XXIV - Warlock (pt.2)

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Se mentre percorreva quieta quel breve tragitto Kala si era dimenticata di quello che era successo all'accampamento, la realtà la colpì in pieno quando si avvicinò ai primi carri

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Se mentre percorreva quieta quel breve tragitto Kala si era dimenticata di quello che era successo all'accampamento, la realtà la colpì in pieno quando si avvicinò ai primi carri. Ovunque si girava, vedeva ruote graffiate da colpi di spada, porte che dondolavano cigolanti dai cardini, panni rovesciati nel fango e cocci di vasi e boccali schiacciati da stivali pesanti. Un silenzio soffocante stagnava nell'aria, così denso da ovattare il fruscio della stoffa e i respiri incerti invece che evidenziarli. Fu forse per questo che solo quando la ragazza si voltò, davanti all'ennesima via deserta, si rese conto che i passi delicati della vecchia non echeggiavano più al suo fianco.

E non l'avevano fatto da tempo.

Da sola la giovane girovagò, persa in quel labirinto desolato di carri che sempre le sembravano uguali e accompagnata solo dall'eco della canzone della donna. La prima persona che la diciassettenne incontrò fu Ina, la madre di Failen e Tuam: sottili graffi le striavano una guancia arrossata e un sgualcito pezzo di stoffa le avvolgeva il suo polso. Le si fece incontro con occhi sottolineati da lacrime e occhiaia, tra le braccia un piccolo mucchio di bende attorcigliate. Non parlò, né fece domande: mesta, la guidò verso la catapecchia abbandonata attorno a cui un paio di sere prima avevano erto l'accampamento e che ora ospitava i feriti di quell'attacco.

Era accaduto all'improvviso, nel cuore del pomeriggio: come un branco di briganti, più di due dozzine di vedette erano discese sull'accampamento, spade sguainate e torce in mano. Molto era andato distrutto e molti erano stati feriti, prima che il capo delle guardie avesse ordinato ai suoi soldati di ritirarsi. Tutto quello era stato solo uno assaggio: così aveva detto, prima di allontanarsi a cavallo. Se all'alba avesse trovato un solo carro così vicino alla sua città, qualche livido e qualche pezzo di legno rotto sarebbero stati gli ultimi dei loro problemi. Ina tremava mentre le raccontava questo, gli occhi che scivolavano periodicamente verso le imponenti mura fortificate che sorgevano oltre una sottile cintura boschiva, prima di dardeggiare verso il basso colmi di terrore. Alcuni di loro erano fuggiti tra gli alberi durante l'attacco, ma di quegli otto solo tre erano tornati. E ora giacevano coperti di bende nell'angolo più remoto della stanza, in cui ancora buona parte di tetto teneva.

Kala scoccò ancora un'occhiata all'interno della catapecchia, osservando la metà dei girovaghi seduta a terra o su un pezzo di muro crollato, mentre l'altra metà si affrettava a portare bende e pezze d'acqua ai feriti. Tra quelli la ragazza scorse Enur, inginocchiata davanti a un bambino di poco più grande di Failen con una ciotola piena di qualche impacco di piante in mano. Invece di incrociare il suo sguardo, la giovane si appiattì contro la parete: pure con la cupola di vetro che avvolgeva i suoi pensieri - sempre più sottile, sempre più incrinata -, il suo respirò iniziò a farsi agitato.

Una nebbia parve discendere sui girovaghi quando, a notte già calata, si trascinarono zoppicanti sui carri, raccogliendo da terra quel poco che poteva essere salvato e legando i cavalli ai pesanti traini di legno. Fu così con una luna che aveva già raggiunto e superato il suo zenit, che Kala vide l'ultima torcia di quei bastioni scomparire nelle tenebre.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon