IX - L'inganno del Negromante (pt.3)

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Kala scalciò, soffiò, cercò di graffiare e azzannare l'arto premuto soffocante sulle labbra, ma l'unico esito di quella breve e silenziosa colluttazione fu l'altro braccio dell'avversario stretto attorno alla sua vita

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Kala scalciò, soffiò, cercò di graffiare e azzannare l'arto premuto soffocante sulle labbra, ma l'unico esito di quella breve e silenziosa colluttazione fu l'altro braccio dell'avversario stretto attorno alla sua vita. Ormai non poteva più scappare: imprigionata in quel modo, gli arti superiori aderenti ai fianchi, non avrebbe mai potuto usare il pugnale senza il rischio di ferirsi prima. Il palmo dell'altro premeva ancora contro le sue labbra, soffocando tutto ciò che era appena più udibile di un debole gemito. Provò ancora a dimenarsi, ma l'opponente era decisamente più forte di lei e non cedette neppure di poco.

«Non temere», sussurrò una profonda voce baritonale. La voce di un uomo. «Non sono io il nemico.»

Come se ti credessi, gli rispose nei pensieri la ragazza, tirando alla cieca un calcio dietro di lei. Il colpo andò a segno, ma l'altro non ebbe nessuna reazione, neppure un sussulto o un aumento involontario della morsa che le immobilizzava il busto.

«Se ti lascio andare,» continuò lo sconosciuto, «ho la tua parola che non scapperai né farai alcunché per attirare quella vedetta?»

Gli occhi cerulei della giovane dardeggiarono in direzione dello squarcio di strada illuminata dalla luna che luccicava a una decina di falcate da lei come una dolce promessa. Affondò le unghie nel manico del coltello e annuì lentamente, pensando una sola parola: ingenuo.

Quello parve inspirare a fondo. «Bene, allora.» La costrinse gentilmente a girare insieme a lui, in modo che le loro posizioni fossero invertite. Ora la diciassettenne guardava il muro del vicolo cieco, mentre alle sue spalle il rapitore si frapponeva tra lei e la fuga.

L'epiteto che Kala gli affibbiò in silenzio fu tra i peggiori che riuscì a trovare. Placò i tremori della mano che impugnava l'arma e, non appena sentì la presa sul suo volto e sul suo busto allentarsi abbastanza, sgusciò in avanti. Invece di fermarsi davanti all'ostacolo di pietra, tuttavia, si voltò e vibrò il fendente più poderoso permesso dai suoi muscoli da adolescente. Il polso magro della ragazza colpì qualcosa di duro e la lama si fermò sibilando a più di un palmo dal suo obiettivo. L'avambraccio con cui l'avversario aveva intercettato la pugnalata scivolò di lato e, meno di un battito di ciglia più tardi, una lieve torsione costrinse la giovane a mollare il coltello. Il metallo cadde a terra tintinnando.

«Se devi attaccare qualcuno, fallo con i piedi ben piantati a terra: aumenta la stabilità e la potenza del colpo.»

La diciassettenne tuttavia non rispose: il suo sguardo era puntato verso l'uomo, pieno solo di odio. E di terrore.

Il suo opponente era un individuo di statura assai alta, e questa caratteristica era solo accentuata dalle sue spalle magre. Indossava ciò che a Kala parve a prima vista un corto mantello, salvo poi accorgersi che era invece una specie di cappotto azzurro lungo fino al ginocchio. Una cintura argentata tratteneva in vita quell'indumento, circondandolo con un doppio giro e venendo poi chiusa sul fianco da un'elaborata fibbia che rappresentava due stelle intrecciate. Il cappuccio, che copriva il viso con un'impenetrabile maschera d'ombra, era attaccato direttamente alla veste, mentre strisce di stoffa color perla fasciavano le maniche già di loro aderenti.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora