XVIII - I morti non parlano (pt.2)

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Un giovane dai capelli corti e un vestito troppo in ordine per il suo aspetto malaticcio camminava strascicando i piedi, rabbrividendo a ogni passo per il freddo che saliva pavimento di pietra

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Un giovane dai capelli corti e un vestito troppo in ordine per il suo aspetto malaticcio camminava strascicando i piedi, rabbrividendo a ogni passo per il freddo che saliva pavimento di pietra. La candela che teneva tra le mani segnate da bastonate illuminava in modo sinistro gli arazzi mangiati dai topi che pendevano dai muri come le vele squarciate di un relitto, evidenziando i segni di graffi e marciume di quel raro mobilio che ancora faceva capolino da qualche zona buia del corridoio. Da più di seicento anni quel forte era rimasto in rovina, nascosto agli occhi di chi guardava le colline da rovi, edera e fitti arbusti. Eppure, un occhio attento avrebbe potuto notare tracce di recenti passaggi: scie lucide nella stessa patina di polvere, mozziconi di fiaccole spente abbandonate negli angoli, stendardi rovinati ma ancora relativamente nuovi che coprivano lo stemma del duca che secoli prima lì aveva vissuto. E che lì era stato assassinato.

Giravano voci sinistre su quel luogo: racconti di truci delitti, di vagabondi feriti quando avevano cercato riparo tra quelle mura, di fanciulle divorate da mostri con otto code e dieci occhi. Si diceva che fosse un covo di Wiht - o peggio, di Waldegeist - e che innominate creature delle tenebre di notte strisciassero fuori dai solchi delle pietre incrinate dal tempo per squartare e sbranare chiunque si fosse avvicinato troppo alle rovine. Si narrava che decenni prima uno stregone avesse soggiornato lì, per fuggire alla giustizia degli aruspici, e che perfino lui fosse caduto vittima degli spiriti maligni. Alcuni mormoravano che neppure argento e ferro potessero proteggere chi si avventurava incauto in quel posto maledetto. E, da come il ragazzetto trasaliva pallido in volto, mormorando qualche preghiera e stringendo un talismano di ferro, a ogni fruscio, a ogni ramo che sbatteva contro le vetrate, era evidente che credeva fino all'ultima di quelle storielle.

Stupido umano superstizioso.

Pendragon si passò una mano nei capelli chiari, attento a non scostare le ciocche che nascondevano le sue piccole orecchie a punta. Tolse il ragno che si era attaccato alla sua chioma e lo schiacciò tra le dita affusolate con noncuranza, prima di svoltare in un corridoio ancora più angusto e buio di quello che aveva appena percorso. A differenza del suo accompagnatore, non indossava talismani né era bardato con inutile metallo: l'unico ornamento era il suo anello, modellato come un ramo d'edera che racchiudeva tra le sue foglie un topazio. E quel gioiello non era fatto d'argento, come le persone che avrebbe dovuto incontrare credevano.

Il giovane servo si fermò davanti a una porta scrostata e fece gemere la serratura con la chiave che aveva sottratto dalla cintura. «Lord Feannarg», mormorò il ragazzo con un inchino, spingendo il battente che scivolò sui cardini stranamente ben oliati. «Gli altri vi raggiungeranno a breve.»

Ignorando il paggio tremante - il quale ancora stringeva convulsamente il gingillo di ferro supplicando silenziosamente gli dei di lasciarlo incolume per il resto del tragitto in quei corridoi bui -, il biondo entrò nella stanza. A differenza del resto delle rovine, candele di cera illuminavano a giorno l'ambiente e i mobili integri accuratamente spolverati. Quattro poltroncine erano disposte attorno a una lunga scrivania di noce, posizionata vicino alla finestra. Perfino i vetri erano stati puliti minuziosamente e ora lasciavano intravedere le fiaccole che punteggiavano le mura di cinta del palazzo reale, appollaiato su una vicina collina innevata. Sulla riva del lago si potevano scorgere le luci dei bassifondi della capitale, sebbene la maggior parte di Aurjei fosse nascosta dall'altura sui cui il castello del re svettava. Tutto il resto del paesaggio era avvolto dall'impenetrabile oscurità di quella notte d'inverno.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora