29.

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Taehyung digitò lentamente, senza forze, scrivendo la riga successiva della frase che aveva immaginato nella sua testa. Il paragrafo era rimasto incompiuto. Le sue idee erano troppo disperse; la sua mente era assente, era da qualche altra parte, molto, molto lontana dall'ufficio. Voleva solo stare a letto tutto il giorno e mangiare gelato senza pensare ai suoi problemi.

Si sentiva come un disastro che cadeva a pezzi da venerdì scorso.

Gli ci vollero quindici minuti per riprendersi, in macchina con Daeho. Jimin era ancora in giro e quando sentì tutto quel clamore, arrivò immediatamente in aiuto. Recuperò lentamente il ritmo del respiro mentre afferrava la maglietta del suo migliore amico con una mano e con l'altra la mano del suo fidanzato. E quando finalmente riprese fiato, Taehyung iniziò a piangere in modo incontrollabile, innumerevoli lacrime gli cadevano dagli occhi, spaventato a morte perché l'aria non passava per la gola.

Nessuno degli altri uomini seppe cosa fare. Aspettarono e parlarono con lui fino a quando non si fermò. È colpa di tutto il lavoro eccessivo disse Jimin, probabilmente non era a conoscenza di quanto avesse lavorato e di come l'esaurimento avesse finalmente preso il sopravvento sul suo migliore amico condannato. Era una diagnosi provvisoria, niente di troppo certo che avrebbe fatto suonare un allarme.

Daeho non fece alcuna domanda finché non furono tornati a casa di Taehyung. Si era offerto di portarlo in ospedale ma il più giovane gli aveva assicurato che non c'era nulla di cui preoccuparsi, niente che una buona notte di riposo non avrebbe risolto. Quelle parole lo calmarono momentaneamente ma non del tutto, rimase per la notte e abbracciò Taehyung stretto al petto fino a quando non si addormentò tenendolo tra le braccia.

Taehyung non dormì fino a qualche ora dopo, insopportabilmente consapevole di tutto. Ogni suono, ogni movimento, ogni pensiero erano pezzi di vetro in frantumi che circondavano il suo corpo, puntati contro di lui da ogni angolazione e, ogni volta che si voltava o respirava troppo profondamente, quei pezzi taglienti e distrutti si inchiodavano nella pelle come coltelli.

I suoi pensieri lo rodevano; la sua stessa mente stava sabotando il suo cuore malato cercando di costringerlo fino a quando i suoi battiti indeboliti cessarono. Quell'insonnia avvelenata era la peggiore che avesse mai affrontato, dolorosamente silenziosa, sofferta in un'abnegazione assordante. Voleva prendere il telefono, le chiavi della macchina e fare qualcosa di folle e stupido, qualcosa di cui non era sicuro e di cui si sarebbe pentito per le giuste ragioni.

Ma non lo fece. Rimase a letto finché le sue palpebre non furono troppo pesanti per tenerle aperte.

Non aveva osato parlare con Jeongguk, nemmeno l'artista lo aveva raggiunto. Era un tacito accordo reciproco per cui nessuno di loro aveva veramente firmato.

Lunedì non andò a lavorare perché non si sentiva bene.

Poi martedì, quando entrò in ufficio, fu accolto da un centinaio di applausi, tutti si congratulavano con lui per l'incredibile lavoro che aveva svolto. Non ebbe altra scelta che sorridere e fingere che il suo interno non stesse cadendo a pezzi ogni secondo che passava.

Andò a lavorare quella settimana perché aveva bisogno di pensare a qualcos'altro.

La settimana successiva le cose sarebbero dovute migliorare, ci sperava, dopo una settimana monotona e un weekend noiosi  passati da solo.

Pochi giorni dopo, il dolore era tollerabile come una spina di rosa, invisibile agli altri, quasi impercettibile ma era lì, sepolta da qualche parte nel suo petto.

Adesso era giovedì, le cose dovevano andare meglio; avrebbe dovuto cominciare a ricomporsi mattone per mattone.

Fino a quando Jiwoo non bussò alla porta del suo ufficio.

𝒯𝒽𝑒 𝐵𝑜𝓀𝑒𝒽 𝐸𝒻𝒻𝑒𝒸𝓉 | VKOOK (Traduzione Italiana)Where stories live. Discover now