XVIII - I morti non parlano (pt.1)

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«Agrawaine! Agrawaine!»

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«Agrawaine! Agrawaine!»

La musica del clavicembalo si interruppe di colpo e il suonatore spostò lo sguardo dai tasti d'avorio alla piccola che stava strattonando con insistenza l'orlo della sua tunica giallastra. Il vestito di lino della bambina era stracciato in più punti e le gambe sottili erano piene di terriccio, fango e graffi. Tra le dita lunghe e fragili come teneri ramoscelli teneva vittoriosa il suo tesoro: tre piccole uova simili a lisce sfere di marmo verde.

«Sei ancora fuggita nel retro del giardino?» domandò lo sciamano alla sorellina, issandola sulle sue gambe e facendo levitare con un gesto della mano le uova verso il tavolino di fianco allo strumento pieno di spartiti musicali. Quella annuì con veemenza, scompigliando ulteriormente le ciocche già disordinate di capelli.

L'Incantatore tentò di pettinarle la chioma trasparente come i tentacoli di una medusa, inseguendo con le dita il capo della bambina mentre quella si chinava in avanti, incuriosita dai tasti d'avorio del clavicembalo. Agrawaine si sorprese nel constatare che già in alcuni punti i capelli iniziavano a perdere la traslucidità tipica dei neonati. Per Khonsu, erano davvero già passati undici anni? Tra meno di mezzo decennio la sua sorellina avrebbe anche mutato la pelle - in quel periodo della vita verdognola e lievemente opalescente come una fogliolina appena sbocciata - e le sue orecchie appuntite, ora talmente lunghe che spuntavano dalla chioma arruffata come due corna di carne, avrebbero cominciato a rimpicciolirsi lentamente. Di quel passo, un giorno sarebbe tornato a casa alla fine dell'anno di insegnamento e avrebbe trovato una piccola Elfa completamente diversa.

Una cacofonia di suoni e una risata divertita riportarono lo sciamano al presente, il quale allontanò immediatamente le mani curiose e goffe della bambina dalla tastiera delicata dello strumento. «Vuoi sentire un po' di musica?» le domandò, nel tentativo di arginare le imbronciate proteste. Alla risposta entusiasta della piccola, Agrawaine allontanò una ciocca di corti capelli scuri che era scivolata davanti ai suoi occhi. A giudicare dal colore che in alcuni punti aveva iniziato ad apparire nella chioma traslucida, neppure la sua sorellina sarebbe stata bionda.

Dopo essersi seduto meglio sullo sgabello di legno - e aver fatto giurare alla bambina di non toccare il clavicembalo -, lo sciamano inspirò a fondo, abbassando le palpebre. Poi cominciò. Le sue dita affusolate danzavano veloci da un lato all'altro dello strumento, creando un intreccio di suoni delicati e malinconici che avvolse i due Elfi, separandoli dal resto del mondo esterno. Le note volteggiarono, vibrarono, mutarono nell'aria per un tempo impossibile da misurare, che alla piccola paralizzata dalla struggente bellezza della melodia e al suonatore parvero ore, giorni interi.

Quando anche l'ultimo accordo svanì, lasciando dietro di sé solo un eco sempre più debole, il sole - già basso sull'orizzonte quando la bambina era entrata nella sala - aveva lasciato spazio alle prime ore della notte. Dalle ampie finestre filtrava la luce della luna, che brillava sopra l'immensa foresta e che pareva voler fuggire dalle vette appuntite di quei monti lontani, quasi sulla linea dell'orizzonte, che pochi avevano il coraggio di visitare.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Donde viven las historias. Descúbrelo ahora