XVI - Il fiore più resistente (pt.2)

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La città di Terkea sorgeva al centro di un piccolo altopiano, simile a una collina schiacciata, che divideva l'omonima pianura da un sinuoso fiume

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La città di Terkea sorgeva al centro di un piccolo altopiano, simile a una collina schiacciata, che divideva l'omonima pianura da un sinuoso fiume. Non c'era città meglio posizionata di quella nel raggio di interi giorni di viaggio, molti sostenevano. Grazie al controllo su quel corso d'acqua - il più importante della zona - aveva il monopolio sul commercio. Si diceva inoltre che dall'alto delle cinque torri a spirale gli occhi più acuti potessero vedere il luccichio del mare, a meridione. Quella non era che un'impossibile esagerazione, naturalmente, eppure era vero che da lì si dominava la piana per miglia e miglia in ogni direzione.

Con un balzo la pantera superò le ultime rocce, raggiungendo finalmente il bordo del pianoro. Affondò gli artigli nel terriccio brullo, frustandosi i fianchi con la coda e fermandosi per riprendere fiato dopo la scalata. Dalle sue fauci socchiuse regolari scie di condensa salivano verso il cielo, di una limpidezza tipica delle giornate di estremo gelo. Sebbene quelle fossero le ore più calde del pomeriggio, pizzi di brina decoravano gli alberi spogli e gli steli ingialliti delle piante. Tra una pietra e l'altra erano inoltre incuneate sottili lastre di ghiaccio sporco, residuo di una delle rare nevicate. Nella sterminata steppa che si stendeva a sud del Deserto di Ossidiana le precipitazioni invernali, perfino nel cuore di dicembre, erano il contrario di frequenti.

L'animale sollevò il muso, increspando la lucida pelliccia color ossidiana del collo e delle zampe. I suoi occhi simili a braci scrutavano l'inizio dello sterminato accampamento che lambiva l'urbe come la risacca del mare. Le tende occupavano quasi tutto l'altopiano e perfino buona porzione del pendio meridionale, quello opposto al fiume. Numerose bandiere punteggiavano il campo, annunciando fiere lo stemma di una casata, di una città, di un clan. Era tuttavia solo una l'insegna che sventolava sulle torri e sulle mura di Terkea, ripetendosi ogni volta che lo spuntone nero del padiglione di un generale svettava sul terreno circostante: due stelle a sette punte incrociate, che si stagliavano scure conto uno sfondo candido.

Il felino avanzò regale, dirigendosi verso l'entrata più vicina dell'accampamento fortificato. La Viverna posta a guardia dell'accesso si irrigidì e parve pronta ad afferrare con le dita artigliate le spade gemelle che portava sul dorso. Le ali membranose attaccate alle braccia fremettero e i giallastri occhi a mandorla scrutarono con sospetto l'inatteso animale. Quell'atteggiamento durò tuttavia solo un secondo: intuizione e timore attraversarono il volto della sentinella - simile per forma a quello di una lucertola, ma dotato di un'espressività che mai nessuna bestia muta avrebbe potuto avere - quando il suo sguardo si posò sulle iridi vermiglie della pantera nera e sulla cicatrice che ne sfregiava la parte destra del muso.

Con un sussulto, la Viverna si chinò, portando il palmo aperto sul cuore e facendo gemere l'armatura di cuoio che proteggeva i punti vitali del suo corpo squamoso. «Vi stanno aspettando nella torretta dei generali, mio signore», mormorò con voce flautata.

Con gli ordini erano arrivate delle spiegazioni, a quanto pareva. Il felino oltrepassò la sentinella e si inoltrò nei meandri caotici dell'accampamento. Soldati appartenenti a ogni stirpe dei Reietti si accalcavano davanti agli spazi riservati ai fabbri e alle numerose armerie che sorgevano a intervalli regolari; affilavano spade e scimitarre oppure intingevano frecce in sacchetti di veleno.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Where stories live. Discover now