Zoe✔️

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-Giuri solennemente di mantenere il segreto professionale e di non dire a nessuno, neppure sotto tortura, che sono venuta qui oggi. Pena: l'eterna dannazione della sua anima.-

La biondina è seduta compostamente, ha le mani incrociate sul grembo, le maniche svolazzanti della camicetta rosa ricadono sulle cosce sottili. Il nasino all'insù e gli occhi chiari addolciscono ancora di più il viso che mostra un'insicura superbia.

Theodore nasconde un sorriso, ma fa partire la registrazione.

-Non c'è niente di cui preoccuparsi, non dirò nulla. La registrazione è solo una formalità per potermi ricordare dei miei pazienti. Come mai sei così spaventata dal fatto che qualcuno possa scoprire che vai dallo psicologo?-

-E' un segno di insicurezza. Io non sono insicura, non vorrei che pensassero male. Mi covo dentro delle cose che non so a chi confessare. Ti abitui ad accantonare i tuoi problemi, dimentichi la loro esistenza e rimane quel senso di amarezza di cui non conosci il motivo.

Sveglia alle cinque del mattino, yoga e scuola. Il lunedì equitazione, martedì lezioni di pianoforte, mercoledì il corso di cinese, giovedì e venerdì palestra, sabato i compiti per la settimana successiva, domenica pranzo in famiglia. La mia vita è così piena che a volte dimentico di respirare. Ci sono giorni in cui non riesco ad alzarmi dal letto e mi ammalo di malinconia. Confesso che lo scorso mese, pur di avere la settimana libera, ho fatto una doccia gelata e sono uscita nuda in terrazzo. Mi sono beccata una febbre a quaranta che mi ha permesso di rimanere ferma. E sa che cosa ho scoperto? Che non avrei dovuto farlo mai più, che se mi fermo sono spacciata, che se mi metto a pensare finirò per buttarmi di sotto.-

-Pensare costituisce un problema?-

-Sì, se non riesco a controllarlo. Il mondo non mi aspetta e l'unica cosa che riesco a supervisionare è il mio corpo. Mi sento sicura quando mi pongo degli obiettivi e li raggiungo. Guardo il numero sulla bilancia scendere e mi sento in pace. Le gambe diventano più toniche, il ventre più piatto, il sorriso più luminoso.-

-Quante volte ti pesi?-

-Quante ne sono necessarie. Prima e dopo i pasti. So che può sembrare eccessivo, ma è l'unico modo di essere certa che vada bene. Quando mangio sento che il mondo potrebbe implodere, accartocciarsi su se stesso, smettere di esistere.

Non so come sia arrivata a questo punto, è che sto cadendo a pezzi.

Mi piace apparire come quella perfetta, saccente e superba. Voglio essere la prima della classe, ottenere ciò che voglio: non importa quanto dovrò soffrire, quanto dovrò sacrificarmi per arrivare in cima.-

-Se continuerai a reprimerti in questo modo scoppierai. Questi sono i sintomi iniziali di qualcosa che potrebbe rivelarsi fatale. Prova a parlarne con i tuoi genitori.-

-Cosa potrei dire? I miei sono troppo perfetti per capire, credono che lo sia anche io. Odio vivere nella famiglia del mulino bianco, a volte vorrei che ci succedesse qualcosa di brutto solo per vederli piangere o litigare. E' snervante sentirsi l'unica sbagliata. Mio padre ama schifosamente tanto mia madre, mi hanno iscritta a questa scuola pensando che mi garantisse un futuro brillante. Lui professore di matematica che crede ciecamente nelle mie doti naturali; lei casalinga che ha come unico pensiero quello di farmi trovare per pranzo un pollo con patate da Forchetta d'oro. So che molti ragazzi della mia età ucciderebbero per condurre la mia vita, ma io mi sento fuori posto.-

-Da fuori non si direbbe.-

-A volte mi piacerebbe manifestarlo senza preoccuparmi di ciò che penserebbero gli altri. Sicuramente sa cosa ha fatto quella ragazza, Elsa Bianco. Non ci ho mai parlato e credo che se ci provassi, mi disprezzerebbe non a torto. Quando a scuola si è diffusa la notizia del suo tentato suicidio non mi sono sorpresa molto, lo avvertivo che era vicinissima. Ho sentito una specie di calore familiare, una fiamma sotto la punta del cuore, come se la sua morte mi avesse donato qualcosa di nuovo. La speranza di poter morire a mia volta e di raggiungerla. Era un piccolo sogno sfumato immediatamente, ho inciso il mio polso col coltello da cucina, sotto la lama si è sciolto come burro. La mia carne morbida ha stillato sangue profumato e ho ricordato che non l'avrei raggiunta da nessuna parte, perché dopo essere morti non si va da nessuna parte. Mi sono avvolta il polso nella carta igienica e sono andata in cucina. Non l'avevo mai fatto e quel gesto non significava niente per me. Mamma e papà leggevano un libro, lei era sulle sue ginocchia e lui le stringeva la vita. Da un amore sano e genuino sono nata io. Se annaffi una pianta col miele, muore.

"Ho sentito della ragazza ricoverata" ho esordito.

Papà ha chiuso il libro "Vuoi parlarne? Mi spiace se ti ha turbata."

"Non sono turbata. Vorrei solo sapere se sta bene, al telegiornale non hanno detto molto."

"Questo perché il padre è intervenuto per non far rilasciare molte informazioni. Ho parlato col preside poc'anzi, Elsa Bianco è fuori pericolo."

Ho annuito indifferente. Ero molto felice, ho bloccato le lacrime nella conca interna delle mie palpebre. Le conservavo per dopo. Ho scucito a mio padre il nome dell'ospedale in cui era ricoverata e ci sono andata. Lei era nella hall, l'ho vista attraverso la porta di vetro. Sedeva in una poltrona con le ginocchia rannicchiate, un pantaloncino e una felpa nera col cappuccio alzato. Per poco i nostri sguardi si sono incrociati, il senso di solitudine sotto le mie palpebre si è sciolto e dalle ciglia si è sganciata qualche lacrima. Lei mi fissava senza reazioni, la tempia sul ginocchio, le maniche abbassate. Stavo per aprire la porta, ma sono fuggita. Non la conosco, non era opportuno.-

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@itzoedavis

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