XII - Il volere degli Dei (pt.1)

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L'erba si piegò al passaggio dell'orlo ricamato della lunga veste, frusciando tenera sotto i passi misurati ma decisi

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L'erba si piegò al passaggio dell'orlo ricamato della lunga veste, frusciando tenera sotto i passi misurati ma decisi. Lo sciamano alzò lo sguardo verso il cielo notturno, striato dalle sfumature violacee di decine di galassie. Massicce sagome scure si stagliavano a intervalli irregolari contro il chiarore di quelle nebulose piene di stelle. Non erano nubi, ma immense zolle rocciose, sospese per l'eternità nel vuoto. Perfino il suolo su cui l'individuo stava poggiando ora i piedi apparteneva a uno di quei massi fluttuanti grandi quanto intere città, se non di più. Non c'era nessuna vera terraferma nell'oceano d'aria del Limbo: solo titanici scogli dalla forma a diamante, immobili come se fossero stati cristallizzati nel tempo.

Uno scroscio lontano iniziò a vibrare nell'aria e l'individuo si affrettò verso la fonte di quel rumore, attratto da essa come un'ape con il proprio alveare. Era impossibile dire se stesse camminando o volando con i piedi rasenti al terreno, tanto i suoi movimenti erano fluidi. Perfino la sua tunica color sabbia, talmente lunga da coprirgli la punta degli stivali in cuoio, sembrava non essergli d'alcun impaccio nella sua lieve corsa. Attraversò velocemente la piana punteggiata da qualche albero, fino a raggiungere una fitta zona di boscaglia. Il rumore dell'acqua gorgogliante proveniva da oltre quella cintura di tronchi e cespugli, così lo sciamano si addentrò tra la vegetazione. Nonostante le fronde rigogliose coprissero del tutto il cielo, in quei cunicoli di legno e foglie non c'era buio pesto. Una lieve luminescenza senza origine delineava infatti i contorni - e solo i contorni - di ogni cosa, dal ramoscello più vicino alla radice più lontana.

D'un tratto il rumore aumentò d'intensità e l'uomo si trovò fuori dalla striscia di piante, libero di ammirare ciò che si stagliava davanti a lui. In una conca irregolare formata da una corona di rocce ribolliva un laghetto argentato, attraversato da guizzi di tutti i colori dell'iride. Era in esso che si gettava a capofitto la maestosa cascata, sgorgata da un'isola fluttuante che si trovava a svariate centinaia di passi sopra la testa dello sciamano. Quella colonna iridescente pareva in realtà più una cortina di luce liquida che acqua, con le mille sfumature cromate che correvano sotto la superficie di quella sostanza cristallina, rendendola quasi simile all'aurora boreale.

Con precauzione l'individuo si avvicinò agli scogli e iniziò ad attraversare la barriera naturale che lo separava dalla riva della polla. Nonostante la pietra fosse coperta dagli schizzi opalescenti, le sue dita affusolate e i suoi stivali lucidi trovavano sempre un appiglio saldo, permettendogli di continuare sicuro, anche se prudente.

Oltrepassato l'ultimo ostacolo, l'uomo atterrò sulla spighetta di ghiaia scricchiolante che precedeva quello specchio cromato e ribollente creato dalla cascata. Stava per chinarsi e sfiorarne la superficie, quando con la coda dell'occhio notò l'immobile figura umana accovacciata su uno degli scogli più piatti. La luminescenza emanata dal laghetto rischiarava l'intruso in modo spettrale, tracciando in modo deciso le falde del suo cappuccio e il pezzo di pergamena che teneva con dolcezza tra le mani.

«Stai sognando ad occhi aperti, amico mio?», disse lo sciamano all'inaspettato interlocutore, tracciando con l'indice ghirigori nel liquido metallico.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora