Prologo: Il Prigioniero

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Era notte

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Era notte.

Schegge di ossidiana più scure delle tenebre stesse erano stese al suolo, simili a scheletri spezzati che parevano beffarsi delle stelle che di tanto in tanto baluginavano nel cielo soffocato da vorticanti nubi. Il silenzio regnava incontrastato: nessun respiro di vita saliva dall'infinita piana, così fredda e arida; nessun fruscio d'ali solcava l'aria spettrale; nessun zampettare d'insetti brulicava tra le pietre affilate.

Fu nello stesso istante in cui la luna fece capolino tra le nuvole, che un inaspettato refolo di vento ruppe l'immobilità del deserto. Scese leggiadro dagli strati più alti del cielo fino a volteggiare vicino al terreno, scompigliando la polvere annidata tra le crepe. Per un istante parve esitare, frustare con nervosismo l'aria con la sua lunga coda, poi iniziò la sua inarrestabile corsa verso occidente. A ogni balzo, a ogni falcata, il deserto sotto le sue gelide zampe immateriali pareva rabbrividire e trasudare quel sangue che aveva assaggiato tempo addietro.

Il sangue di guerrieri, il sangue di alleati, il sangue di avversari, il sangue che lui stesso aveva versato.

Con un brivido la brezza iniziò a correre più veloce, fino a che il deserto tutt'intorno non fu che una confusa macchia di diverse tonalità di nero. Eppure, il vento non poteva fuggire da quello che era stato, né da quello che sarebbe presto successo: il Tempo - e neppure il Destino o la Morte, se era per quello - non dimenticava.

Dopo minuti, o forse ore, un elemento ruppe la monotonia del paesaggio: una macchia scura interrompeva la linea dritta dell'orizzonte, espandendosi con vertiginosa velocità fino a rivelare la sua vera forma. Una montagna solitaria sorgeva dalla piana, facendo luccicare alla luna il suo profilo frastagliato e affilato, simile a un'esplosione cristallizzata nell'ossidiana. Fu solo al cospetto di quei fianchi neri, neri come le viscere del pozzo più profondo, che il vento si fermò, digrignando le zanne acuminate prima di alzarsi in piedi. Aspettava, non osando avvicinarsi oltre a quei ripidi pendii che avrebbero dovuto essere la sua tomba, e sotto le cui radici un'anima incatenata stava per riottenere quella libertà che aveva tanto bramato.

 Aspettava, non osando avvicinarsi oltre a quei ripidi pendii che avrebbero dovuto essere la sua tomba, e sotto le cui radici un'anima incatenata stava per riottenere quella libertà che aveva tanto bramato

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I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz