IX - L'inganno del Negromante (pt.4)

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I lucciconi interruppero la loro corsa lungo le gote della diciassettenne, mentre le unghie di quella si conficcavano nel manico di legno del pugnale

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I lucciconi interruppero la loro corsa lungo le gote della diciassettenne, mentre le unghie di quella si conficcavano nel manico di legno del pugnale. «Come osi?» sibilò tra i denti. Sollevò lentamente il volto, il lutto nella sua espressione oscurato dalla collera. «Loro lo sono. Anche se non sono sangue del loro sangue, loro sono la mia famiglia! Credi che io non consideri Vahrel la mia casa solo perché non ci sono nata? O che m'importi qualcosa della sciagurata che mi ha dato alla luce? Lei non mi ha consolato quand'ero triste, non mi ha mai insegnato a camminare, non mi ha mai vista crescere. Lei non è mia madre!» scandì l'ultima frase in modo da trasformare ogni parola in un tuono d'indignazione.

L'altro sollevò le mani luminescenti in un gesto di resa. «Lasciami riformulare», si affrettò a sovrastare con la sua voce baritonale l'inizio di un secondo sfogo. «Il cacciatore che hai incontrato non era Teucer, così come i due corpi impalati non erano Aryane e Isabhel.» Si interruppe e parve soppesare velocemente l'affermazione precedente, prima di aggiungere: «Non esattamente, almeno.»

«Io li ho riconosciuti», protestò Kala, non riuscendo tuttavia a ignorare completamente il seme di speranza che era caduta nei flutti tumultuosi del suo animo. «Ho vissuto per diciassette anni con i miei genitori, riuscirei a distinguerli tra mille impostori.» Perché allora quella frase alle sue orecchie non suonava così convinta come sperava?

L'uomo girò improvvisamente la testa di lato come se avesse udito un rumore preoccupante. Affondò le dita nel palmo, poi puntò su di lei le iridi di ghiaccio, talmente brillanti nell'ombra del viso che parevano sprizzare scintille. «Alzati e inizia a correre. Subito.»

La ragazza non fece in tempo né a opporsi né a chiedere spiegazioni: si trovò in piedi contro la sua volontà, sollevata di peso come una neonata. Una gentile ma decisa spinta tra le scapole la costrinse a trasformare i primi passi esitanti in rapidi falcate, mentre dietro di lei si levava il soffio minaccioso di Tebas. Ai limiti del suo campo visivo scorse il gatto dileguarsi nell'ombra del vicolo, il pelo dritto per la paura. Esattamente la reazione che ha avuto di fronte al cadavere di Collens, non poté fare a meno di paragonare con un brivido.

«Non fermarti.»

C'erano un'urgenza e una genuina preoccupazione in quelle parole che convinsero la giovane ad accelerare, seguendo i passi rapidi del misterioso compagno. Le sembrò di udire uno scalpiccio di calzari sulla pietra provenire da un punto indefinito alle sue spalle, tuttavia prima che potesse controllare venne trascinata in una stradina tortuosa, e poi in un'altra. Destra, sinistra, sinistra, destra, destra: a quasi ogni incrocio lo sconosciuto cambiava via e direzione, trasformando il percorso in un dedalo in cui perfino la diciassettenne - che tra quelle strade era cresciuta - avrebbe avuto difficoltà a orientarsi. Temeva quasi che avrebbero continuato così per sempre, fino quando non imboccarono un viottolo parallelo alle mura. Allora l'altro rallentò e con un gesto le fece capire che poteva fare altrettanto.

Non è troppo presto, pensò con sollievo Kala, appoggiando le mani alle ginocchia per riprendere fiato. Guardò sospettosa l'individuo incappucciato. Erano scappati come se avessero Dabih stesso alle calcagna, attraversando probabilmente mezza Vahrel, eppure lui non ansava come se i polmoni stessero prendendo fuoco, né pareva stanco o provato. Anzi, non era neppure sicura che il petto coperto dal cappotto azzurro si alzasse regolarmente per accogliere l'aria. Forse invece era solo l'inspiegabile ondeggiare del tessuto che dava quell'impressione. Sì, doveva per forza esserlo: come poteva una creatura vivente non respirare?

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Where stories live. Discover now