III - Un'antica leggenda (pt.2)

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Un soffio di vento fece tremare l'orlo della gonna marroncina, accarezzando con un tocco leggero ma glaciale la pelle arrossata del viso e del collo

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Un soffio di vento fece tremare l'orlo della gonna marroncina, accarezzando con un tocco leggero ma glaciale la pelle arrossata del viso e del collo. La ragazza si strinse nelle spalle cercando rifugio dal freddo notturno con il calore della sua stessa carne, mentre la mente correva allo scialle di lana, inutilmente riposto nella cassa di fianco al letto. Rimpiangeva di non averlo portato con sé, quando era corsa - o meglio, era stata trascinata - fuori di casa con gli stivali allacciati solo a metà e il corpetto storto.

Con un dito cominciò a torcere una delle tante ciocche che si erano rifiutate di subordinarsi all'ordine e alla diligenza della treccia. Torturare la propria capigliatura fulva era un vizio che aveva da sempre, in particolar modo nei momenti in cui era tesa, si trovava a disagio o semplicemente rifletteva.

«Cosa ti impensierisce, sorella?» indagò la giovane che le camminava accanto, esuberante e piena di energia nonostante l'ora tarda. «La fine della festa? La sfida di An e Garin? La predizione degli...»

«Il freddo», la interruppe, sollevando di poco l'abito per scavalcare una pozzanghera lasciata dal temporale di quella mattina. «Solo questo maledetto freddo che morde le ossa.»

Non era vero, confessò a se stessa. Il gelo che sentiva incuneato sotto la pelle non era l'unica causa della fronte corrugata, né dei movimenti febbrili delle dita. Rabbrividì.

L'altra se ne accorse e fece l'atto di allontanarla. «Kala, se mi contagi con il tuo raffreddore, chiederò a un Wiht di annodare tutti i tuoi abiti.» Rideva mentre diceva quelle parole, ma il luccichio negli occhi grigiazzurri era la prova di quanto la minaccia fosse reale.

«Oppure di ingarbugliarmi i capelli con dell'argilla mentre dormo?» suggerì ammiccando. Conosceva abbastanza l'indole maliziosa della sorella per sospettare che gli infidi spiriti della natura non fossero stati responsabili della poltiglia sparsa sulla sua capigliatura riccia.

«Non argilla: fango», la corresse la quindicenne, increspando le labbra in un ghigno tutto fuorché innocente. «E non stavo scherzando: non ho l'intenzione di passare i prossimi giorni sotto le coperte!», strillò, sottraendosi alla mano che aveva iniziato a spettinarle affettuosamente il capo.

La ragazza chiamata Kala protestò: «È ridicolo, Aryane! Questa notte l'aria è più fresca del solito; non sono io ad essere ammalata.»

Mentre diceva quelle parole, un dubbio sorse: e se invece fosse l'altra ad aver ragione? Aveva cominciato a percepire il ghiaccio scivolarle addosso ancor prima di uscire di casa, accompagnato da un leggero formicolio lungo la nuca e la schiena. Era una sensazione che non l'aveva mai abbandonata, pur rimanendo blanda per ore; poi all'esibizione dei cantastorie qualcosa era cambiato, di certo non in meglio.

«Io sarei ridicola?» La giovane incrociò le braccia. «Stai tremando come una foglia e dai la colpa a un vento immaginario. Inoltre, prima hai avuto un attacco di mal di testa, vero?»

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Where stories live. Discover now