Elsa✔️

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Fedeli al duro accordo
non ci cerchiamo più

Così i bambini giocano
a non ridere per primi
guardandosi negli occhi
e alcuni sono così bravi
che diventano tristi
per la vita intera

Michele Mari; Cento poesie d'amore a Ladyhawake

-Avrai notato l'aria pesante che c'è qui a scuola da qualche giorno. I professori si sono ritirati in riunione, tra noi studenti c'è così tanta tensione che potrei tagliarla col coltello.-

-Lo so, c'ero anch'io alla riunione. Sono a conoscenza di ciò che è successo, Elsa. Tu non mi sembri avere un ruolo importante in questa storia.-

-E invece ne faccio parte, per cui posso raccontarti le vicende nei minimi dettagli.

Tutto si è svolto la sera della cena di beneficenza a cui avrei partecipato assieme alla mia famiglia. Se ricordi avevo accennato che ci sarebbero stati gli Evans, con Drew. Si apprestava ad essere la solita serata noiosa.

Dana, la fidanzata di mio padre, si aggirava estasiata per casa con il suo abito iper-costoso. Cercava di attaccare bottone con me, chiedendomi cosa avrei indossato, come mi sarei truccata e come avrei acconciato i capelli. Mi sono dovuta sorbire questa felicità immotivata per tutte le ore antecedenti alla cena.

L'unica fortuna? Jake. Ho iniziato a parlare con lui da quando mi ha difesa in palestra. Non che ne avessi bisogno, non mi interessa essere protetta, e gliel'ho detto. Il primo messaggio che gli ho mandato su Instagram è stato "Non permetterti mai più di ficcare il naso nei cazzi miei". La sua risposta? Un selfie con una faccia fintamente afflitta e un audio in cui mi "supplicava umilmente di scusarlo". Non so come ci sia riuscito, ma ha monopolizzato la mia attenzione.

Siamo stati accompagnati in macchina dal nostro autista privato. La location era lussuosa come immaginavo: la cena si sarebbe svolta sul terrazzo di un palazzo ottocentesco costruito nel cuore della città. Sui tavoli c'erano delle targhette in argento con incisi i cognomi degli invitati. Il tavolo al centro della sala era contrassegnato da due nomi: Bianco ed Evans. Io e Drew ci saremmo seduti vicini.

Il fatto che mi sentissi fuori posto non è rilevante: ho sempre questa impressione di essere sbagliata, in ogni contesto c'è qualcosa di me che stride con l'armonia di chi mi sta intorno. Forse è questo che una volta mi faceva sentire in sintonia con lui.

Almeno è ciò che ho pensato quando l'ho visto: ha provato a mettersi una camicia e un pantalone elegante, ma era intuibile quanto fosse inadatto. I tatuaggi erano coperti dalla stoffa, i piercing brillavano sul suo sopracciglio e lo avevano chiaramente costretto a sfilarsi la maggior parte degli orecchini.

Ci siamo seduti una difronte all'altro, i nostri genitori parlavano. Mi è bastato guardarlo negli occhi per capire che desiderava scappare lontano da lì. E se non ci fosse stato tutto questo casino tra di noi gli avrei preso la mano e sarei sgattaiolata via con lui, come ai vecchi tempi.

Nessuno dei due interruppe il contatto visivo. Anche se lo volevo, non ci riuscivo. Gli occhi azzurri di Drew erano contornati da ombre violette, come se qualcuno lo avesse toccato con le dita sporche. Erano la sua prerogativa, potevano levargli orecchini, piercing, collari, ma le ombre color porpora rimanevano lì. Non ha mai dormito abbastanza.

Ha sollevato l'angolo della bocca e mi ha sorriso. Isabelle, sua madre, parlava animatamente con Dana. Aveva in mano un blister arancione e lo agitava ogni qual volta che rideva, picchiettava il medio inanellato sulla plastica e strusciava l'orecchio sulla spalla di suo marito Thomas. Drew ha sorriso ancora di più, ha incastrato la lingua in un molare e ha trattenuto una risata. Thomas ha preso il blister dalle mani di Isabelle, ha girato il tappo e ha rovesciato sul palmo una pillola. L'ha porta alla moglie, che se l'è infilata in bocca e l'ha mandata giù con un sorso di vino bianco.

StayWhere stories live. Discover now