Drew

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Né Kyla né Drew accennano a dire una sola parola. È Drew a rompere il silenzio –Okay, non mi guardi così.-

-Sei scappato dalla clinica di riabilitazione, Andrew.-

-Tecnicamente la mia era un'impresa di salvataggio.

Prima che Joseph sparisse, mi è accaduta una di quelle esperienze che vengono definite sovrannaturali. Oliver, come un messaggero di disgrazia, è venuto a farmi visita. Ha chiesto esclusivamente di me.

"Ti va se andiamo a fare due chiacchiere in giardino?"

Si è presentato come un frequentatore abituale di ospedali e drogati. Elsa mi aveva accennato il tipo, ma non avevo dato valore ai suoi avvertimenti fin quando non me lo sono visto davanti. Oliver mi dà l'impressione di una persona che può cambiare personalità perché non ne ha una, o non gli conviene averla.

Non mi avrebbe ammaliato. Qualunque cosa sarebbe uscita dalla sua bocca, sarebbe stata contraddetta dallo sguardo. Sembrava avere consapevolezza di ciò, quindi non ci ha provato minimamente.

Il giardino era curato e in ordine come lui. Volevo ficcare la testa nelle spine delle rose e graffiarmi la faccia.

Ho notato che nella tasca del suo capotto c'era una grinza, come se ci avesse riposto qualcosa di troppo grande. Produceva uno scricchiolio fastidioso ad ogni passo.

"Che cosa vuoi?"

"Niente in particolare. Mi premeva avvisarti, per correttezza, che sto indagando sul tuo conto. Non sono sfacciato, ma sincero e trasparente. Non sarebbe giusto se lo facessi a tua insaputa."

Al suo sorriso sbiadito e cucito senza grazia mi sono sentito sfilare la terra sotto i piedi.

"Sono sicuro che sei la ragione per cui Ed è morto. Dalle 20:00, non hai un alibi. Dici che sei rimasto chiuso in camera con Elsa: ma se non fosse la verità?"

"Lo è!"

"Bene, lo è. Tu ed Elsa vi siete messi d'accordo per rubare le videocassette di Theodore, avete organizzato il piano in accordo con Joseph e Loren e siete andati fuori scuola. Perché ti sei allontanato? Che senso avrebbe avuto? Vuoi farmi credere che ti abbia chiamato tua madre? Eppure, io sono convinto che è in quella telefonata a risiedere la risoluzione dell'imbroglio."

"Era mia madre."

"Oh, certo, e tua madre ti avrebbe chiamato da una cabina telefonica? Dai tabulati del tuo telefono, risulta che la chiamata in entrata di quella sera proveniva proprio da una cabina telefonica."

"Era fuori casa con il telefono scarico."

"Era fuori casa, ma hai detto che era preoccupata per te e voleva che tornassi proprio a casa."

"Sapeva fossi da Elsa."

"Mi suona strano comunque."

"Non è un problema mio."

"Oh, sì che lo è."

Ha poggiato un polpastrello sulla spina di una rosa, ha spinto e una gocciolina di sangue gli è colata tra le dita.

"Sono i dettagli a fare la differenza."

Mi ha infastidito perché era convinto di sorprendermi.

"Ascolta, Oliver" ho incastrato il braccio nel cespuglio di rose, le spine mi hanno attraversato fino al gomito "non sono intimorito da te, né ti ritengo capace di arrivare a una qualunque verità" ho estratto il braccio e, sanguinante, l'ho afferrato per il collo del maglione bianco "ma sappi che se continui a rompermi il cazzo, ti faccio fare la stessa fine dell'amico tuo."

È rimasto impassibile, quando l'ho lasciato si è sistemato il cappotto "Sono i dettagli a fare la differenza" ha insistito e se n'è andato schizzato di sangue.-

-E poi?-

-E poi non l'ho più visto. Dopo un giorno, cinque minuti prima la fine dell'orario delle visite, Elsa si è scapicollata da me e Zoe per avvertirci che avremmo dovuto eludere la vigilanza e scappare, ad ogni costo: ne valeva la vita di Joseph.

Io e la mia compagna ci siamo rintanati in stanza sovrappensiero.

Quel diversivo ci offriva la possibilità di evitare l'imbarazzante discorso del bacio. Non che me ne sia pentito, ma le cose sono già abbastanza complicate, non vorrei aggiungerci il carico da novanta.

"Se non vuoi venire ti capisco, non hai nulla da condividere con Joseph. Io, però, devo andare. Non posso lasciarlo solo, non ancora una volta."

"Se non ci fosse una motivazione abbastanza valida, Elsa non ci avrebbe chiesto di mettere a repentaglio il nostro percorso di riabilitazione. Verrò, non tanto per Joseph, ma per te. E anche perché ho paura, non voglio dormire da sola" ha borbottato, con un certo orgoglio.

Abbiamo preparato due zaini e siamo saltati fuori dalla finestra.

Siamo stati fortunati: era martedì e il martedì sera un camion portava il rifornimento di cibo e carta igienica per l'intera settimana. Siamo riusciti a intrufolarci nel retro.

Zoe era agitatissima.

"Calmati" le ho sussurrato, nascosto dietro le casse di pane vuote.

"Come faccio a calmarmi? La cosa più illegale che ho fatto è stata rubare dieci centesimi dal portafogli di mio padre."

"Rimedieremo a questa tua inesperienza, per ora stai giù."

Le ho abbassato la testa perché stava entrando qualcuno a controllare che le merci fossero state scaricate correttamente. La vettura è partita, abbiamo aspettato che si allontanasse di circa cinquecento metri e poi, approfittando della diminuzione di accelerazione, ci siamo gettati sull'asfalto.

Zoe ne è uscita con qualche graffio, è carina come sempre.

Dopo aver ricevuto il biglietto a casa di Oliver, l'ho aperto con perplessità.

"Ciao Drew,
quando leggerai questa lettera, io starò rischiando la vita e tu sarai una delle poche persone in grado di trovarmi. Ti prego di dimostrare l'affetto che provi per me e di salvarmi. Se dovessi morire, tu saresti il più colpevole: mi hai già spinto a tentare il suicidio.

Mi trovo dove quel fallito di Marco Polo non aveva oro da scambiare con l'imperatore cinese."

Ammetto di non esserci arrivato immediatamente. Mi sono seduto sotto la pensilina dell'autobus con Zoe, che intanto procrastinava il compito di aprire la sua busta. Ho posato la testa sulla sua spalla e ho chiuso gli occhi, solo dopo è arrivata l'illuminazione.

Ho chiamato un taxi, l'ho fatto dirigere in tangenziale e fermare a un posto di blocco.

Mi aveva condotto là dove Elsa era riuscita a salvarmi, immolando la sua collana d'oro come pegno del mio debito con gli strozzini.

Lui non c'era, al suo posto sul cemento brillava la vernice fosforescente di un graffito.

"Ti ho mentito, ma sbrigati ad arrivare a questo indirizzo prima che muoia."

Sotto il messaggio, in una grafia più piccola, era segnato il nome di una strada. Ho fatto una breve ricerca su Google Maps e mi sono reso conto che era lontana di circa venti chilometri.

Ero talmente agitato che non pensavo neppure all'eroina. Il terrore disperato che lui si stesse per ammazzare mi annullava: era questo il suo intento.

Al secondo tassista accorso alla mia chiamata, ho urlato euforicamente di sbrigarsi.-

Profilo Instagram: @dreweevans

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