XIII - Vecchio scoiattolo (pt.2)

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Kala rimase immobile, incapace di fuggire o di pronunciare una sola sillaba

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Kala rimase immobile, incapace di fuggire o di pronunciare una sola sillaba. Respirava velocemente, tenendo gli arti tesi come se da un momento all'altro avrebbe dovuto difendersi dall'attacco di una belva feroce. Eppure, l'uomo - no, la creatura - dalla pelle bronzea non sembrava neppure avere la volontà sufficiente per alzarsi dal ciottolato. Sembrava anzi solo un vecchio innocente, abbattuto dalla forza di una notizia troppo sconvolgente per le sue deboli carni. Tuttavia ora la ragazza sapeva che lui non era quello che la gente credeva. Mik non era ... dei, era difficile perfino pensarlo. Lui non era umano.

«Immagino tu ora scapperai urlando, raccontando a tutti che non... non sono uno di voi.» La voce dell'uomo era spezzata e i suoi occhi scuri, sempre vispi come quelli di uno scoiattolo, ora guardavano solo il vuoto. «Come nella leggenda La bestia del villaggio, alla fine», ridacchiò in modo forzato, pieno solo di tristezza e mesta rassegnazione. Abbassò le palpebre, poi mormorò: «L'inganno deve essere eliminato per il bene di tutti, giusto?»

La ragazza non sapeva cosa dire, né fare. Da un lato cercava di convincersi che avrebbe dovuto dirlo agli aruspici, a chiunque, affinché quella creatura subisse il fato che avrebbero decretato gli dei. Dall'altro, invece, non poteva fare a meno di rendersi conto che quell'essere era pur sempre Mik, il bibliotecario che cullava i libri come se fossero bambini, che andava matto per le noci e le nocciole, che storpiava qualsiasi nome gli capitasse a tiro. Mai avrebbe pensato che scoprire la presenza di un mostro inumano nella città le avrebbe portato un dissidio interiore così lacerante.

«No», deglutì a fatica, sentendo la bocca arida. «No», ripeté, tentennando e trascinando i piedi lievemente verso il vecchio. Quello non fu neppure un vero passo in avanti, ma fu comunque l'inizio di qualcosa. «Io ti ascolterò, invece.» Voleva capire, possibilmente senza ripetere ciò che era accaduto con Kian. Lui si era rivelato migliore dei pregiudizi, An assai peggiore: forse, dare un'opportunità a qualcuno che l'aveva più volte aiutata con i suoi tomi era la cosa giusta da fare. Forse. Che gli dei la perdonassero!

«Mi interrompi se arriva qualcuno?» Dopo aver ottenuto il titubante assenso dell'altra, il sessantenne inclinò la testa all'indietro, sottraendo la parte inferiore del volto dagli strati di sciarpe. «Inizia tutto con una persona, immagino: Ajaika Farasi. O, come forse alcuni ancora lo conoscono, Aja Breger.»

«Tuo nonno?» la giovane domandò incerta. Mentre il cognome - e il fatto che l'uomo probabilmente non l'aveva sbagliato - non lasciava dubbi che quell'individuo fosse un parente di Mik, avrebbe anche potuto essere il padre, o un cugino di cui lei non conosceva l'esistenza.

Il bibliotecario annuì. «Cosa sai di lui?»

La diciassettenne scrollò le spalle: era a conoscenza solo di quello che aveva sentito da qualche vecchia comare e che aveva imparato dagli aneddoti che giravano su di lui. «Era un mercante girovago di libri e cartafoglia, a memoria. Credo provenisse da qualche territorio meridionale, anche alcune voci completamente assurde dicono non fosse neppure originario del Regno.» Abbassò la voce per pronunciare quell'ultima parte, quasi se ne vergognasse. «Insomma, non può essere vero, giusto? È da secoli che tutti gli antichi principati sono governati da un'unica corona», aggiunse quasi supplicante.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Where stories live. Discover now