XXV - Ossidiana di Sangue (pt.3)

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Le gambe dell'adolescente si mossero più veloci di qualsiasi altro pensiero, di qualsiasi consapevolezza e paura

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Le gambe dell'adolescente si mossero più veloci di qualsiasi altro pensiero, di qualsiasi consapevolezza e paura. «Papà!» Era lui, veramente lui, per Alnilam! Aveva riconosciuto la stanza dei suoi genitori; aveva riconosciuto l'arco intagliato appoggiato alla cassapanca; aveva riconosciuto i tratti da predatore incorniciati da capelli scuri, privi di qualsiasi riflesso rossastro. Lo aveva riconosciuto, dei!

Kala si precipitò al capezzale del cacciatore, il cuore sull'orlo di esplodere. E si fermò di colpo, a meno di un passo dal letto, la mano ancora tesa per raggiungerlo. Il suo respiro si fece più veloce e mentre ritirava tremante il braccio una lacrima attraversò la sua guancia arrossata. Tuttavia quella non era una lacrima di gioia o di tristezza.

Con un urlo straziante l'adolescente artigliò il cuscino, disperdendolo in un lieve sbuffo di sabbia, poi si avventò sulla testata del letto. Era tutto falso, falso, falso! Falso! «Come osi?» gridò l'adolescente con tutto il fiato che aveva, alzando il capo verso il soffito illusorio. Non abbassò lo sguardo per guardare la maledetta illusione — era tutto falso, falso! — di Teucer: non ci riusciva. «Come osi, per Minhar? È mio padre!» Come osava rubare il suo volto, dissacrare la memoria del cacciatore per tentare di ingannarla? La gola bruciava e raschiava come se fosse stata coperta da uno strato di sabbia, ma non le importava. Non le importava nulla. «Rispondimi, per gli dei! Rispondimi, maledetto!»

Nessuna risposta venne dalla sabbia, neppure un lieve tremolio. L'adolescente stava per urlare di nuovo quando una mano le passò di fianco alla spalla. «Papà?» Si girò, una folle luce speranzosa negli occhi, ma subito quella debole scintilla si disintegrò quando la ragazza notò l'inconfondibile alone dorato della sabbia.

L'illusione di Teucer si sporse a fatica dal giaciglio, il giovane viso pallido e scavato come quello di un cadavere, e aprì un piccolo scrigno appoggiato al tavolino che i suoi genitori tenevano sempre vicino al letto. La ragazza stava per distogliere lo sguardo, scossa da lievi spasmi di odio e dolore, quando la mano dell'illusione si ritirò dal portagioie, una familiare stella incandescente in mano. Il ciondolo.

Il maledetto ciondolo che ogni istante le ricordava di non essere figlia di sangue della sua famiglia.

La giovane digrignò i denti e voltò con forza il capo, mentre da lontano proveniva un frenetico scalpiccio di passi. Basta! Dei, basta! Come osava, quel maledetto?

Con violento tonfo la porta della camera si spalancò, facendo sobbalzare la diciassettenne. Con la coda dell'occhio scorse la stella incandescente scomparire sotto il cuscino momenti prima che un piccolo uragano rosso sfrecciasse attraverso la stanza, attraversando il suo petto con uno sbuffo dorato.

«Papà, papà!»

Kala si girò al suono di quell'acuta voce infantile e con un grido soffocato indietreggiò, gli occhi sbarrati. La bambina balzò sul letto, facendo volare dappertutto i folti e indomabili ricci fulvi e il cuore già galoppante della giovane parve cadere in una voragine quando vide l'illusione di sabbia della piccola — di quella piccola versione di sé — gattonare decisa verso il cacciatore.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Where stories live. Discover now