XV - La Danza delle Lame (pt.3)

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Sparviero

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Sparviero.

L'uomo spalancò gli occhi, scattando in piedi. Le sue mani stringevano di già i manici dei due dagul e il muscoli tremavano per la tensione che li pervadeva. Nella spiaggia tuttavia tutto era immobile, tutto taceva. Perfino le fiamme del falò danzavano rallentate e silenti, ammantate da un'innaturale sfumatura argentata. L'acqua del fiume che vedeva con la coda dell'occhio sembrava invece nebbia cristallizzata, immobile.

Una goccia di sudore freddo colò lungo la schiena dell'assassino. Già una volta gli era successo che il tempo quasi si fermasse e strane immagini si sovrapponessero alla realtà. Eppure c'era qualcosa di diverso: a differenza di allora, il quarantenne riusciva a muoversi normalmente. Almeno, se fosse stato in pericolo, non sarebbe rimasto immobile come un coniglio davanti a un serpente.

Sparviero.

L'Ombra si voltò verso il fiume di foschia. Un luccichio attirò il suo sguardo verso l'alto della gola, dove una fragile figura si stagliava sull'orlo della parete rocciosa. Nonostante la distanza e un peculiare controluce - da quando il chiarore del sole, sebbene un sole malato e velato come quello di inizio dicembre, sembrava argentata? -, Sparviero era conscio di ogni dettaglio di quell'apparizione. Non vedeva quasi nulla, se non una sagoma nera in attesa sull'orlo del precipizio, ma sapeva che essa apparteneva a una donna. Sapeva che teli verdi sottili come seta la avvolgevano da capo a piedi e sapeva che le briglie che teneva in mano erano tessute con l'argento più fine. L'animale che cavalcava, tuttavia, era qualcosa a cui l'assassino non avrebbe che saputo dare un aggettivo: impossibile.

Non esisteva una creatura mortale del genere: mai prima d'ora l'uomo l'aveva vista, dal vivo o nella miniatura colorata di qualche bestiario. L'animale sarebbe potuto sembrare un cavallo, se non fosse stato per il manto di un vivido colore smeraldo. O le corna metalliche simili a quelle di un giovane cervo che spuntavano dalla criniera che pareva fatta di nere alghe fluttuanti. Il muso senza occhi - non c'erano neppure palpebre vuote, solo pelle tirata sulle cavità orbitali del teschio - era striato da arabeschi iridescenti e un piccolo spuntone osseo si elevava tra le narici frementi. Sia la bestia che il cavaliere concentravano la loro attenzione in una direzione ben precisa: Sparviero.

L'assassino scattò verso il masso più vicino quando nella mano della donna apparve un secondo luccichio. Anche se non fosse stato in grado di sapere i dettagli della dama che erano nascosti dal controluce e dalla distanza, l'uomo avrebbe riconosciuto il particolare movimento delle braccia. Incoccare. Tendere.

Dabih! Pur con il suo nuovo vigore il quarantenne si trovò solo a metà della seconda falcata quando lo schiocco della corda rilasciata squarciò l'aria. Incrociare le braccia davanti a sé fu l'unica cosa che riuscì a fare in quella frazione d'istante in cui il sibilo mortale gli riempì le orecchie.

Poi una freccia di fuoco gli attraversò il cuore.

*

«NO!» Sparviero si alzò di colpo dal tronco, gli occhi ancora serrati e gli avambracci tesi davanti a sé. Respirando affannoso si tastò il petto, ma non trovò nessuna traccia di sangue o di una qualche ferita. Il suo cuore bruciava, tuttavia: poteva quasi sentire la punta del dardo di fiamme argentate ardere, conficcata da qualche parte nella sua carne.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]حيث تعيش القصص. اكتشف الآن