XII - Il volere degli Dei (pt.3)

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La ragazza puntò il pugnale alla gola della maga, la paura di quella rivelazione mascherata in ira e aggressività

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La ragazza puntò il pugnale alla gola della maga, la paura di quella rivelazione mascherata in ira e aggressività. «Stai mentendo, strega!» ringhiò. Le leggende parlavano chiaro: un incantesimo di tale portata era impossibile che passasse inosservato. I bardi parlavano di fulmini, gli aruspici di apparizioni di Minhar stesso nel fumo, ma il concetto era sempre lo stesso: tanto rumore e tanta energia. «Me ne sarei accorta, ti avrei impedito di...»

«Se tu fossi stata sveglia in quel momento», la corresse calma An. «Per quale cagione ti avrei altrimenti somministrato il veleno senza ucciderti?»

La lama tremò con forza nelle sue mani. La donna l'aveva messa fuori gioco con la sua pozione: chissà quali magie proibite aveva avuto l'occasione di evocare sul suo corpo inerme. Non più tardi dello scorso pomeriggio si sarebbe aggrappata alla speranza che il ciondolo di ferro l'avesse protetta, tuttavia alla luce degli eventi di quella notte si rendeva conto che sarebbe stato da stolti ancorarsi a quella finta illusione. Ora, invece, il tarlo del dubbio le impediva di avere una presa salda sul manico. Se la cantastorie le avesse veramente gettato addosso una maledizione? Se non era la maga ma lei - o meglio, il mostro creato dalla malia - la minaccia della sua città, e per sventarla avrebbe dovuto... «Saiph e Alnilam!» invocò supplicante, mentre malgrado il suo voler credere altrimenti il sospetto si cementava man mano in certezza. Il suo sguardo si posò carico d'ira su An e poi scivolò sul pugnale. Il coltello da caccia di suo padre, quello che Teucer aveva affidato a Isabhel prima di partire per mai più tornare. «Perché me l'hai ridato?» mormorò, sentendosi improvvisamente una debole pedina intrappolata nella tela ordita dalle dita esperte della maga.

«Potrebbe proteggerti, in futuro.»

«Proteggermi? Grazie al tuo maledetto incantesimo non sarò io ad aver bisogno di protezione!» ruggì con gli occhi di ghiaccio animati da una luce simile a quella di Kian. Sentiva i muscoli tremare, come se una bestia selvaggia si stesse dimenando, cortoncendo, graffiando per uscire dal suo corpo. E in effetti c'era una creatura indomabile che si agitava dentro di lei, l'essere più terribile di tutti: la rabbia.

La maga si lasciò andare in un sorriso divertito ma privo di ogni gioia. «Temo tu sia nel torto, ragazzina. La malia non si rivelerà un pericolo per chi ti attornia.»

«Allora non hai nessun potere su di me.» La diciassettenne iniziò a indietreggiare cauta, non distogliendo lo sguardo né il pugnale dalla figura statuaria della donna. Alle sue spalle sentiva la rassicurante presenza di Vahrel chiamarla, invitarla a rifugiarsi nell'abbraccio sicuro delle mura.

«Sei certa di voler correre il rischio?» domandò An quando la vide pronta a scattare verso la cittadina. Incrociò le braccia e reclinò il busto fino ad appoggiarsi al tronco di un albero. «Sei certa di voler rimare cieca sulla maledizione fino a che essa ti tradirà?»

«Hai detto che non sarebbe stata una minaccia.» I movimenti cauti e gli scatti degli occhi dell'adolescente ricordavano quelli di un gatto selvatico, intrappolato tra un fiume in piena e un grosso lupo dal pelo nero. Perché non era fuggita subito quando si era risvegliata nella casa della cantastorie e aveva scoperto che l'altra poteva utilizzare la magia? Ora era invischiata in quella situazione, con solo una via d'uscita: affidarsi alle parole di chi, per natura o per patto con Minhar, viveva d'inganno.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Kde žijí příběhy. Začni objevovat