VII - Mostri nelle tenebre (pt.2)

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«Chi è là?» domandò Kala simulando una fermezza che non aveva, guardando il punto più fitto e ombroso della vegetazione

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«Chi è là?» domandò Kala simulando una fermezza che non aveva, guardando il punto più fitto e ombroso della vegetazione. Era da lì infatti che erano provenuti i rumori.

Silenzio.

La ragazza deglutì, pregando tutti gli dei di Mag Mell di aver solo immaginato la tetra sagoma che per meno di un istante si era delineata nelle tenebre. «C'è qualcuno?» ripeté, una crepa nella voce. Ancora una volta non ottenne risposta.

Indietreggiò, scrutando con apprensione gli alberi. Qualche fronda stormì, ma la giovane sapeva che non era stato il vento a muoverla. «Chi siete? Mostratevi!» Le sue gambe erano molli come la carne che galleggiava in un piatto di suigh, le braccia parevano giunchi scossi dal vento. Udiva dei battiti frenetici echeggiare dentro di lei: erano i palpiti disperati del suo cuore. «Se è opera vostra, Wiht, non vi temo», mentì, tastando il ciondolo che aveva sotto i vestiti e tendendo avanti il pugnale di ferro.

I capelli le si rizzarono sulla nuca quando tra i tronchi serpeggiò un suono cavernoso, un soffio scaturito dalle fauci spalancate di una belva. La giovane non aspettò un altro istante: girò sui tacchi e, affondando le unghie nel laccio di cuoio della bisaccia, iniziò a correre.

L'aria fredda le schiaffeggiava il volto fischiandole nelle orecchie; i ramoscelli spogli le frustavano le braccia; gli ansiti raschiati che scappavano dalle sue labbra coprivano perfino il tonfo dei suoi stessi passi. Eppure neppure quello era sufficiente: udiva dietro di lei il gemito degli alberi, lo scricchiolio del legno, il fiato roco simile a un basso ringhio. Una volta sua padre l'aveva ammonita di non voltare mai le spalle a un animale feroce; solo in quel momento Kala realizzò amaramente il perché.

Dei! Per poco non perse l'equilibrio a causa di una pozza di fango. Dei, l'ho istigata alla caccia! Saiph, Alnilam, Alphard, chiunque: non lasciate che diventi la cena di quella creatura! Una lacrima scorse sulla guancia arrossata, lasciando una traccia umida che il vento congelò quasi istantaneamente. Strinse convulsamente il manico del coltello fino a sentire le schegge del legno conficcarsi nel palmo rattrappito: contro zanne e artigli affilati, non sarebbe stata quella piccola lama ad avere la meglio.

Le fronde si diradarono un poco, svelando una visione di salvezza. Vahrel. Una nuova energia percorse gli arti e il petto tormentati dal doloroso bruciore. Le mura sembravano così vicine che la giovane si illuse che avrebbe potuto sfiorarle con le dita. Ormai riusciva a distinguere i merli inondati dalla luce del sole morente e perfino i piccoli puntini rossi dei mantelli delle vedette che camminavano sui bastioni. Doveva solo raggiungerle, poi...

Un urlo scappò dalle labbra violacee della ragazza, mentre scivolava a terra per fermarsi. I sassi le graffiarono le ginocchia perfino attraverso la gonna, mentre fu solo l'istinto di gettare via l'arma che le impedì di ferirsi anche le dita non protette da alcun guanto. Un tronco spezzato giaceva riverso davanti a lei, la chioma ancora fremente dallo schianto. Se non avesse udito in tempo il lamento della pianta che iniziava a cadere o se quella violenta folata non l'avesse trattenuta per una frazione di istante... Rabbrividì.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Where stories live. Discover now