XI - Shabti (pt.1)

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L'aria invase i polmoni di Kala come un fiume in piena e la ragazza con un rantolo ricominciò a respirare con regolarità

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L'aria invase i polmoni di Kala come un fiume in piena e la ragazza con un rantolo ricominciò a respirare con regolarità. Spalancò gli occhi di ghiaccio, ma l'unica cosa che riuscì a scorgere fu un'ondeggiante macchia marroncina. Deglutì a fatica a causa della bocca impastata e della gola arida, aspettando che la vista offuscata tornasse normale. Riuscì lentamente a mettere a fuoco quegli sprazzi di colore, distinguendo così le travi scure che attraversavano un basso soffitto.

Strizzò più volte le palpebre nel tentativo di disfarsi delle fitte che serpeggiavano sotto la sua fronte sudata. Quella non era l'unica parte del corpo a farle male, si rese conto la giovane non appena riuscì a formulare un pensiero coerente: un insistente bruciore brulicava sulle sue mani risalendo fino a metà degli avambracci, mentre il fianco sinistro pulsava lievemente.

Soffocando un grugnito di dolore, la diciassettenne cercò di mettersi a sedere ma fu colta da un'improvvisa vertigine e crollò all'indietro. Qualcosa di morbido attutì la caduta della testa, mentre il resto del giaciglio oscillò lievemente. Cuscino, identificò ciò che ora sentiva contro la nuca e l'inizio del collo. Era su un letto.

Inspirò profondamente prima di riprovare a drizzarsi. Spinse adagio sui gomiti fino ad appoggiare le spalle alla testata di legno. Solo allora permise al suo sguardo di vagare languido. Si trova nell'angolo di una camera rettangolare, i cui grezzi muri di pietra erano impregnati di un forte odore di piante che ricordò a Kala quello di una pineta dopo un temporale. Sulla parete opposta una piccola finestra quadrata rivelava le sagome scure degli alberi immersi nella notte, mentre un modesto scaffale di fianco a essa sosteneva un piccolo scrigno e un libro spesso almeno tre dita.

Esplorando ancora, la ragazza credette di capire che quella stanza era la sola di una modesta abitazione simile ai rifugi dei cacciatori che qualche volta sua padre le aveva fatto visitare. Solo un paravento di stoffa alla sua destra divideva parzialmente l'ambiente quasi spoglio, ritagliando uno spazio più privato intorno alla branda. Quella scarsità di mobilio sorprese la giovane: la casa era sicuramente abitata, vista l'assenza di polvere e il crepitio del camino che giungeva da oltre i pannelli di tessuto, eppure l'arredo era scarno, ridotto all'indispensabile. C'era solo un baule che doveva contenere dei vestiti e un tavolino su cui era appoggiato un fagotto di stoffa tenuto insieme da pezzi di corda.

Una lieve smorfia apparve sul volto della giovane, la quale inarcò con fastidio il collo. Sentiva un forte pizzicore alla nuca, come se piccoli lampi stessero correndo sulla sua pelle. Il Succubo. Il Nemico. Kian.

Con un forte colpo di reni la diciassettenne raddrizzò la schiena, ignorando tutte le proteste del suo corpo. La sua mente si era liberata di tutti i residui di nebbia ovattata tipica del sonno e ora i pensieri erano liberi di sfrecciare, veloci quanto il suo cuore. L'incantesimo! Dei, ha funzionato? Dalle fitte alle mani e al fianco avrebbe detto di sì, ma aveva sperimentato in prima persona quanto anche nel Succubo il dolore potesse sembrare reale. I suoi occhi dardeggiarono da un punto all'altro della camera sconosciuta, alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarla. Un libro, le aveva detto il mago. Doveva provare a leggere qualcosa.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt