XXI - Cockatrice (pt.3)

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Con un violento sussulto la giovane si voltò, le mani tese istintivamente davanti al petto in una posa di difesa

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Con un violento sussulto la giovane si voltò, le mani tese istintivamente davanti al petto in una posa di difesa. Speranza, ribrezzo per quella speranza e un pizzico di timore le serrarono le viscere per interminabili istanti, poi i suoi occhi si posarono sull'origine di quella profonda - e assai familiare - voce baritonale. Seduto sul tetto spiovente, appena sotto la banderuola dorata che svettava sulla punta - cos'era quella bestia raffigurata nel metallo, per gli dei? Un drago? - c'era un uomo talmente simile a Minhar che il primo impulso della diciassettenne fu di indietreggiare. Per quanto somigliante, tuttavia, l'individuo incappucciato non era identico alle statue dell'Ingannatore che ornavano i templi sacri: il corpo slanciato era coperto da vestiti di diverse tonalità di azzurro invece che da un mantello scuro; e gli occhi senza pupilla incastonati nelle tenebre che coprivano il volto brillavano di semplice cordialità, non di subdola malvagità.

«Kian?» azzardò l'adolescente, cauta come se stesse avanzando su una sottile lastra di ghiaccio. Le iridi luminose di quello parvero riflettere un lieve quanto amaro sorriso nascosto dalla maschera d'ombra, e ogni dubbio dell'adolescente venne spazzato via da una dirompente ondata di certezza. Sì, quello che aveva davanti era veramente il mago che l'aveva aiutata, lo sapeva! Lo sentiva come sentiva che quello era un sogno. «Kian, come? Il Succubo! Dovresti essere... avevi detto che saresti rimasto intrappolato lì! Non è possibile; non...» I suoi occhi si spalancarono, simili a due pallide lune, e dardeggiarono velocemente da un punto dall'altro del tetto fino a posarsi sul mago, quasi supplicanti.

Con un gesto di diniego l'altro rispose a quel dubbio. «È solo un sogno.»

Kala quasi sbatté il piede per terra: quello lo sapeva! Tuttavia, si ricordava anche le parole del mago riguardanti quell'incubo in cui era stata intrappolata durante quella folle notte di luna piena. Se, le ricordava, per Dabih! «Ma il Succubo è un sogno!»

L'uomo appoggiò il pugno chiuso alle labbra nascoste dalle tenebre del cappuccio. «Ecco che la spiegazione troppo semplificata mi si ritorce contro», mormorò esasperato a sé stesso. «Vedi, il Succubo è come un sogno: per quanto simili, non sono esattamente la stessa cosa. Potrei paragonarli a una normale nottata di sonno e al com...»

«Però tu sei qui», ribatté con veemenza la diciassettenne, incrociando le braccia come se stesse sfidando il suo interlocutore a farle cambiare opinione. «E la tua... la tua magia poteva far fuggire solo una persona: me lo ricordo!»

Lo sguardo del mago scivolò lontano, improvvisamente assorto in cupi pensieri. Quando parlò, la sua voce era talmente bassa da venir quasi assorbita nello scroscio della cascata. «Ricordi bene. Da solo non sarei riuscito a salvarmi.»

Kala sgranò discretamente gli occhi, poi una mano scattò verso le tempie per afferrare una ciocca di capelli. Da solo. Aveva solo frammenti di nebulose immagini di ciò che era successo dopo che il Succubo aveva iniziato a rompersi, eppure credeva di rammentarsi di qualcosa che aveva iniziato a colare dalle crepe per avvolgere Kian. Per avvolgerlo e, ora realizzava, forse per salvarlo. Doveva essere quello che credeva, per tutta Mag Mell! Doveva!

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Where stories live. Discover now