fuori dalla tasca un paio di chiavi e lo apre. Entriamo.

Il vialetto è composto da sassolini bianchi di varie forme, delimitato da faretti led incastonati nel terreno. Tutt'attorno piante di ogni tipo, anche un salice piangente.

E poi... Eccola lì. L'ottava meraviglia del mondo. Una serra di vetro. Una serra enorme. Una villa di ghiaccio per piante... O almeno quello che credevo prima che arrivassimo all'ingresso.

<<Benvenuta a casa mia>>

Cosa?! Sono incredula!

<<Tu vivi qui??>> chiedo con lo stupore che mi attraversa la faccia.

<<Si, quando vengo a Londra è qui che vivo>>

All'interno gli arredamenti sono tutti in acciaio, ricordano quasi una sala operatoria, e lo stile è industrial, con le luminarie che sono essenzialmente bulbi di lampadine contornati da fil di ferro plasmato in arte.

Il divano, il letto, sono in pelle bordeaux, e le tende di seta rossa.

<<Ti piace?>>

Sorrido <<Mi chiedi se mi piace?? Lo adoro>>

<<E non hai ancora visto niente>> annuncia, prendendomi per mano.

Ci addentriamo in casa sua fino ad arrivare all'angolo opposto all'ingresso, metri e metri più avanti, tanto che ad un certo punto ho sperato ci fossero quelle pedane che facilitano i movimenti in aeroporto, trovandomi di fronte a rocce, pure rocce nere, sulle quali scorreva acqua che cadeva sotto forma di cascata in una piscina interna che fumava. Doveva essere caldissima l'acqua.

<<Vuoi scherzare?>> chiedo, quasi senza parole. Sono innamorata... Non di lui, dell'appartamento.

<<Ho sempre avuto una passione per l'architettura e l'interior design, così ho combinato il tutto con la botanica, ed eccoci qui...>>

<<È stupendo>> dico continuando a guardarmi in torno.

<<Grazie>> mi sorride, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Io abbasso lo sguardo, sentendomi arrossire.

<<Vuoi qualcosa da bere?>>

<<No, grazie, preferirei piuttosto fare un bagno in questa piscina>> esclamo guardando l'acqua invitante che immagino calmare i miei piedi dolenti.

<<Tutta tua>>

<<Mi aiuti a slacciare la zip?>> chiedo sollevando i capelli dalla schiena.

Sospira, non proferisce parola e si avvicina. Sento il calore del suo corpo, e le sue mani slacciarmi lentamente la cerniera del vestito.

<<Fatto>> sussurra, lasciandomi un bacio alla base dell'orecchio. Brividi mi percorrono la colonna vertebrale. Un altro alla base del collo, poi un altro sulla schiena, proprio sulla spina dorsale.

Mi giro, lascio cadere il vestito, e con uno sguardo che non ha bisogno di parole ad accompagnarlo entro in acqua, mentre tra il vapore che si fa più intenso man mano che scendo i gradini, vedo Erik sbottonarsi la camicia in fretta.

Forse Lindsay aveva ragione, domani mattina la ringrazierò... .

ROCK ME BABYWhere stories live. Discover now