Ed✔️

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S'i' fosse foco, arderei 'l mondo;
s'i' fosse vento, lo tempesterei;
s'i' fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i' fosse Dio, mandereil'en profondo
Cecco Angiolieri

-Il fuoco mi affascina per la sua generosa offerta di rinascita. Ciò che viene bruciato è destinato a ricomporsi dalle ceneri, in un processo di palingenesi circolare.

Non è una mania, ma uno stato perpetuo del mio essere. Io mi brucio violentemente ogni frazione di secondo e sto bene.

Stavo bene anche quando Zoe mi ha urlato contro come se fosse impossessata dal demonio. Sono andato da lei per trascorrere del tempo insieme, la madre mi ha aperto la porta e mi ha invitato a entrare. Zoe era seduta difronte la televisione, in salotto, al fianco di suo padre. Probabilmente era una tranquilla serata in famiglia, una di quelle da cui lei voleva sempre scappare.

Ha spalancato gli occhi e ha stretto i pugni talmente forte da conficcarsi le unghie nei palmi.

"Tesoro, c'è Edward, il tuo amico" ha cinguettato la madre, rientrando nel salone.

Zoe si è alzata, ha afferrato il posacenere in vetro sul tavolo e me l'ha lanciato addosso. Mi sono abbassato per evitare il trauma cranico. Ha spalancato la bocca e mi ha lacerato le orecchie con un grido pieno di rabbia.

"Come osi presentarti qui?! Verme schifoso, figlio di puttana, stronzo! Devi vergognarti, se non te ne vai ti levo dalla faccia della Terra con le mie mani!" queste e altre simpatiche parole mi furono rivolte mentre si scagliava furiosa su di me. Mi ha afferrato i capelli, mi ha morso il braccio, mi ha lanciato contro ogni tipo di oggetti. A un certo punto ho visto una pioggia di piatti, telecomandi, scarpe, sedie. Stava avendo un altro crollo di nervi, contorceva le labbra bluastre e affiggeva la testa nel muro.

Sono scappato e mi sono accorto di aver ricevuto un messaggio da qualche minuto.

"Io ti consiglierei di non farti vedere da Zoe per un bel po'".

Lo aveva inviato Loren. Me lo aspettavo, non mi sono fidato di lei, è che ha un magnetismo simile a cui non è possibile resistere.

Dovevo sfogarmi e l'unico modo che conoscevo era andare in palestra. Avrei evitato questa soluzione se avessi saputo di incontrare Drew. Stava discutendo con l'allenatore che faceva le veci del proprietario. Mi sono nascosto per ascoltare.

"Sono in grado di affrontare un altro incontro. So che ho fatto fatica a vincere la scorsa volta, ma non potete scaricarmi... sto avendo dei problemi, ho detto che li risolverò... dovete stare tranquilli, vi farò vincere le scommesse, potete contare su di me... Edward Johnson non sarà un problema."

Erano quelle le promesse che faceva in vista del nostro incontro. Nel giro di qualche mese avevo catturato su di me l'attenzione degli scommettitori, portavo a casa la vittoria ad ogni incontro ed ero diventato una star. Il ring era il mio palco.

Ho aspettato che uscisse, quando mi ha visto non ha detto una parola. Il suo viso era stravolto e pallido, aveva gli zigomi segnati da due occhiaie viola.

"E tu pensi di battermi, non hai visto come sei ridotto?" gli ho domandato con una semplicità fastidiosa. Ha continuato a camminare senza rispondermi, gli ho preso il polso "Ti distruggerò, Andrew. Spazzerò via quello che hai cercato di costruire. Tutti si accorgeranno quanto vali davvero, smetteranno di amarti e rimarrai solo. Sarà questo il modo in cui morirai: senza gloria e senza amici. Ci sarà solo il tuo vizietto che ti porterà alla rovina."

Si è girato e mi ha tirato un pugno, ho evitato di contraccambiare e gli ho permesso di andare via. Avrei avuto le mie soddisfazioni in un altro momento. Io so aspettare, prima o poi sarà il destino a servirti su un piatto d'argento l'ultima portata. Drew aprirà le porte del mio passato e si siederà accanto a mostri ben peggiori che ho già sconfitto.-

-A quali mostri accenni? Edward, cosa ne dici di riprendere il discorso dell'ultima volta. Mi parlavi di un certo Mitchell. Vorrei che tu sapessi che qui sei al sicuro.-

-So di essere al sicuro, Mitchell non c'è più e, anche se ci fosse, non mi farebbe niente. Io non ho paura, non ne avevo quando le fiamme se lo sono mangiato, quando il bambino accanto a me mi ha preso la mano.

"Oliver, che facciamo?"

Correvamo lontano dall'incendio, ricordo le sue dita gelide, le gambe più veloci delle mie, i rami taglienti contro le ginocchia, l'erba incolta fino ai petti.

"Torniamo a casa e non ne parliamo con nessuno."

Era sera e la casa di Mitchell risplendeva come una fiaccola. L'immensa campagna assorbiva il nostro segreto. Ai nostri genitori avremmo detto che ci eravamo allontanati per giocare. Ci avrebbero picchiati perché non ci era consentito assentarci per così tanto tempo. Avevamo otto anni, Oliver si comportava come se ne avesse dieci in più.

"Lo abbiamo ucciso?"

"Non è colpa nostra, la sigaretta è caduta dal posacenere. La tenda ha preso fuoco immediatamente. Eravamo spaventati. È stato così veloce... le case hanno pessime fondamenta e lo scheletro è di legno... di legno, puoi immaginare quanto si sia divampato in fretta l'incendio?" Oliver si voltò dalla parte opposta della fiaccola. Aveva i ricci ancora legati col codino. Mitchell glieli acconciava così perché sembrava una ragazzina.

Ci eravamo incontrati spesso a casa di Mitchell. Ci considerava i suoi amici speciali. Lo siamo stati per due anni, forse Oliver prima di me, perché ostentava più confidenza e intimità. Siamo stati capaci di non riparlarne mai più. Avevamo otto anni e il passato cancellato. Si appurò che l'incendio fosse scoppiato per una disattenzione: Mitchell aveva lasciato una sigaretta accesa, il vento aveva gonfiato le tende e la vampa si era diramata anche al secondo piano.

Ma l'immagine è ancora vivida nella mia mente. Mitchell appiattito su di me, Oliver che si rialza da terra con un rivolo di sangue dal naso. Sveniva spesso in quelle condizioni. Sangue e sonno, sangue e sonno. Il mozzicone della sigaretta acceso nel posacenere, lui che lo avvicina alla tenda, i lapilli di cenere che infuocano la stoffa.-

Profilo Instagram:
@edwarddjohnson

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