53. Stanchezza | Percy Jackson

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MA BUONGIORNISSIMO
NON SONO ANCORA MORTA
Solo che non ho proprio fantasia per scrivere ultimamente. Non le cose che vanno qui, almeno.
È una piccola tortura anche per me, mi dispiace non produrre abbastanza content...
Facciamo finta di non averne prodotto per 8 anni non-stop
Anyway, questa ff è basata su tre fanart che allegherò in fondo. Inoltre bollo questa ff come "non d'amore" perché nonostante la coppia principale, non è concentrata sulla loro relazione
Beh, Enjoy

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Categoria: Missing moment
Fandom: Percy Jackson
Protagonisti: Percy e Annabeth
Spoiler: No

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«Ahi!»

«Scusami, so che fa male, ma prima finiamo e meno si prolunga l’agonia. Resiste ancora un momento, testa d’alghe.»

Percy chiuse gli occhi e strinse la presa al bordo del tavolo mentre Annabeth gli tamponava le ferite con un panno bagnato, togliendogli il sangue secco dalle ferite. La soluzione migliore sarebbe stata andare a cercare un figlio di Apollo libero, ma era un periodo frenetico con molte missioni per gli semidei al Campo Mezzosangue, e quelle missioni avevano mietuto vittime e riportato indietro molti feriti gravi.

Percy non aveva ferite tanto gravi a confronto di molti altri che aveva visto in infermeria. Aveva un po’ di graffi, alcuni tagli un po’ più gravi, ma stava bene nel complesso. Le sue lamentele erano solo perché le ferite bruciavano, e Annabeth ancora non le aveva disinfettate.

Almeno aveva la fortuna di avere lei che si intendeva anche di primo soccorso.

La ragazza finì di tamponare il suo corpo e mise il panno da parte. «So che lo odierai, ma devo disinfettarti le ferite. Ti serve qualcosa da mordere?»

«No, non serve. Fai pure.»

Strinse il tavolo tanto che temette di romperlo. Fortunatamente Annabeth gli passò tutte le ferite il più rapidamente possibile, senza indugiare più di tanto e limitando la durata di ogni sofferenza. Alla fine mise da parte le garze che aveva utilizzato e prese delle garze pulite e delle bende, con cui iniziò a coprire le ferite peggiori.

Percy allora socchiuse gli occhi e rimase a guardarla, sentendosi esausto. Non era solo stanchezza fisica dovuta ad una missione difficile (perché era stata una missione pericolosa e avevano mandato lui apposta; chiunque altro era probabile non sarebbe nemmeno tornato indietro), era una stanchezza profonda.

Osservò Annabeth nascondere ogni taglio sotto qualche strato di bende, e quando finì mise da parte ogni oggetto che aveva utilizzato. Non disse nulla, nemmeno quando Percy posò la fronte sulla sua spalla e si lasciò andare ad un sospiro.

«Sono stanco, Annie.» mormorò. «Non mi sono mai sentito così stanco. Mi sento come se fossi al limite.»

«Non sei stanco. Sei esausto.» rispose Annabeth. «La stanchezza passa con una dormita, non ti fa sentire prosciugato, senza forze, sull’orlo delle lacrime tutto il tempo. Noi semidei non siamo solo stanchi.»

Lo strinse in un abbraccio, gentile per via delle ferite appena curate ma saldo come fosse uno scudo. Percy chiuse gli occhi un momento.

«Purtroppo gli dei non ci arrivano a questo. Non comprendono cosa ci succede a doverci occupare delle loro stronzate. Se ne accorgono solo quando moriamo, ma non vedono il resto. Non vedono le ferite di guerra. Non si accorgono nemmeno quando qualcuno perde un braccio o una gamba, figuriamoci se si accorgono di quanto siamo esauriti e stufi di tutto questo.» aggiunse Annabeth, e Percy sentì la sua voce tremare lievemente. Poteva essere sul punto di piangere come star tremando per la rabbia.

Percy non commentò nulla. Sapeva che aveva ragione. Gli dei erano egoisti, superflui, e delegavano i problemi che creavano ai loro figli, senza aver alcun tipo di considerazione.

Li odiava. E sapeva che li odiava anche Annabeth.

«Andiamo a riposare a letto?» chiese poi la bionda a piano.

Percy fece in risposta un “mhm” affermativo e si raddrizzò. Annabeth sciolse l’abbraccio e lui saltò giù dal tavolo.

Andarono nella cabina di Percy, il quale si lasciò cadere sul letto a peso morto con un sospiro. Si fece poi da parte, lasciando spazio ad Annabeth sul letto.

Per un momento rimasero a guardarsi, sdraiati uno di fronte all'altro, poi Percy fece una smorfia. Uno dei tagli peggiori che l'aveva sul braccio sinistro, su cui era disteso in quel momento. 

Il ragazzo allora si girò finché non trovò una posizione comoda che non toccasse nessuna ferita grave. Rimase quindi sdraiato sull'altro fianco, dando le spalle ad Annabeth. Era l'unica posizione buona. 

«Scusami se ti sto dando le spalle. Così non sento alcun dolore.» disse infatti.

«Lo so.» rispose soltanto Annabeth prima di stringerlo tra le sue braccia. Sentì il suo corpo contro il suo, la testa appoggiata contro la sua schiena e i capelli che gli solleticavano il collo.

Di solito era lui che la stringeva in quel modo, come volendo farle scudo con il suo corpo contro un nemico esterno. Non ricordava se fosse mai stata lei a stringere lui, ma tra le sue braccia si sentì al sicuro, protetto da qualunque pericolo, rilassato.

«Grazie, ragazza saggia.» mormorò stringendo la mano sinistra della ragazza tra le sue. Chiuse gli occhi, sentendo la stanchezza impossessarsi di lui fino a farlo piombare nel buio.

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Foto d'ispirazione:

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