1. Il ritorno di Apollo | Le Sfide di Apollo

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Prima fanfiction della raccolta. Doveva essere una predizione dell'ultimo libro, ma il finale de La Tomba del Tiranno mi ha mandato a puttane questa idea, quindi sarà un fantastico What If.
Enjoy

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Categoria: What If
Fandom: Le Sfide di Apollo
Protagonista: Apollo
Spoiler: Fino al terzo libro
Citazione da: The Asylum for Wayward Victorian Girls

-♣️-

It gives me strength to have somebody to fight for. I can never fight for myself, but, for others, I can kill.

Apollo aveva già incontrato tutti e tre gli imperatori singolarmente ed era già stato terribile; svegliarsi dopo essere rimasto svenuto chissà quanto e ritrovarseli davanti tutti e tre fu peggiore del terribile.

Il suo corpo umano reagì prima della sua testa e arretrò quanto possibile, ossia molto poco. Era in una cella ed era già contro il muro, non poteva fuggire altrove.

"Finalmente abbiamo il grande Apollo a nostra disposizione", disse Nerone, "senza nessuno a salvarti, beninteso. Sai, ci hai dato un gran numero di noie in questi mesi, sono davvero, davvero felice di averti qui".

"Non perdiamo tempo in chiacchiere, Nerone. Io voglio divertirmi e Pitone pure, io direi di darci subito da fare", disse Caligola con un sorriso sadico sul volto. Ad Apollo non piacque per niente ciò che probabilmente si stava immaginando.

Nerone fissò Caligola e disse: "Non è il tuo turno".

"Eddai! Commodo, posso iniziare io? È una così bella prospettiva, quello di iniziare per primo!".

Qualunque cosa Commodo avesse in mente, non poteva essere peggiore di finire da Pitone o di finire tra le mani di Caligola.

"Ho atteso a lungo, non m'importa di aspettare ancora qualche ora", disse indifferente. Gli occhi erano ancora leggermente velati, ma stava fissando Apollo come se lo vedesse nitido.

"D'accordo. Ricordati che è umano e non è come noi, quindi tieni sotto controllo il tuo sadismo e cerca di non ucciderlo. A quello ci penserà Pitone".

Commodo e Nerone uscirono di lì, e per l'ex divinità iniziò il suo peggiore incubo.

Quello che accadde dopo, nessuno lo seppe mai. Apollo non disse mai cosa avvenne lì dentro, prima con Caligola, poi con gli altri due imperatori. Semplicemente, qualche ora dopo la porta della cella si aprì del tutto e Nerone tirò fuori un essere irriconoscibile per tutto il sangue che lo ricopriva.

I tre lo trascinarono in una grotta che conosceva bene, in presenza di un nemico che conosceva bene. Apollo riconobbe la presenza di Pitone senza dover nemmeno aprire gli occhi, lo sentiva e basta.

Fu buttato a terra in mezzo a due fuochi, distrutto, in grado di pensare a ben poco se non ad un urlo di dolore ininterrotto.

Pitone disse qualcosa che non colse. Sentì Nerone dire: "Sì, è lui. Di divino non ha più molto, lo so, ma così ti puoi sbarazzare di lui per sempre".

"Apollo!", urlò una voce.

Il dio la sentì e si girò quanto bastava per vedere Meg. Era messa meglio di lui, ma anche lei era impotente lì.

Del resto cosa avrebbe potuto fare lei da sola lì? Solo un dio poteva fare qualcosa lì.

"Meg...". Gli uscì come un soffio. Voleva aggiungere un "Mi dispiace", ma non gli uscì dalla bocca.

"Quanto sentimentalismo, potrei piangere. Beh, ci hai provato, Apollo, ma ora è finita".

Apollo avrebbe voluto colpire Caligola con una pala. O anche con Pitone, se avesse potuto.

"Inutile che mi guardi così. Tutti i tuoi amici moriranno molto presto, gli dei non alzeranno un dito per aiutarti... non gliene frega nulla nemmeno di te. E lei non vivrà abbastanza da vederti morire".

"Siete dei bastardi!", urlò Meg. Nerone si girò verso di lei con uno sguardo carico d'odio e le tirò uno schiaffo tale da buttare contro il muro lei e le guardie che la tenevano. La ragazza scivolò a terra, del nuovo sangue che gli colava lungo il volto.

"Meg!", urlò Apollo. Nonostante il dolore cercò di girarsi sulla pancia e di strisciare verso di lei, ma Commodo gli rifilò un calcio e lo ributtò sulla schiena.

Lei era l'ultima speranza. Non lo avrebbe mai ammesso, ma lui ce l'aveva sempre fatta perché c'era lei, anche con il suo pessimismo lei c'era sempre stata.

Ora era da solo.

Era troppo.

Pianse, e poi esplose.

La sua forma divina si manifestò pienamente, accompagnato da un urlo spaventoso. Una luce accecante come quella che Commodo già aveva visto una volta travolse ogni cosa, e Apollo vide che i tre imperatori avevano paura.

"Non puoi vincere Apollo, neanche come dio!", urlò Nerone cercando di farsi coraggio, "Tu morirai!".

Il vecchio Apollo avrebbe coraggiosamente detto "Se devo morire, allora voi morirete con me". Il nuovo Apollo disse ben altro, altrettanto coraggiosamente.

"Vi voglio proprio vedere provarci".

Il triumvirato era redivivo, ma nemmeno con i loro nuovi poteri potevano competere con il vero Apollo. Finirono inceneriti in meno di un secondo, il tempo che ci mise ad alzarsi da terra. Poi si girò verso Pitone.

Non poteva vincerlo, non era nel pieno delle sue forze e non era nemmeno abbastanza concentrato. Si limitò ad aprire un buco nel terreno, dritto verso il Tartaro, proprio sotto il suo corpo, e gli saltò addosso.

Pitone non si era aspettato nulla di tutto quello, fu l'unico motivo per cui quel piano tanto stupido funzionò. In forse un minuto l'oracolo di Delfi fu liberato, ma per Apollo non fu la priorità.

Corse da Meg. Le guardie erano ridotte in polvere, ma lei in qualche modo si era salvata.

Non stava però respirando. Il suo potere diminuì immediatamente mentre la prendeva tra le braccia.

"No, no, Meg, svegliati", sussurrò.
La ragazza non rispose.

Apollo si chinò su di lei e le mise le mani sul petto. A costo di perdere la sua immortalità, l'avrebbe riportata indietro, non avrebbe lasciato Meg al suo destino.

E l'ultima cosa che ricordò prima di perdere conoscenza, fu il suo cuore che ricominciava a battere.

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