XX - Il prezzo della magia (pt. 2)

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Tremando, la giovane conficcò le unghie nel legno e si appoggiò al tronco, troppo debole perfino per indietreggiare

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Tremando, la giovane conficcò le unghie nel legno e si appoggiò al tronco, troppo debole perfino per indietreggiare. Neppure il freddo pungente che le sferzava il viso con qualche fiocco di neve riusciva a strapparle una reazione più forte delle palpebre strizzate con fastidio. «Dei!» implorò in un singhiozzo, mentre lacrime silenziose si congelavano sul suo volto pallido come un cadavere. Un altro conato quasi le mozzò le ginocchia, ma quella volta precedette solo un violento colpo di tosse.

Un refolo di vento gelido le scostò una ciocca da davanti al volto, evitando che si impigliasse nelle sue labbra socchiuse imbrattate di sangue. Alla diciassettenne parve anche che un tocco più leggero di una piuma le sfiorasse la fronte, come per sostenerle il capo, tuttavia non riuscì a reagire neppure nei suoi pensieri: ogni cosa - i suoi arti, la sua mente - sembrava galleggiare in un vuoto febbrile e ovattato.

È tutto passato, ora.

L'adolescente chiuse gli occhi, appoggiando la guancia alla ruvida corteccia fino a sentire ogni solco e ogni rilievo premere contro la sua pelle. Per la prima volta dopo giorni, non ribatté a quei pensieri. Era troppo spossata per riuscire negarlo, anche a sé stessa: il tono di quella semplice frase e il freddo innaturale che sembrava circondarla come un abbraccio, in qualche modo assurdo la rassicuravano.

Kala non seppe dire quanto rimase aggrappata a quell'albero, in un confuso stato tra la veglia e uno svenimento, in cui le uniche certezze erano le gambe che a malapena la sorreggevano, la ruvida corteccia premuta contro la pelle e quei delicati soffi di vento che le sfioravano come rassicuranti carezze. Le forze tornarono lentamente, ostacolate dai conati e dai colpi di tosse che ancora le mozzavano regolarmente il respiro. Con timore cercò di vedere se riusciva a stare in piedi senza l'appoggio della pianta, poi traballante si allontanò dalla macchia scura che imbrattava le radici dell'albero.

Mentre si chinava per raccogliere un po' di neve con cui pulirsi le labbra, il suo sguardo scivolò stanco verso il basso e la ragazza trasalì con un grido soffocato, paralizzandosi mentre il cuore palpitava forte nel petto. Un'ombra si stagliava sul terreno, la sagoma mostruosa di una creatura alata circondata dalle volute serpentine di una catena galleggiante. Quando si voltò, tuttavia, non scorse nessun mostro alle sue spalle: all'orizzonte c'era solo uno strano giovane vestito di rosso che si allontanava dal tempio, senza una parola o uno sguardo.

Rimproverandosi per aver creduto a uno scherzo di luci ed ombre - perché quello era uno scherzo di luci ed ombre, doveva esserlo -, la giovane si rimise in piedi  e mosse qualche passo incerto verso la folla radunata attorno agli aruspici. Poi si fermò, le mani tremanti appoggiate al petto che ancora bruciava. La maledizione di An. Non era ancora infranta, per tutti gli dei: cosa poteva assicurarle che non l'avrebbe tradita nel momento stesso in cui si fosse avvicinata alle altre persone? L'avrebbero catturata, massacrata a colpi di pietra e mandata al rogo se avessero scoperto con chi viaggio. Ma lei era fedele a Mag Mell, lo giurava: la seguace di Minhar era quella strega corvina, non lei! Che Alphard stesso le fosse testimone!

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Where stories live. Discover now